Entriamo nel quartier generale di un racquet technician in trasferta e assaporiamo con lui una giornata nella sala incordatura di un torneo Challenger. Ecco il racconto e le considerazioni di uno dei migliori professionisti dello Stivale

Come i veri appassionati sanno bene, i Challenger, i Futures e gli Itf, sono tornei nei quali è possibile vivere e respirare tennis da vicino, venendo a contatto con giocatori, coach, genitori e preparatori che spesso si affacceranno nei palcoscenici maggiori nel giro di poco tempo o con vere e proprie star del tennis che veleggiano in posizioni di classifica più basse rispetto a quelle di un recente glorioso passato. La rete dei tornei Challenger e tornei «minori» in Italia è molto fitta e questi appuntamenti si susseguono con una certa continuità durante tutto il corso dell’anno sul nostro territorio; ma pochi conoscono la macchina organizzativa e gli sforzi necessari per metter in piedi un evento di questo livello.

Vivere i tornei da incordatore dà la possibilità di assaporare dal vivo la vita del torneo, in maniera dura molto impegnativa ed estremamente stressante dal punto di vista fisico.

UNA MARATONA DI COSTANZA E PRECISIONE

L’incordatore da Challenger inizia il proprio lavoro con i primi giorni di qualifiche, accompagnando i giocatori dai primi allenamenti sino agli ultimi minuti della finale. Il lavoro inizia operativamente alle 7,30-8,00 della mattina per concludersi, spesso senza pause o pause pranzo, verso la mezzanotte, ma anche oltre…

Si tratta di una vera e propria maratona, nella quale, come possono testimoniare i numerosi professionisti che vi lavorano, contano non tanto la velocità nell’eseguire l’incordatura di una racchetta, quanto la costanza e la precisione.

Per incordare una racchetta servono mediamente tempi compresi fra i 16 e i 20 minuti a seconda della complessità della racchetta e della tipologia di corde da installare. Ovviamente una incordatura in budello naturale necessita di tempi superiori a causa del la maggiore cura necessaria per la sua installazione. In generale, il tempo è una variabile da porre come prioritaria ma in maniera secondaria rispetto alla qualità del lavoro.

A poco serve incordare in 12 minuti se poi si corre il rischio di «bruciare le corde o realizzare un lavoro eseguito in modo non ottimale, ma anche in virtù del fatto che arrivare a 30, 35 telai in una giornata può essere una sfida alla propria integrità fisica e alla salute del le proprie mani.

Un elemento fondamentale richiesto dai giocatori è la costanza di tensione ottenuta; ovvero nel caso si incordino più telai, il dato di rigidezza comples siva del piatto corde, misurabile in termini di rigidezza dinamica Dt o in frequenza di vibrazione Chr-Dt, deve essere il medesimo o con scarti minimi.

In questi termini la macchina incordidatrice di buona qualità è sicuramente importante, ma molto più importante è la mano dell’incordatore, la tecnica e la costanza delle procedure da adottare, cosa non sempre banale considerando le condizioni ambientali di temperatura, umidità e di… stanchezza del professionista!

LA BIOMECCANICA DELL’INCORDATORE

La tecnica di incordatura è fondamentale per garantire precisione e qualità del montaggio, ma allo stesso modo deve basarsi sul concetto di economicità del movimento e sulla minimizzazione delle operazioni necessarie per svolgere il lavoro dato che ad ogni movimento corrispondono tempo ed energia impiegati. Come per la biomeccanica del gesto tennistico dovremmo parlare di biomeccanica dell’incordatore, fattore non sempre considerato ma fondamentale per limitare i danni fine giornata.

Stare in piedi sulla macchina senza sosta per una giornata impone conoscenza di se stessi, controllo e gestione delle delle proprie forze allo stesso modo di un atleta in gara, e per questo motivo mi piace pensare al lavoro dell’incordatore come a un lavoro da valorizzare e mettere in evidenza, senza relegate questo ruolo agli spazi di un sottoscala, di una cantina o di uno spogliatoio. Come ben capito da alcuni organizzatori che hanno pensato bene di mettere in risalto questa meravigliosa macchina da guerra che è una sala incordatura.

Dalla sua postazione un incordatore di torneo minore si troverà a seguire tutte le fasi di incordatura e seguire il flusso, dall’entrata in postazione della racchetta, all’asportazione delle corde, alla pulizia e controllo del telaio, alla messa in macchina, all’installazione delle corde, al controllo finale e alla realizzazione del logo sul piatto corde, come pure talvolta alla consegna; una serie di operazioni che nei tornei maggiori viene seguita da personale specifico, addetto alla ricezione, pulizia, taglio, controllo e alla consegna in campo tramite i cosiddetti runner.

