Grigor Dimitrov, intervistato in conferenza stampa dopo il suo match d’esordio nell’ATP 500 di Washington, ha dichiarato di avere l’intenzione di tornare presto in top 10, obiettivo che, secondo lui, è ampiamente alla sua portata
Grigor Dimitrov è un tennista che, nel corso della sua ormai lunga carriera, è riuscito ad ottenere risultati dalla notevole importanza: è stato numero 3 del mondo, nel 2017 ha vinto i titoli del Masters 1000 di Cincinnati e delle Nitto ATP Finals, è stato semifinalista a Wimbledon nel 2014, agli Australian Open nel 2017 e agli US Open nel 2019, potendo vantare ben 15 successi contro tennisti tra i primi 5 del mondo. Impegnato questa settimana nell’ATP 500 di Washington, il bulgaro ha esordito sconfiggendo Adrian Mannarino 6-1 3-6 7-5 e, negli ottavi di finale, sarà atteso dalla sfida a Sebastian Korda. Attualmente numero 19 del mondo, Dimitrov ha vinto 18 match a fronte di 13 sconfitte nel 2022, raggiungendo i quarti di finale nel Masters 1000 di Indian Wells e le semifinali nel Masters 1000 di Monte-Carlo. Intervistato in conferenza stampa dai giornalisti presenti al Citi Open, il nativo di Haskovo ha precisato che il suo obiettivo, per i prossimi mesi, è quello di migliorare le sua prestazioni al punto di poter tornare in top ten, nella quale manca dal 29 ottobre 2018.
“Devo dire che non penso di giudicare la mia carriera fenomenale – ha affermato Dimitrov -. Io guardo il mio successo da una prospettiva particolare: certamente, ho vinto grandi tornei, ho ottenuto ottimi risultati e ho sconfitto giocatori fortissimi, ma credo di dover e di poter tornare in alto, penso sia questo il mio principale obiettivo al momento. Sono stato nei primi 20 per tanto tempo, nei primi 10 per alcune settimane, ho un best ranking di numero 3. Ho già affrontato il processo di scalata delle classifiche e so cosa significa, al contempo so e sono convinto di esserne ancora capace. Devo solo portare ad un livello leggermente più alto la mia continuità, dipende tutto da me. È chiaro che a 31 anni la programmazione va studiata in maniera più consapevole e più accorta. Devo pormi alcune domande tipo: sarà il mio corpo in grado di reggere al massimo livello se gioco altre due settimane consecutive? di quanti tornei ho bisogno affinché, tra sei o sette settimane, il mio tennis potrà esprimersi al massimo delle sue potenzialità? È per questo che credo che sia importante imparare a gestire bene quei momenti di pausa che ci sono, ad esempio, subito dopo tornei tipo Wimbledon: bisogna essere intelligenti e svolgere dei compiti ben precisi. Ma, ripeto, il mio obiettivo è quello di tornare in top 10, penso sia più che fattibile per me. Del resto, non vedo motivo per cui non possa ottenere un buon risultato nei tornei importanti come gli Slam. L’ho già fatto in passato e posso rifarlo adesso. Se sarò in salute, farò di tutto per darmi alcune chance per far sì di tornare a vincere qualcosa di importante”.
Il bulgaro ha poi riflettuto sullo scorrere del tempo e sulle sensazioni che prova al pensiero di aver trascorso ormai 13 anni nel circuito. “La cosa bella del nostro sport è principalmente la diversità di tutti noi atleti l’uno dall’altro. Non ho mai voluto paragonare me stesso a nessuna delle leggende del tennis. Questi fenomeni come Novak [Djokovic], Rafa [Nadal], Roger [Federer] e Andy [Murray] fanno parte di un’altra categoria ed esercitano un’enorme influenza su tutti noi. Tutti li osservano e cercano di vederli giocare, di capire quali tecniche di recupero utilizzano, ma, per quanto mi riguarda, non è possibile imitarli perché sono persone completamente differenti da me. Ho una relazione di profonda stima con tutti loro e sicurmante tutti e quattro mi hanno insegnato qualcosa, al contempo sono stato fortunato nell’avere accanto un sacco di persone fantastiche che mi hanno indicato la strada e che hanno contribuito alla costruzione della mia attuale mentalità, senza mai esercitare una specie di costrizione nei miei confronti. Sin da quando ero bambino, i miei genitori non mi hanno mai obbligato a giocare a tennis, mai mi hanno costretto a fare qualcosa che non mi sentissi di fare. Ho preso da solo tutte le decisioni più importanti della mia vita e, adesso, mi guardo indietro con grande orgoglio, 13 anni nel circuito sono tanti e sono contento di essere stato qui per così tanto tempo. Sono anche stato fortunato nel non soffrire mai di particolari infortuni, quindi non ho mai dovuto saltare grandi tornei o prendermi lunghe pause. Sono venuto qui a Washington per la prima volta un decennio fa, è incredibile. Quando vado ad un torneo e mi dicono che sono lì per la tredicesima volta penso ‘O mio Dio’, e sorrido. Mi sento ancora come un ragazzino quando vengo ai tornei e penso sia la sensazione giusta, altrimenti perdi la passione e smetti di giocare”.