Nel gioco di Alcaraz, che ha dimostrato di sapersi esprimere alla grande anche sull’erba, c’è un po’ di quello dei campioni che lo hanno preceduto, da Gimeno a Nadal. E a colpire è la gioia con cui scende in campo e vince
Dunque è fatta! Dopo il cemento americano e la terra europea, anche l’erba inglese del dopo brexit conferma che Carlos Alcaraz ha duttilità da vendere su ogni superficie, coperta o scoperta che sia.
Sbarcando copiosi alla stazione di Barons court, gli aficionados in possesso di un accesso regolare al Queen’s Club, speravano in una finale stiracchiata protratta quanto meno al terzo set, reiterando così le due semi che ieri avevano fatto spellare le mani a tutti. Ebbene, archiviata la prima frazione, anche i più ottimisti si sono arresi all’evidenza di un match lineare che il vincitore aveva decretato già in partenza.Tale è stato il divario dei valori in campo da non consentire al gioco di andare troppo per le lunghe, cosi come avrebbero voluto il pubblico schierato intorno al policromatico centrale del blasonato circolo di Sua Maestà.
Carlitos è stato un tale concentrato di smaccate capacità tecniche, fisiche e tattiche da accendere curiosità circa eventuali modelli di riferimento da lui adottati nel cammino verso la cima del mondo,
Non è passata un’eternità da quando la Spagna si proponeva come fucina inesauribile di regolaristi, con forza fisica e mentale a corredo di un tennis dimagrito all’osso, nutrito soltanto da concetti prevaricanti piuttosto che destabilizzanti.
Ecco dunque che, oltre a doti cristalline, a Carlos Alcaraz va riconosciuto il merito di aver traghettato il suo paese fuori dalla palude del tennis corri e tira per rilanciarlo in uno più universale che privilegia variazioni a tutto campo, magari comprese in pochi scambi.
Per mentalità e non per altro, dunque, l’iberico della Murcia può considerarsi un emulo a tutto tondo di Rafa Nadal. In realtà nel giovane eroe c’è anche un pizzico del flemmatico Gimeno, del poliedrico Santana e perché no del talentuoso Orantes. A volersi allargare ci vedrei anche un pò di Moya, ma senza esagerare. Giocatori che nel tempo hanno fatto della Spagna, terra dal tennis eclettico prima ancora che di pura continuità.
Ma il tennis, si sa, è sport individuale e risponde a impulsi che vanno oltre l’emulazione stessa. Cosi in questo nastro nascente del firmamento mondiale ci può essere qualcosa di tutti e di nessuno, chi lo sa. Quel che sappiamo è che siamo dinanzi a un ragazzo che vive con serenità vittoria e sconfitta, che sembra divertirsi su ogni palla e che sprizza felicità e amore per lo sport che la vita gli ha recato in sorte. Un quadro d’insieme che esula da discorsi scontati circa somiglianze vere o presunte, spingendoci a concludere, invece, che la grande bravura di cui fa sfoggio sia certamente frutto di lavoro, ma anche e soprattutto che in buona parte sia farina del suo sacco.