Dai successi di Berrettini a quelli dell’uragano Sinner, in attesa dell’anno che verrà: che aria tira nel tennis italiano?
Se, oltre allo shopping natalizio, non avete di che ammazzare il tempo, potreste gettare un occhio alla sfuggente storia dei venti. In un amen vi ritroverete immersi tra le pagine della Naturalis Historia di Plinio il Vecchio e apprendere che, oggi come allora, il gelido Aquilone continua a scendere da nord sotto sferzanti spoglie di moderna Tramontana e che il tiepido Favonio del tempo che fu, giunge sempre da ponente sottoforma di Scirocco. Di soffio in soffio vi imbatterete in Francis Beaufort, cartografo britannico che, a inizio ottocento, avrebbe ingabbiato ogni corrente d’aria in una scala valori, da uno a dodici, secondo il carattere trainante. Fino a prendere atto che tale Abraham Cresques li avrebbe riassunti, nel XIV secolo, in una Rosa, detta appunto dei Venti, tanto accurata da non lasciare al caso neanche lo starnuto di un bimbo. Prezioso strumento di navigazione, quel fiore irto di punte si sarebbe fatto simbolo anche di nuove avventure e di mete inseguite e raggiunte con lo sguardo fisso al futuro.
Una bella metafora, cucita a pennello per quel tennis italiano che dai cinque nodi di una brezza iniziale sarebbe presto salito ai dieci di quegli Alisei che nella seconda decade di questo millennio avrebbero guidato Andreas Seppi nel pelago dei primi venti del mondo. Nodi montati, appena più tardi, ai quaranta di un tennis burrascoso invaghitosi senza speranza di uno splendido Fabio Fognini, indomito guerriero a suo perfetto agio tra i marosi della top ten. Appena il tempo di gioire che sibilando a sessanta nodi orari, un fortunale minaccioso prendeva a benvolere Matteo Berrettini spingendolo verso successi blasonati sull’erba europea e il cemento americano per issarlo fin sulla sesta poltrona del ranking. Nel frattempo, già da un paio d’anni, forze atmosferiche si andavano addensando sul vecchio Stivale per incanalarsi in quel meraviglioso uragano in cui Jannik Sinner sembra destreggiarsi con evidente maestria tra titoli del grande slam e leadership mondiale. Solo soletto, dalla cima del mondo, l’atesino osserva il resto della truppa darsi un gran da fare, alle prese con le folate di un arrabbiato Maestrale.
Un tennis tricolore tanto in salute da cogliere una seconda Davis sulle ali di un correntino costante che ben promette per l’immediato futuro. Chiudo questa breve rassegna sull’aria che tira, rimandando tutto all’anno che arriva, quando sapremo se anche tra le retrovie spira qualche agguerrito Grecale o se invece, non me ne vogliano gli interessati, il venticello si limiterà a quel Ponentino che in estate fa capolino tra i vicoli di Roma.