RICHIESTE E ABITUDINI DEI GIOCATORI

L’aspetto magnifico è sicuramente il contatto con il giocatore che esprime le sue richieste, che possono essere le più varie, a partire dalla posizione e dalla forma delle code dei nodi, al posizionamento del logo e il suo colore o l’orario esatto di esecuzione del lavoro. Ci sono poi richieste bizzarre come quella di incordare il telaio secondo pattern specifici, aggiungendo o togliendo una corda, come pure talvolta chiedendo di deformare il telaio di qualche millimetro. Richieste non sempre semplici da accontentare, che talvolta rischiano di suscitare malumori da parte dei giocatori per scarsa attenzionesl alle proprie esigenze ma difficili da inquadrare in un piano di lavoro serrato e molto duro.

Può capitare qualche problema o un conveniente? Certo, assolutamente si, se è vera la massima che soltanto chi non fa non sbaglia e come è vero che talvolta qualche situazione di emergenza potrebbe capitare per una mancanza di comunicazione corretta ma anche per errori involontari del giocatore o dell’ incordatore.

Per gli appassionati più tecnici è interessante sottolineare che gli armeggi più utilizzati sono quelli fra i più tosti e agonistici presenti sul mercato, con calibri che si aggirano intorno a 1.30 mm a favorire durabilità e resistenza, che solo raramente scendono al di sotto del classico 1.25 mm. Da qualche anno, facendo tesoro delle ricerche e dei consigli dei tecnici delle racchette, molti giocatori fanno uso di incondature a calibri differenziati con la corda di diametro maggiore sulla verticale a massimizzare la presa di notazione e la sensazione di contatto con la palla. La tipologia di corda più utilizzata in questo tipo di tornei è sicuramente il mono filamento, prevalentemente a sezione tonda, quella che garantisce maggiore performance in termini di reattività e presa delle rotazioni sul medio breve periodo, dato che un ruolo fondamentale viene svolto dall’attrito fra le corde.

Pochi gli ibridi a base budello, che sono utilizzati dai giocatori con mag giore possibilità di spesa, mentre sono molto diffusi gli ibridi mono-mono con alternanza di sezioni sagomata su tonda, ma anche con combinazioni di tipologie di poliesteri differenti con la morbida generalmente utilizzata sulle orizzontali à per massimizzare il feeling, la sensazione di contatto con la palla e la potenza percepita.

TENSIONI? LA TENDENZA È A SCENDERE

Le tensioni? Come per gli appassionati, qui si potrebbe aprire un libro infinito dato che si va dai 12-14 kg utilizzati da alcuni doppisti sino agli sporadici 28 kg richiesti da pochi giocatori alla ri cerca del grande controllo; un confronto con quanto accade nei circoli – dove spesso si richiedono tensioni siderali alla ricerca del controllo credo possa essere interessante, soprattutto in considerazione alle potenze espresse. La tensione media adottata, è bene sottolinearlo si aggira attorno ai 21-23 kg ed è più bassa, anche in modo sensibile, a quanto richiesto dal passato. Le tensioni adottate nella maggior parte dei casi sono maggiori di un kg per le corde verticali, ma molti sono i tennisti che richiedono tensioni pari per verticali e orizzontali, alla ricerca di maggiore controllo, e in alcuni casi maggiori sulle orizzontali (22 kg ver ticale 23 kg orizzontale ad esempio) per chi ricerca il massimo controllo sui colpi di spinta. Differenziare le tensioni aumenta la possibilità di spostamento e con questa lo snap-back connesso alla generazione di potenza e rotazione sul la palla.

Anche le racchette meriterebbero una trattazione a parte, ma è bene mettere in evidenza che buona parte dei giocatori adotta telai le cui caratteristiche di peso, bilanciamento ed inerzia risultano più abbordabili di quelle utilizzate da qualche agonista di circolo mosso da puro spirito da «maschio alfa». Per formare ad alto livello è più importante che apparire nello sport e l’attrezzo deve essere uno strumento di massima performance piuttosto che una clava difficilmente gestibile.

Bellissimo e utile il confronto con qualche giocatore, molto spesso sudamericano, che incorda le racchette da solo per risparmiare il costo del servizio utilizzando macchine portatili del tipo Bartom o Pro-Stringer, con esiti qualitativi non sempre certi ma sicuramente efficaci in termini pratici e di risparmio; d’altronde il mondo dei tornei minori è anche questo e, come mi disse qualche anno fa un coach, oggi dobbiamo decidere se incordare o mangiare». Fu cosi che gli incordatori gli incordarono tre telai gratis e gli offrirono il pranzo… Anche questo è il tennis!