Le pressioni dopo un grande successo, l’odio degli scommettitori e tanto altro: la vita degli atleti non è tutta rose e fiori, come dimostrano i casi di Agassi, Soderling, Bacsinszky e Puig
“C’erano solo tre giocatori con cui potevo perdere, gli altri dovevo batterli, altrimenti mi sentivo male, fallivo, mi sentivo un perdente. Spesso è capitato che cercassi su Google come uccidermi. Qualsiasi cosa era meglio di questo inferno”. Queste le parole, risalenti a pochi giorni fa, di Robin Soderling. L’ex tennista svedese ha di recente raccontato di un brutto periodo passato durante la sua carriera, quando fu colpito da ansia e depressione e, nella sua mente, passò anche l’idea di compiere quel gesto da cui non si può più tornare indietro.
I casi di depressione nello sport, purtroppo, sono da sempre più di quanto uno si aspetti, e sono spesso sottovalutati. Le pressioni a cui sono sottoposti gli atleti nel corso delle lunghe carriere non sempre sono sopportabili, e il rischio di diventare vittima di un sistema dove avere successo sembra quasi d’obbligo è altissimo. C’è chi non riesce a raggiungere la cima e cade nello sconforto, ma anche chi arriva al top e, al primo momento difficile, viene sommerso dal peso delle aspettative mancate. Ecco quindi alcune delle storie di giocatori che hanno dovuto convivere con periodi di grande crisi durante la loro carriera.
Agassi e quell’anno da incubo
Tra i casi più conosciuti c’è senza dubbi quello di Andre Agassi. L’ex numero uno del mondo passo un anno infernale nel 1997, quando saltò tre slam su quattro e raccolse magri risultati, non raggiungendo nemmeno una finale nel circuito maggiore. La storia di quei mesi terribili è stata raccontata dallo stesso Agassi nel celebre libro “Open”, una tra le autobiografie più lette per quanto riguarda il mondo dello sport, proprio perché si concentra sui lati più oscuri della vita di uno sportivo d’elite.
Tra quell’odio per il tennis spesso menzionato la sua situazione fuori dal campo, la vita di Agassi si trasforma presto in un incubo da cui sembra impossibile uscire. La rottura con la prima moglie Brooke Shields certo non aiuta, mentre da fuori forse nessuno percepisce cosa davvero stia passando il campione statunitense. Agassi arriverà a far uso di metanfetamine, risultando poi in seguito positivo a un controllo antidoping in cui negherà di aver mai assunto sostanze di quel tipo (lo confesserà solamente nel suo libro).
Dopo numerose assenze prolungate, pochi tornei e tante sconfitte, Agassi ripartirà dal circuito Challenger alla posizione numero 141 del ranking Atp. Sarà quello l’inizio della risalita lunga e tortuosa che porterà Andre alla seconda giovinezza dopo un anno da incubo.
Timea Bacsinszky, lo stop e la risalita
Sono tantissimi i casi anche nel tennis al femminile. Tra i più eclatanti c’è quello di Timea Bacsinszky, che nel corso della sua carriera (ancora in corso) ha attraversato momenti bui e rischiato seriamente di lasciare il tennis ancora in giovanissima età. La classe 1989, inizialmente considerata l’erede di Martina Hingis, ha sempre fatto fatica a convivere con le pressioni derivanti anche da accostamenti come quello appena citato, che caricano sulle giovani promesse delle aspettative che finiscono per condizionare la loro mente.
Quella di Timea forse non è vera e propria depressione, ma lo stato mentale con cui si approcciava a quella che dovrebbe essere una delle attività più gratificanti del mondo ha sicuramente reso difficili i primi anni della sua carriera da professionista. Dopo un infortunio al piede nel 2011 comincia il periodo più brutto per la vita della Bacsinszky, che tra problemi fisici e depressione rimane lontana dai grandi palcoscenici per lungo tempo.
L’inversione di marcia e l’inizio della risalita sono datati 2013, quando l’elvetica riceve un pass per le qualificazioni del Roland Garros. Da Parigi in poi per lei arrivano numerose gioie, fino al best ranking raggiunto nel 2016 con la posizione numero 9 della classifica WTA.
Monica Puig: la depressione dopo l’oro olimpico
La pressione che arriva quando una giocatrice raggiunge per la prima volta un risultato di grande livello è spesso altissima. Ne sa qualcosa Monica Puig, oro olimpico a Rio 2016 all’età di 23 anni. Il successo della portoricana fu per tutto il suo paese un segnale bellissimo, che riempì d’orgoglio un popolo afflitto in quel periodo da enormi difficoltà economiche.
“Ho combattuto contro la depressione – ha raccontato in passato Puig -. Prima di giocare, e vincere, a Rio mi ero posta degli obiettivi a lungo termine. Quando a 22 anni mi sono ritrovata a vincere l’oro olimpico, non sono riuscita a sopportare la pressione e a gestire gestire tutti i problemi. È così che mi sono resa conto di soffrire di depressione”.Una giocatrice ancora in giovane età che conquista uno degli obiettivi più ambiti nell’intero mondo dello sport rischia seriamente, com’è successo in questo caso, di non riuscire a sopportare la mole di conseguenze che comportano eventi di questo tipo”.
Per fortuna, come (quasi) sempre succede, anche la storia di Monica Puig ha un lieto fine: “Ho imparato tante cose negli ultimi due anni – ha racontato la portoricana –. Tutti devono ricordarsi che rialzarsi è possibile. Che è facile avere tante persone accanto quando si ha successo. L’aiuto della famiglia e dei veri amici mi ha ricordato che ho fatto tutto quello che ho fatto grazie a me stessa, e soprattutto che ho meritato ogni singolo successo”.
Rebecca Marino e l’odio degli scommettitori
Se una volta la pressione arrivava “solo” dai media tradizionali e dalle persone incontrate in giro, nell’ultimo decennio una buona parte l’hanno fatta anche i social network, strumento rivoluzionario che purtroppo contiene anche tanti lati negativi, soprattutto per chi sulle piattaforme digitali ha un discreto seguito. Rebecca Marino è una delle vittime del cosiddetto cyberbullismo, che nel suo caso ha portato alla depressione e al ritiro dal tennis nel 2013.
In questo caso, gli aggressori virtuali non erano tifosi, ma scommettitori che, arrabbiati per aver perso soldi, riversavano odio e frustrazione sulla tennista canadese, che già in giovanissima età aveva vinto diversi Futures e soprattutto aveva ricevuto parole di grande stima da Venus Williams, che l’aveva sconfitta negli US Open 2010 dopo una bella partita. Nell’aprile 2013, quindi, la depressione porta Rebecca all’abbandono dello sport e di un’attività che le stava portando discreti successi, i quali però non le avevano permesso di farsi scivolare addosso le parole al veleno di tante, troppe persone.
Lo stop e l’assenza dai campi è lunga quattro anni, ma per fortuna si ferma nel 2017, quando la canadese riprende in mano la racchetta e inizia a prepararsi per il ritorno, che avverrà in un torneo a Toronto.