Sta prendendo forma l'assetto del nuovo Team Djokovic: Andre Agassi è convinto che la fiducia reciproca aiuterà a capire i problemi e risolverli. “Come prima cosa, deve pensare solo alle cose che può controllare”. Intanto c'è una nuova figura: Mario Ancic aiuterà il serbo in assenza di Andre: “E' la persona perfetta”.

Un paio di giorni fa, Wimbledon ha festeggiato i 25 anni dal successo di Andre Agassi. Aveva perso tre finali in tornei che, sulla carta, gli erano più favorevoli. Ma poi, il 5 luglio del 1992, l'ultima volèe di Goran Ivanisevic moriva in mezzo alla rete, la sua Donnay arancione si perdeva chissà dove e iniziava una leggenda. Rimettere piede su quei prati, dove avrebbe giocato un'altra finale (1999) e raccolto qualche delusione (su tutte, la sconfitta contro Boris Becker nella semifinale del 1995), deve essere stato speciale per Andre. Non che sia la prima volta, dopo il ritiro. Ma un conto e fare attività per conto degli sponsor, un altro è seguire il tennista più forte degli ultimi cinque anni. Un tennista in crisi, che ha pensato a lui per ritrovare la retta via. Una pecorella smarrita che ha bisogno di un pastore di cui fidarsi al 100%. L'annuncio è arrivato il 21 maggio, e da allora è arrivata l'eliminazione nei quarti del Roland Garros (ma Andre era già andato via), poi la vittoria a Eastbourne (dove Andre non è proprio andato). Adesso c'è Wimbledon, laddove Djokovic ha già vinto tre volte. Qualche giorno fa, il poker sembrava fantascienza. Adesso un po' meno. “Novak è una gran bella persona, mi piace sul serio – racconta Agassi – lo rispetto e credo che stiamo iniziando a fidarci l'uno con l'altro”. “Fiducia” è un concetto molto importante per Andre. A suo dire, il successo della partnership partirà da qui. Per ritrovare il rendimento di qualche tempo fa, c'è bisogno di grande impegno da entrambi. “Come prima cosa devo imparare a conoscerlo, e lo sto ancora facendo. Dopodiché, cercherò di capire cosa gli impedisce di sentirsi in volo e poi risolvere il problema”.

UN VOLTO NUOVO
Messa così, sembra facile. Un percorso del genere richiede fiducia. L'obiettivo di Agassi è allontanare le scorie che impediscono a Djokovic di esprimersi al massimo. Secondo lui, è basilare concentrarsi sui soli aspetti che Djokovic può controllare. “E Novak lo sta facendo bene. Mi ha dato tutto quello che aveva in termini di cuore, lotta e messa in pratica. Il progetto è questo. Sta iniziando a dimenticare quello che non può controllare: il campo, il vento, le cattive chiamate e tutto il resto”. Agassi ha smesso di giocare in un assolato pomeriggio del 2006, dopo la sconfitta con Benjamin Becker allo Us Open (guarda caso, il tedesco si è ritirato proprio in questi giorni). Da allora, non ha avuto ruoli attivi nel tennis. Tuttavia, l'impegno attuale gli piace. “C'è un livello di pressione molto interessante, perché sei il responsabile delle speranze e dei sogni di qualcun altro. La sto prendendo molto seriamente. La pressione va e viene e la prendi in modo più rilassato rispetto a quando sei un giocatore”. E' presto per capire se l'alchimia funziona per davvero: sembra chiaro che Agassi non abbia voglia di impegnarsi a tempo pieno. Per questo, Djokovic ha chiesto una mano a Mario Ancic. L'ex top-10 croato, 33 anni, si è ritirato molto giovane a causa della mononucleosi. Poi ha iniziato una nuova carriera presso la sede newyorkese di Credit Suisse, peraltro dopo essersi laureato in legge negli Stati Uniti. Come con Agassi, non c'è nulla di scritto. Di più: Ancic si trovava a Londra per ragioni personali e la collaborazione è nata un po' casualmente. “Serviva qualcuno che affiancasse Andre e passi con me più tempo, nei piccoli tornei e nelle settimane di allenamento – dice Djokovic – Mario è la persona ideale. E' in cima alla mia lista di preferenze, e Andre è perfettamente d'accordo”. Il Progetto-Djokovic, all'alba dei 30 anni, è ripartito. Al di là del valore degli avversari, i primi due match a Wimbledon hanno trasmesso sensazioni positive. Si ripartirà oggi, contro la vecchia conoscenza Ernests Gulbis. Poi, chissà.