Fumantino e umanissimo, l’ex giocatore e tecnico pugliese Raffaele Cirillo, scomparso lunedì, è stato spesso sottovalutato, ma ha lasciato tracce importanti. Una carriera iniziata per caso e durata 40 anni, che ripercorre per noi Fabio Della Vida
Stavo tornando a Roma in macchina quando ho ricevuto una telefonata da Beatrice Manzari che mi ha detto del malore di Raffaele Cirillo, «Ciro» per tutti gli amici del tennis, lasciandomi senza parole. E quel che peggio senza speranze. Ciro aveva un anno meno di me; io lavoro nel tennis da 40 anni e Ciro c’è sempre stato, da giocatore, da tecnico, da direttore del Foro Italico, ma soprattutto da amico.
Non si offenderà da lassù se dico che era un po’ ribelle, un po’ fumantino; lo ammetteva lui stesso e probabilmente questo carattere gli è costato molto da giocatore, perché di talento ne aveva, eccome. Aveva cominciato per caso: a Bari vide un manifesto con scritto «Corso per giocatori di tennis» e lui credeva di vedere Mario Corso, la grandissima ala dell inter di Herrera, suo idolo perché mancino come lui.
Quante storie, quanti aneddoti, quante cene, quanti ricordi ….Ciro era però soprattutto un uomo buono, nonostante le sue sfuriate, ed era se stesso, nel bene e nel male, nei pregi e nei difetti. Ipocrisia e falsità non esistevano nel suo vocabolario. E’ stato molto sottovalutato come tecnico e come organizzatore e promotore; quello che ha fatto in 20 anni al Foro è sotto gli occhi di tutti, ma è stato importante anche a Orbetello, dove ha dato vita un Challenger stupendo. Quando ha potuto ha sempre aiutato tutti, ultimo che ricordo Mimi Di Domenico, che oggi lavora in quella splendida scuola tennis che lui ha contribuito a far crescere. Andare al Foro e non vedere Ciro sarà dura, mancherà un pezzo del circolo perché lui del Foro era innamorato perso, e guai se glielo toccavi…Addio grande Ciro, riposa in pace.