Dopo i match point annullati il tennista romano non è riuscito a conquistare il successo al terzo

Una volta scavallate le immagini dei due match point annullati da Berrettini sul 5-6 del secondo, i nottambuli del Bel Paese erano usciti dallo stato di apnea per salutare con sollievo l’ingresso del nostro portabandiera in un salvifico tie break. Sarebbero tornati a trattenere il fiato quando, nel rush finale del game anomalo,Taylor Fritz veniva chiamato a maneggiare ulteriori quattro occasioni per chiudere la faccenda. Erano saltati tutti sulle sedie dinanzi alla reazione del gigante capitolino che non soltanto scampava il pericolo con servizio e diritto tirati a lucido ma saliva addirittura in cattedra fermando lo score sul 7/6 in suo favore.Alzi la mano chi, a quel punto, non abbia fatto un pensierino a un Matteo semifinalista a Miami. A riportare tutti piedi a terra ci ha pensato il guastafeste di San Diego, un tipaccio che per l’intera terza e decisiva frazione ha manovrato in modo tale da tenere sotto pressione il rovescio dell’ex top ten. Un modus operandi mirato a rosicchiare quel minimo di margine utile a chiudere il confronto come tutti sappiamo.In sede di interviste, l’italiano ha parlato di ‘amaro in bocca’ e come dargli torto! Condivido in toto, anche se il mio di amaro guarda a questioni tecniche ancor prima che a quelle di puro punteggio. Alludo al rovescio in questione per dire che la gestualità di un campione va resa funzionale al rendimento e corretta a tale scopo. Assistiamo invece a giocatori, anche affermati, che trascinano al seguito difetti mai risolti seppure ereditati di coach in coach. Il rovescio di Berrettini, per esempio, è un colpo troppo rigido per avere potenza, profondità e cambio di direzione e questo lo rende vulnerabile .Chiudo dicendo che mi piacerebbe rivedere presto il confronto appena passato in archivio. Con un rovescio rimaneggiato naturalmente, sperando che qualcuno ci metta mano.