Persino Novak Djokovic parla dei match truccati. “Non dovrebbero riguardarci, ma la realtà è un’altra”. Secondo Mike Bryan, il 25-30% dei giocatori hanno ricevuto proposte indecenti.
Di Riccardo Bisti – 24 dicembre 2014
Se ne parla anche il numero 1 ATP, significa che il problema è serio. “Penso che le partite truccate stiano rovinando la reputazione del nostro sport. Nel tennis non dovrebbe esserci spazio per queste cose, ma la realtà è diversa”. Parola di Novak Djokovic, non uno qualsiasi. Sembra essersi sviluppata la consapevolezza che la corruzione, soprattutto ai bassi livelli, sia penetrata nel tennis e ne stia mettendo a repentaglio la credibilità. Djokovic parla a ragion veduta: nel 2006 gli hanno chiesto di perdere una partita in cambio di 100.000 dollari. E anche l’anno dopo, stando alle intercettazioni pubblicate nei mesi scorsi dai media italiani, un suo match contro Fabrice Santoro a Parigi Bercy ha avuto un esito sospetto, anche se non si può parlare di vera e propria combine. Semplicemente, pare che il serbo avesse l’aereo prenotato dopo il match, visto l’imminente impegno alla Masters Cup di Shanghai. E qualcuno si lamentò di non aver piazzato la scommessa vincente dopo aver ricevuto l'imbeccata. Dal 2008, su casi del genere indaga la Tennis Integrity Unit, corpo investigativo che in sei anni ha diramato undici squalifiche, di cui cinque a vita. Tutte a personaggi di secondo piano (il più noto è certamente Daniel Koellerer). La TIU ha sede a Londra e opera nell’ombra. Nessuno ne conosce il budget, nessuno commenta i risultati delle investigazioni e vengono diramati scarni comunicati soltanto in caso di squalifiche. La TIU è stata fondata ed è sovvenzionata da tutti gli organismi che dirigono il tennis: ITF, ATP, WTA e tornei del Grande Slam. Da una parte, c’è una grande attenzione nei confronti del “courtsiding”, ovvero la presenza di scommettitori a bordocampo che giocano in tempo reale, sfruttando qualche secondo di vantaggio rispetto ai livescore e alle immagini televisive. Dall’altra, è strettamente controllato l’operato dei giocatori e i loro movimenti.
"SE TI OFFRONO 50.000, TU CHE FAI?"
Abbiamo documentato più volte sull’inchiesta della Procura di Cremona, partita dal calcio ma che avrebbe trovato nel tennis un pozzo senza fondo. Un articolo pubblicato un mese fa dal Guardian ha riportato la testimonianza di un ex agente dell’Interpol, secondo il quale il tennis sarebbe il terzo sport più a rischio combine, alle spalle di calcio e cricket. Non la pensa così Chris Kermode, boss dell’ATP. “Siamo consapevoli del pericolo, lo prendiamo sul serio e non crediamo che sia così diffuso nel tennis. Lo sport deve essere qualcosa di reale. Se non lo è, diventa un problema”. Il fenomeno, oltre al proliferare di agenzie di scommesse in ogni parte del mondo (alcune sponsorizzano i tornei, anche se Victor Hanescu non se ne fa una ragione), è facilitato da internet. Tramite il web è possibile accedere ai giocatori, soprattutto via social network, e ottenere informazioni riservate. Nei casi peggiori, c'è il tentativo di corruzione. In cambio di un risultato aggiustato, i tennisti incassano una bella cifra. Soldi spesso decisivi per i giovani in ascesa, bisognosi di pagarsi l’attività. “Ci sono un mucchio di possibilità per avvicinarci – sospira Djokovic – stanze, angoli, palestre frequentate dai giocatori. E lì si parla di tante cose, a partire dagli infortuni”. Mike Bryan, numero 1 nel ranking di doppio, crede che il 25-30% dei tennisti abbia ricevuto proposte di questo tipo. Di persona, via mail o con telefonate anonime. Non la vede come Hanescu, secondo cui è successo almeno una volta a tutti, ma resta una percentuale importante. Mike sostiene di non avere mai avuto problemi in prima persona, ma di conoscere giocatori approcciati per perdere una partita. “Ovviamente non sono preoccupato dai migliori, bensì da quelli che lottano per sopravvivere – dice Bryan – se in un challenger ti offrono 50.000 dollari e tu ne hai bisogno, che cosa fai?”. I regolamenti sono duri, poi ci sono anche campagne educative. Ma non basta. E gli stessi ufficiali ammettono di non avere le risorse per monitorare tutte le partite. “Il problema è sempre il solito: i soldi non sono mai abbastanza” ha detto Eric Butorac, presidente del Player Council ATP.
LA TIU CHIEDE RISERVATEZZA
La recente proposta ITF di aumentare i montepremi dei tornei minori va proprio in questo senso. Non hanno detto che gli aumenti sono pensati per combattere le scommesse, ma è evidente. “Elevare lo standard di vita dei giocatori è un fattore quando si tratta di preservare l’integrità del gioco” ha detto il portavoce Nick Imison. L’ATP non è stata a guardare, visto che dall’anno prossimo aumenterà i premi nei Masters 1000, che tuttavia restano riservati a pochi giocatori. E gli stessi tornei hanno minacciato azioni legali perchè non erano d’accordo con l’aumento. L’ATP sta lavorando per incrementare i montepremi dei tornei challenger (come peraltro è già stato fatto). Ma i rischi rimangono. Lo stesso Butorac ha ricordato di aver ricevuto una telefonata sospetta nel cuore della notte, nel suo albergo. Ha immediatamente avvisato la TIU. “Ma non posso dire dove mi trovassi e se ho ricevuto offerte o minacce. Mi hanno detto di non parlarne – ha detto, riferendosi alla TIU – di certo, quando ricevi una telefonata, è sempre una situazione spaventosa”.
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