L’INTERVISTA – Matteo Trevisan torna protagonista dopo mille sfortune e un lungo anonimato. L’ex numero 1 junior ha trovato qualità nel suo lavoro e ci vuole provare sul serio.
La grinta di Matteo Trevisan, di nuovo protagonista a livello challenger
(Foto di Antonio Milesi / E' di Milesi anche la foto in home page)
Da Bergamo, Riccardo Bisti – 14 febbraio 2014
A volte il peso dei ricordi può essere pesante. E’ certamente il caso di Matteo Trevisan. Non potrebbe essere altrimenti se diventi numero 1 al mondo nel ranking under 18. Ma poi tante cose sono andate storte, e il toscano è stato addirittura a un passo dal ritiro. Un anno fa ha deciso di riprovarci, aiutato dalle persone che davvero gli vogliono bene. Ha raggiunto una buona 350esima posizione, e al challenger di Bergamo ha raggiunto i quarti. Non faceva qualcosa del genere dal 2011, quando perse a Trani da Leonardo Mayer. Oggi riparte, con premesse e idee diverse. Matteo guarda avanti e sembra aver costruito le basi per un futuro interessante. Oggi il suo sguardo è molto diverso da quello di sei anni fa. Parla, fornisce risposte articolate, ma è come se dentro di sé abbia molto di più. Probabilmente lo vuole scaricare sul campo da tennis e dimostrare a tutti di non essere un bluff o un talento sprecato. Il Nuovo Trevisan riparte da qui.
Facciamoci odiare alla prima domanda. Ti ricordano tutti che sei stato numero 1 junior: sei riuscito ad andare oltre questo ricordo?
Se non fossi andato oltre mi sarei dovuto fermare a 18 anni. Gli do il giusto peso, è un ricordo piacevole ma non significa che la vita si fermi lì. Oggi ho 24 anni, sono cresciuto, sto cercando di scindere le cose importanti da quelle meno importanti. Il resto, francamente, se c’è o non c’è è uguale.
Leggendo qua a là, molti scrivono che Trevisan ha finalmente fatto una preparazione invernale come si deve…
Mah. Io mi sono allenato bene, ma nemmeno benissimo e neanche in modo diverso dagli altri anni. I forum e i blog non mi sono mai piaciuti perché sono frequentati da persone poco competenti che scrivono ad occhio, senza alcuna preparazione specifica. E’ come se io mi mettessi a scrivere di animali. Visto che quell’ambiente non mi piace, ci sto lontano. Durante la preparazione ho cercato di fare le cose meglio rispetto a prima, stando più attento al particolare, evitando determinate cose, però non ho fatto nulla di diverso.
E’ quindi corretto dire che hai migliorato la qualità del lavoro piuttosto che la quantità?
Sicuro. La qualità è importante in tutte le cose, dal farmacista al panettiere. Mi sto trovando davvero bene con il mio preparatore, Donato Quinto, che ringrazio perché mi sta dando una grossa mano. Anche Matteo Catarsi, il mio maestro, sta facendo molto per me. Per il resto, vediamo come va.
Negli anni, sei stato un giocatore abbastanza discusso. Qual è la cosa più stupida mai detta su di te?
Ce ne sono tante. E’ lo stesso discorso del numero 1 junior. Me le lascio scorrere addosso. Se una persona stesse a sentire tutto quello che si dice, se fosse debole, dovrebbe buttarsi dalla finestra. A me interessa ciò che dicono le persone che mi vogliono davvero bene. Il resto? Magari può darmi fastidio, perché tante cose sono dette da persone che non mi conoscono e non sanno nulla della mia storia. Sai, magari certe affermazioni possono essere dettate dall’invidia di chi avrebbe voluto essere al posto di chi critica. Non parlo necessariamente di me, è qualcosa che succede spesso. Morale: non me ne importa assolutamente niente.
Ripensando al tuo passato, c’è stato qualche allenatore che avrebbe potuto gestirti meglio?
