Matteo in grande fiducia dopo la vittoria su Norrie. Ora incontra Rune: “é un giovane-vecchio, aggressivo come me”
Matteo Berrettini vince in rimonta un bel match contro Cameron Norrie, sfoderando percentuali d’antan: 32 ace (contro 7 doppi falli) il 70 per cento di prime palle. E ricomincia a vedere l’Australia da vicino. «Mancavo da due anni, è stato bellissimo vedere lo stadio pieno già alle 11 di mattina, qui l’atmosfera è speciale. Norrie fino a qualche anno fa era anche lui nei top-ten, ha fatto semifinale a Wimbledon, ci siamo incontrati in finale al Queen’s, ho perso il primo ma mi sono piaciuto negli altri tre set, è stata una bella lotta, come piace a me».
A rientrare nei primi 10 chiaramente Matteo ci pensa («sento di poterlo fare»), ma nel confronto preferisce il se stesso di oggi. «Rispetto a tre anni fa gioco meglio rovescio e risposta, ho lavorato anche tanto sul servizio, sulle rotazioni, sulla spinta che è aumentata con la gamba destra. Come gesti credo di essere meglio ora, ma il tennis è uno sport di ritmo, di fiducia, serve giocare tante partite, la differenza sta lì, l’ho sempre detto. Stare sette mesi fuori e poi di nuovo smettere e rientrare non è facile, ve lo assicuro, serve tempo».
Ora c’è Rune, uscito da un partitone in cinque set contro Zhang, che nei precedenti è in vantaggio 3-1 e ha vinto gli ultimi due. «Eh, i giovani: giocano tutti bene. Rune è diverso da Norrie, ti tiene più lì, sa leggere bene la partita. Sia a Cincinnati sia a Shanghai ho vinto il primo set e non sono riuscito a chiudere, a Cincinnati la superficie era velocissima, a Shanghai ho fatto una bella partita, ho perso per due break. Come a me anche a Holger piace giocare aggressivo e ha iniziato a essere forte molto presto, ha sette anni meno di me ma è come fosse un coetaneo».
Il team ormai è stabilizzato («non è stato facile cambiare, dopo 15 anni con le stesse persone, ma ora il set up mi piace, se inserirò qualcuno lo vedremo più avanti e lo decideremo insieme»), e anche l’equilibrio fra freschezza ed esperienza, a 28 anni, è raggiunto: «Vuoi dire che sono vecchio, eh? L’equilibrio è la cosa più importante, ora sono più consapevole, anche questa trasferta australiana la affronto diversamente. L’esperienza conta, anche oggi quando ho perso il primo set ho detto: è già capitato. Il primo match a Wimbledon contro Sock l’ho vinto al quinto dopo aver perso il primo. Diciamo che se ho bisogno di qualcosa, oggi posso pescare in un database più ampio».