di Maurizio Bertera
Un simbolo del nuovo D’O e un omaggio al tennis. Tra i piatti che Davide Oldani – cuoco tra i più amati dal pubblico nonchè fondatore della cucina Pop – ha preparato per il menu del bellissimo locale di Cornaredo, c’è Battuta d’inizio: la foto racconta più di qualsiasi descrizione. Ci limitiamo a dire che lascia a bocca aperta per l’effetto e fa godere a bocca chiusa dopo l’assaggio. Per la cronaca, la pallina è un mix sapiente e morbido (Gorgonzola dolce, mascarpone, ricotta vaccina, panna calda e panna montata) ricoperta da burro di cacao e zafferano in polvere mentre il campo è realizzato con Teff germogliato (un cereale privo di glutine), chutney di mele e pere con un tocco di amaranto soffiato.
Lo si mangia con uno speciale cucchiaino – a forma di racchetta – che Oldani ha disegnato personalmente come ha fatto per sedie, tavoli, la cucina stessa del nuovo D’O. Qui c’è da indagare sulla passione tennistica del cuoco di Cornaredo che tutti conoscono come calciatore (giocava nella Rhodense nell’allora C2) e costretto da un infortunio – benedetto a questo punto – a puntare tutto sulla cucina.
Partiamo dall’idea di realizzare un piatto del genere, che per la critica è destinato a prendere il posto della mitica Cipolla caramellata. “L’ho pensato perché spero che porti bene: è il colpo inaugurale di un match – spiega – quindi perfetto per aprire il menu del nuovo D’O e di una nuova fase della mia carriera.
E poi, naturalmente, c’è l’amore verso il tennis: uno sport elegante, importante e preciso come voglio che sia la mia cucina”.
Raccontiamolo allora.
“Quando ero piccolo, per me la stagione sportiva si divideva in due fasi. Nove mesi all’anno, calcio e ancora calcio. Nei tre mesi estivi, ore e ore all’Oratorio di Vighignolo con la racchetta. Oggi, non ho quasi più tempo per giocare e mi dispiace. Difatti per tenermi in forma, vado in bici e seguo un regime alimentare molto preciso, digiunando un giorno alla settimana”.
Gli idoli dell’epoca?
“Erano i tempi in cui ci si divideva tra McEnroe e Borg. Mi piaceva il primo ma stravedevo per il secondo, tanto da giocare il rovescio solo a due mani. Bjorn era più vicino al mio modo di stare in campo, molto concentrato e regolare. Quando Panatta vinceva i tornei, invece ero ancora alle elementari ma mi sono rifatto giocando con lui in un evento: grandissimo, un genio del tennis”.
Oggi per chi fa il tifo?
“Detto che Federer è straordinario e Nadal mi entusiasma quando è in forma, il preferito è Djokovic non solo perché vince tanto ma per la serietà e il rigore – anche nel regime alimentare – che lo caratterizzano. Da noi, resiste lo strano pensiero che basta il talento per diventare grandi ma il successo arriva dall’applicazione costante, dal progresso quotidiano, dal portare avanti un progetto in cui credi fortemente. Vale nello sport come nella cucina”.
Forse per questo fatichiamo più che in altre discipline?
“In effetti, a parte le ragazze mancano i campioni. Mi ricordo che da ragazzino, il tennis veniva considerato uno sport per pochi, si parlava dei circoli esclusivi e sembrava impossibile che un ‘non ricco’ potesse emergere. Poi è diventato popolare ma in ogni caso, i nostri hanno vinto poco. Secondo me, è una questione tecnica: ci vogliono dedizione e concentrazione pazzesca”.
Quindi per lei il tennis è…
“…il contrario del mio modo di vedere la vita e l’agonismo. Con la racchetta vinci e perdi da solo, al massimo con un compagno, ma è il singolare a rendere grande questo sport. Io sono più un uomo da squadra, non ho problemi a dirlo. Comunque, la parola che lego al tennis è fatica: senza, non vai da nessuna parte su quel campo con la rete in mezzo”.
Il consiglio del praticante e chef?
“Mai mangiare in prossimità di un incontro, consentiti solo integratori naturali. Poi, nella finestra tra la fine del match e il pranzo o la cena, consiglio un piatto di pasta per riacquistare l’energia. Se ti siedi subito a tavola, rischi di mangiare come un disperato ed è sciocco”.
Oldani, sui gradini del nuovo D’O che portano dallo spogliatoio della brigata alla cucina sono incise frasi di grande effetto. Ne citiamo solo una: “La distanza fra i sogni e la realtà sono i passi che fai per raggiungerla”. Motivazione pura, degna di un Bollettieri dei tempi migliori.
“Non sono un grande chef, ma un grande allenatore. La squadra è fondamentale, lo ripeto sempre e qualcuno pensa sia retorica. Comunque, le frasi non devono rappresentare un’ossessione, ma solo un richiamo all’impegno. E qui ce n’è tanto, ma con lo spirito giusto: ho quindici ragazzi in giro per il mondo. Vengono qui, imparano, partono per altre cucine e poi chiedono di tornare perché gli manca il D’O: bellissimo, no? E quattro veterani sono i miei punti di forza ancora adesso, dopo tredici anni insieme: se questo non è spirito di squadra…”.