Ripubblichiamo, per gentile concessione de Il Quotidiano – L’Altravoce, l’articolo apparso ieri a firma Claudia Fusani sulle novità del Foro Italico 2025. Un affascinante percorso nella storia antica e recente dell’impianto che dal 1935 ospita gli Internazionali d’Italia

Allo Stadio dei Marmi già prendono forma i nuovi campi per la prossima edizione degli Internazionali d’Italia
Sarà come giocare a tennis in un museo all’aria aperta. Giocatori e giocatrici saranno a rischio sindrome di Stendhal, distratti magari a un cambio campo, peggio ancora in un colpo al volo decisivo, dall’ipnosi e dallo straniamento che può arrivare muovendosi tra l’arte e la storia e il bianco del marmo. Sergio Palmieri, storico direttore degli Internazionali Bnl d’Italia, racconta che qualcosa del genere era già successa anni passati all’ex top five Andy Roddick stregato dalla possenza dei marmi bianchi che fanno da corona al campo Pietrangeli. Figuratevi cosa può succedere quest’anno visto che le statue in marmo bianco da una ventina diventeranno quasi il triplo e i giocatori avranno il privilegio di giocare a tennis oltre che nel Pietrangeli anche nello Stadio dei Marmi, monumento nazionale dedicato all’atletica, realizzato nel ventennio, circondato da sessanta statue in marmo di Carrara dedicate ai vari sport.
Il colpaccio, finalmente è riuscito. Il presidente della Fitp Angelo Binaghi ci pensava da anni: allargare il site degli Internazionali fino ad oggi costretto tra Olimpico, collina Monte Mario e Tevere, uno spazio dolce e speciale ma lungo e stretto che è stato di per sè un tappo allo sviluppo del torneo. E poiché collina (Monte Mario), fiume (Tevere) e Olimpico (lo stadio) sono “ostacoli” insuperabili, l’unica chance era inglobare l’inglobabile, ovvero la piazza con la fontana e i mosaici (anni Venti anche questi) e lo Stadio dei Marmi che sorgono a lato dello stadio di calcio. C’è voluta una grande motivazione per convincere Sport&Salute, la società partecipata proprietaria degli immobili, a cercare soluzioni e alternative per il pubblico del calcio, soprintendenze, comune e società di calcio. Un rompicapo che non trovava soluzione da anni e a cui è probabile che abbia dato un grande contributo il numero uno del mondo Jannik Sinner e la golden age del tennis italiano, detentore della Davis e della Billie Jean Cup e con ben undici giocatori nella top cento. Quale modo migliore, poi, per festeggiare l’atteso ritorno alle gare di Sinner che concluderà la squalifica proprio in tempo per gli Internazionali Bnl d’Italia (Roma, 5-18 maggio 2025)?

Martedì una conferenza stampa saprà dare dettagli e spunti dell’operazione. Intanto possiamo dire che non esiste al mondo un site più suggestivo e iconico. Al netto probabilmente di Wimbledon, che resta a suo modo inarrivabile, e del Roland Garros nel Bois de Boulogne della capitale francese.
Si dice che l’idea di Binaghi sia di candidare Roma come il quinto slam. Ci sono operazioni in corso per rivedere date ed acquistare tornei. Vedremo. Intanto, quello che è certo, è che gli Internazionali saranno giocati in un museo open air che si sviluppa in ben diciannove “sale”, ovvero altrettanti campi da tennis. Ciascuno a suo modo un gioiello.
E’ un’operazione che parte da lontano, circa vent’anni fa quando – allora era il Coni a gestire gli impianti – decise con la Fit l’operazione recupero dell’area del Parco del Foro Italico (Foro Mussolini), gioiello dell’architettura fascista – una delle poche cose buone del Ventennio – in cui negli anni Trenta hanno lavorato architetti come Luigi Moretti, Enrico Del Debbio e artisti come Angelo Canevari che ha firmato il mosaico 12×8 metti che oggi si riflette restaurato nell’acqua della vasca in marmo.
Partendo dal loro sud del Parco, sono stati prima dismessi e recuperati l’ex aula bunker, la sala d’ami e l’ostello, un’intera zona fino al 2008 adibita ad aule giudiziarie per i processi ad alta sicurezza, archivi (era qui tutta la memoria dei vari processi Moro) e uffici di polizia. Tra questi edifici e il Circolo del tennis, primo embrione degli Internazionali, c’era una steppa occupata da spaccio e prostituzione. Il recupero ambientale ed architettonico – condotto passo negli anni da due registi su tutti, Diego Nepi per Coni/Sport&Salute e l’architetto Luca Galliano – ha saputo restituire prima la Casa delle Armi– Accademia dello Scherma progettata da Moretti tra il ’34 e il ’38 e capace di ospitare fino a 160 atleti, poi l’Ostello, il grande mosaico che oggi gli studenti vanno a studiare, una serie di statue nascoste tra boscaglia e arbusti che sono il disegno di un unico racconto sportivo che poi trova conferma nella potenza scenografica delle venti statue di marmo che sono la corona del campo Pietrangeli. Un recupero emozionante, quasi un’avventura, pezzo dopo pezzo mentre il nuovo campo centrale prendeva forma tra vari stop and go.
Quest’anno si scrive l’ultimo capitolo di questa operazione che è piena di scoperte e ritrovamenti. Sfondare il site del torneo verso la stadio dei Marmi è tanto naturale quanto è stato difficile. Lo stadio di atletica, ispirato alla Grecia classica, è stato progettato nel 1928 da Enrico Del Debbio che lo completò nel 1932. Le gradinate sono in marmo di Carrara, tengono circa seimila posti e sono circondate da sessanta statue di marmo. Sorgerà qui il terzo centrale e due campi laterali di allenamento. E per tutti quanti, giocatori, giocatrici, spettatori, il grande tennis andrà in scena in un museo all’aria aperta da scoprire tra una partita e l’altra.