Lo afferma uno studio dell’Economist, svolto assegnando a ogni incontro un “indice di emozione”. Il computer ha calcolato che se le regole del doppio (no-AD e match tie-break) venissero applicate anche al singolare, gli incontri potrebbero perdere buona parte del loro valore emozionale.Dopo aver spiegato agli italiani perché votare “no” al referendum costituzionale del 4 dicembre, il celebre settimanale britannico The Economist si è buttato anche mondo del tennis. L’argomento è l’intenzione degli organi che governano il nostro sport di modificare i regolamenti, per velocizzare gli incontri e avvicinarli il più possibile alle esigenze delle televisioni, sempre più influenti nel mondo dello sport. I problemi del tennis in tv non sono una novità: i tanti tempi morti nel corso di una partita non piacciono ai broadcaster, per non parlare della durata degli incontri. Si sa quando iniziano, non quando finiscono, particolarità che non va d’accordo con gli standard televisivi. Non potendo stabilire una “fine”, l’intenzione è quella di fare in modo che sia il meno tardi possibile.
Le ipotesi sono svariate: eliminare la lunga distanza (ormai presente solo negli Slam e in Coppa Davis), accorciare i set oppure applicare anche al singolare le regole che nel 2016 hanno festeggiato il decennale in doppio: punto secco sul 40-40 e niente terzo set, sostituito da un tie-break lungo ai 10 punti. Una riforma all’inizio molto discussa, ma che ha funzionato: la durata media degli incontri, nel 2005, era di 87.73 minuti ciascuno, mentre nel 2006 (anno dell’introduzione di no-ad e match tie-break) è scesa a 71.51, oltre quindici minuti in meno. E infatti i doppi hanno trovato maggiore spazio sui campi televisivi, permettendo agli organizzatori dei tornei di “vendere” qualche prodotto in più senza correre il rischio che il programma venisse rovinato dall’eccessivo protrarsi di incontri di scarso interesse per il pubblico. Ma per il singolare il discorso è diverso.
Da quando il problema è diventato sempre più discusso, in molti hanno provato a inventare il format del futuro: Fast4Tennis, IPTL, World Team Tennis e persino i campionati NCAA, che proprio quest’anno hanno adottato no-ad e match tie-break anche in singolare, come già avviene da qualche stagione nella Bundesliga tedesca, il campionato a squadre più valorizzato (e retribuito) d’Europa. Tuttavia, a livello internazionale sono state fatte solamente alcune sperimentazioni – e nemmeno di successo – nei tornei minori. Qualche novità, stando a quanto ha recentemente annunciato l’ATP, potrebbe arrivare nelle prossime Next Gen ATP Finals di Milano, che l’associazione giocatori pare intenzionata a sfruttare anche per sperimentare match al meglio dei cinque set ma con parziali ridotti a quattro game (ed eventuale tie-break sul 4-4), il punto secco sul 40-40 e addirittura il “no let” sul servizio, già provato a livello Challenger nella prima metà del 2013. Riscosse un sacco di pareri negativi, ma a quanto pare l’ATP vuole suonare di nuovo la carica.
La realtà è che un cambio dei regolamenti ridurrebbe la durata degli incontri, accontentando le tv, ma insieme ai minuti taglierebbe anche le emozioni, lo spettacolo e quel pathos che regalano le lunghe battaglie. L’ha sempre sostenuto la gran parte della gente, ma ora la tesi ha anche una prova scientifica, trovata grazie a un cosiddetto indice di emozione (EI): un valore creato per dare un giudizio emotivo agli incontri di football americano, ma facilmente adattato al tennis, per misurare numericamente l’importanza di ogni singolo punto.
Il metodo di calcolo rimane segreto, ma il discorso è semplice: più un punto ha valore, più l’EI del tal punto è elevato. Sommando tutti gli EI, e poi dividendoli per il numero dei punti giocati, esce l’indice di emozione di un match, che convenzionalmente viene moltiplicato per 1000 per raggiungere un numero fra 0 e 100, visto che il calcolo iniziale avviene per decimali. In una scala da 0 a 100, il valore si aggira intorno al 10 per gli incontri più brevi e facili, mentre può arrivare molto in alto per quelli particolarmente combattuti. Se la formula del doppio venisse applicata anche al singolare, aumenterebbe imprevedibilità e break, riducendo l’importanza di numerosi punti.
Di conseguenza, pendendo in analisi vari match e facendoli rigiocare al computer con no-ad e long tie-break al posto del terzo set (in vari modi diversi, per poi calcolare la media dei risultati) è saltato fuori che l’EI sarebbe quasi sempre più basso, specialmente per gli incontri di tre set. Senza arrivare a un caso limite come l’incredibile semifinale delle ATP Finals fra Andy Murray e Milos Raonic, che ha raggiunto quota 94 e in nessuna delle cento repliche computerizzate è arrivata così in alto, sono stati presi in esame gli incontri dell’ultimo Masters 1000 di Shanghai. Mentre l’EI medio del torneo è rimasto sostanzialmente invariato (da 50.5 a 50.8), quello degli incontri di tre set è calato di quasi dieci punti, precipitando da 65.1 a 56.7. Un dato che basta da solo per mettere tutti sull’attenti.
Aumenterebbe l’imprevedibilità, e non è certo un male, ma a farne le spese non devono essere le emozioni. Anche perché, se gli esperti hanno ragione, il tennis sta andando verso un calo fisiologico d’interesse dovuto ai successi sempre più rari del duo Federer-Nadal. Quindi va trovato un motivo per tenere i telespettatori incollati alla tv, non uno in più per suggerirgli di cambiare canale.
IL CEO WTA A FAVORE DELLE MODIFICHE…
…MENTRE NADAL LA PENSA DIVERSAMENTE
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