Quello dei campionati interclub è un modo poco conosciuto ma interessante. Se ben organizzato, offre grande spettacolo e fornisce aiuti economici ai giocatori di seconda fascia.
Un'immagine della Premiere Division francese. Sullo sfondo il presidente federale Gachassin

Di Riccardo Bisti – 28 novembre 2012
 
I tennisti fuori dai top 100 non guadagnano granchè. E sono sempre più frequenti le storie di giocatori costretti alla resa per l’assenza di risorse. L’ultima in ordine di tempo è stata la colombiana Karen Castiblanco, ritiratasi a 24 anni perchè non aveva soldi. Le ha provate tutte, chiedendo aiuto persino via Twitter, ma non c’è stato nulla da fare. Potrebbe fare la stessa fine il britannico Goodall, che rischia di alzare bandiera bianca perchè il tennis non gli garantisce stabilità economica. Senza considerare Amir Weintraub, eroe della Davis israeliana, che vuole ridurre l’attività internazionale a favore di qualche gara a squadre. Già, le gare e squadre. In uno sport super-individuale, certe competizioni sono viste con sospetto. Persino la sacra Coppa Davis è soggetta a critiche, mentre la Fed Cup stenta a decollare. Il resto? Neanche a parlarne. In Italia abbiamo il Campionato di Serie A1, messo in ginocchio da norme troppo restrittive che abbassano il livello e riducono il numero di giocatori (limitandoci al maschile, nel 2008 si potevano tesserare 10 giocatori per squadra, adesso soltanto 4, "vivai" a parte). Ma i campionati “intersociali”, come si diceva qualche anno fa, si giocano un po’ in tutta Europa.
 
Mentre i più forti riposano o si concedono qualche esibizione gonfia-portafoglio, i tennisti di medio-basso livello vanno a cercare soldi extra nelle gare a squadre. A volte anche a discapito del circuito mondiale. E’ il caso della Bundesliga tedesca, che occupa diversi weekend tra luglio e agosto. In Francia c’è la Premiere Division, che si gioca in contemporanea alla nostra Serie A. Laura Pous Tio, numero 157 WTA, gioca per un club di Tolosa: “Stimo molto il mio club, ci tengno davvero, vogliono impegno”. La voce si diffonde rapidamente e tantissimi giocatori trovano il loro ingaggio. “Esistono manager che si occupano di trovarti un club in giro per l’Europa – continua la Pous – in cambio vogliono il 5% dei tuoi guadagni. Una volta mi sono fatta aiutare, ma poi ho fatto tutto per conto mio”. Inutile dire che i giocatori non provano alcun senso di appartenenza per i club di militanza. L’unico obiettivo è guadagnare. I soldi intascati, poi, vengono generalmente investiti nell’attiività internazionale. Un top 30 ATP può intascare fino a 12.000 euro a partita, che diventano 6.000 se sei un top 100. Se la classifica scende fino al numero 200, il guadagno oscilla intorno ai 2.500 euro a match. Circolano meno soldi nei campionati femminili, dove una top-50 può arrivare a 4.000 euro a partita. Forse anche per questo la Serie A1 italiana ha avuto un campo di partecipazione decisamente modesto. La giocatrice di miglior classifica che ha partecipato al nostro campionato è stata l’ungherese Greta Arn, punto di forza del Parioli. Ma è numero 114 WTA. Sara Errani e Roberta Vinci erano tesserate per Albinea e Parioli, ma tra impegni e vacanze non hanno giocato neanche una partita.
 
Per tanti giocatori, tuttavia, le gare a squadre offrono un aiuto fondamentale. Esistono anche i bonus legati ai risultati sia individuali che di squadra. La tendenza si è diffusa negli ultimi anni, quando diversi giocatori di buona classifica hanno adottato la tattica del “prendi i soldi e scappa”, inaugurata 25 anni fa da Andre Agassi. Con i premi a rendere, i club si sentono più tutelati. Agassi è tra i grandi nomi del World Team Tennis americano. Si gioca a luglio ed è più simile a una baracconata che a un torneo di tennis. Regole astruse, campi colorati, forte spettacolarizzazione: con questi ingredienti hanno creato un bel movimento a cui prendono parte diversi campioni, compresi gli ex giocatori. Circolano parecchi soldi, ma è difficile entrare nel giro. A parte le vecchie glorie e gli americani, c’è poco spazio per un ingaggio. Hai qualche speranza in più se sei una giovane promessa come Timea Babos o le sorelle Pliskova. Qualche anno fa, vi prese parte anche Uladzimir Ignatik. Molto più accessibili i campionati europei, con alcuni giocatori impegnati anche in 3-4 nazioni diverse. C’è chi campa esclusivamente di gare a squadre. “Un collega mi raccontava che non aveva alcun interesse a giocare i futures e i challenger col rischio di rimetterci dei soldi, quando con le gare a squadre aveva tutto spesato e un introito netto di 80-90.000 dollari”. Parola di Weintraub, affascinato (e ingolosito) da questo mondo.
 
A parte la Bundesliga, il campionato meglio riuscito è la Premiere Division francese. I club trovano le risorse con l’autofinanziamento (i soci, la scuola tennis, l’affitto dei campi), ma anche grazie a importanti contributi. Non solo le aziende locali, ma anche gli sponsor della stessa FFT che hanno deciso di investire sul campionato. Il campionato si sviluppa tra novembre e dicembre: inizia più tardi rispetto alla Serie A, ma recupera con due turni infrasettimanali e si chiuderà i prossimi 7-8 dicembre. E’ una manifestazione storica (si gioca dal 1939) ed ha limitazioni ragionevoli per gli extracomunitari, mentre viene rispettata (a differenza che in Italia) la sentenza Bosman sulla libera circolazione dei lavoratori comunitari. L’interesse è importante, tanto che in alcuni club si arriva a 1.000 spettatori di media a partita. E la qualità è molto alta. Ma basta dare un’occhiata alle rose: a parte due campioni come Jo Wilfried Tsonga e Richard Gasquet, sono in gara tantissimi top 100 (i nostri Seppi, Lorenzi e Cipolla più i vari Darcis, Llodra, Granollers, Klizan, Mayer, Istomin, Muller, Chardy, Simon, Goffin, Haase, Dimitrov, Matosevic e altri ancora). Per dirla alla Totti, “è normale che” il Campionato funzioni. Le gare a squadre hanno una doppia valenza: offrono spettacolo a danno una mano a chi fatica a guadagnare.