Non faccio nomi, non sono nella posizione e non mi va di rimproverare qualcuno. Dico semplicemente che tra i 18 e i 23-24 anni avrei potuto gestirmi meglio, ma potevo anche essere gestito meglio. Non voglio dire nulla, il passato è passato, il futuro è futuro e guardiamo in quella direzione, cercando di fare il meglio possibile.
Se il Trevisan di oggi parlasse con il Trevisan 14enne, cosa gli direbbe?
Domanda difficile. A 14 anni non sai cosa ti riserva il futuro, mentre a 24 sai cosa è successo. Tutto sommato gli direi di fare le stesse cose: anche se in determinate occasioni non è stato aiutato, e ci sono state situazioni e momenti difficili, a 24 anni riesco a venirne fuori e capire le cose nel modo giusto. Magari non diventerò nessuno, ma adesso ho questa consapevolezza.
In una passata intervista hai detto che se a 27-28 anni fossi ancora un giocatore da futures, smetteresti. La pensi ancora così? Ti sei dato una scadenza?
Quell’intervista la feci l'anno scorso, più o meno in questo periodo. Era il mio rientro dopo tanti problemi, che mi costrinsero a stare fermo per un anno. All’epoca non avevo basi. Non dico che oggi ci sia chissà cosa, però almeno sono intorno al 350 ATP. Posso dire di aver scalato quasi 1000 posizioni in un anno e che quindi posso costruirmi una base per il futuro. Poi…boh, se va bene va bene, se va male va male. L’anno scorso dissi così perché il mio futuro tennistico era un’incognita. Ripartivo da zero, potevo anche farmi male…in linea di massima la penso ancora così, però sto guardando oltre rispetto allo scalino di cui parlai allora.
Come mai è finita con Fanucci? A naso, sembrate piuttosto compatibili sul piano caratteriale…
Come è finita lo sappiamo noi due, non mi va di dirlo perché poi uno dice la sua, l’altro replica e magari viene fuori un macello. E’ andata così, ma penso che non mi chiuderebbe le porte se avessi bisogno di qualcosa, ed anzi mi darebbe una mano. Ma ormai le cose sono andate…e adesso sto bene così.
Quanto ti alleni? Come è impostato il tuo allenamento quotidiano?
Al mattino dedico due ore, due ore e mezzo al tennis. Al pomeriggio, altri 60-90 minuti di tennis più un’ora e mezza, che a volte diventano due, di preparazione atletica. Nel complesso sono 5-6 ore al giorno, per cinque volte a settimana.
Argomento scottante: sei andato in pari con tutte le spese che sostieni, oppure sei ancora in passivo?
Non sono neanche vicino ad arrivare in pari. L’unica cosa che posso dire è che ringrazio mia madre, che continua a darmi una mano. Se non ci fosse lei, magari adesso farei il maestro. La federazione mi ha dato una mano fino a un certo periodo, poi, giustamente, oltre una certa età, non poteva più sostenermi. Non è facile affrontare una stagione. Se giochi in Italia e hai un rendimento dignitoso vai comunque in passivo, però resti a galla. Se invece preferisci una programmazione internazionale, magari fuori dall’Europa, diventa una cosa al di fuori di ogni logica.
Hai degli sponsor?
Vesto abbigliamento Lotto e utilizzo racchette Babolat, ma non vedo un euro. Mi danno solo l’attrezzatura, ed è giusto così. Non sono nella posizione di prendere dei soldi.
Quindi ti sovvenzioni soltanto con i prize-money e l’aiuto della famiglia?
Si, le fonti sono queste, poi ci sono i campionati a squadre, Serie A e Bundesliga. Se non avessi questi eventi e l’aiuto di mia madre nn riuscirei a giocare, o almeno a fare una stagione da professionista. Magari giocherei i tornei open, ma l’attività internazionale sarebbe impossibile.
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