Il serbo ha scritto una nuova pagina della storia del tennis conquistando la medaglia d’oro ai Giochi Olimpici di Parigi 2024

L’ultimo capolavoro di un campione infinito. Djokovic puoi amarlo o odiarlo, e sono più quelli che non lo sopportano – per certe sue idee discutibili, per gli atteggiamenti da ultimate warrior, perché è stato il Terzo Uomo che ha rotto il duopolio Federer. Nadal – ma non puoi non ammirarlo. Non puoi non vederne la grandezza: tecnica, fisica, mentale, di cuore e di testa. E onestamente oggi in tribuna al Roland Garros si faceva anche fatica a non commuoversi, al termine di una partita enorme, la più bella dell’anno – e per Alex Corretja ‘la più bella diu sempre al meglio dei tre set – quando Nole è scoppiato in un pianto liberatorio, abbracciato alla moglie e a figli, la bandiera stretta in mano, la tensione di una vita che si scioglie, la pressione di una nazione che diventa amore definitivo.Nole ha completato il Golden Slam (i 4 Slam più l’oro olimpico) che era già riuscito in carriera a Agassi, Nadal e a Serena Williams, e nello stesso anno (1988) a Steffi Graf, e adesso può dirlo senza paura di essere smentito: il Più Forte sono io. L’oro olimpico era l’ultimo pezzo di immortalità che gli mancava, e ora l’elenco – parziale – dei suoi record fa davvero impressione: 24 Slam – fra i quali 7 Wimbledon, e comunque tutti almeno tre volte – tutti e 9 i Masters 1000 almeno due volte (40 titoli complessivamente) la Coppa Davis, le Atp finals (7 volte). Nessuno è stato più a lungo numero 1, 428 settimane, per tanti anni (13) e per tante volte a fine anno (8), nessuno ha battuto più top 10 (257), nessuno dei suoi grandi avversari, compresi Nadal e Federer, ha un bilancio positivo contro di lui, il Djoker infinito, che a 37 anni sbanca anche Olimpia, I confronti con il passato remoto sono inutili e impossibili; quelli con l’era Open, almeno da quando gli Slam sono diventati così importanti e il tennis è tornato a cinque cerchi, hanno invece un senso e da oggi anche un padrone. Questo trionfo l’ha sognato per tutta la vita e quest’anno lo ha pianificato, studiato, desiderato con tutto quanto aveva in corpo e nella mente.

L’infortunio al ginocchio subito proprio qui, a Parigi durante il Roland Garros, ha rischiato di compromettere tutto, ma Nole l’indistruttibile è riuscito a rimettersi in piedi in meno di un mese, a Wimbledon, fuori condizione, si è arreso si è arreso solo ad Alcaraz. Oggi se l’è ritrovato davanti, e stavolta non poteva perdere. Troppe motivazioni, troppa voglia di dimostrare di essere non ancora il numero uno, ma un numero unico, irripetibile, ineguagliabile. Basterebbero i due diritti incrociati stellari che ha piazzato nell’ultimo tie-break per dimostrarlo, le gemme di una partita durata quasi tre ore, due soli set che però sono sembrati cinque. Una vittoria fondamentale per Nole, ma anche per i Giochi, che con il trionfo di un fuoriclasse del genere possono ora accogliere definitivamente il tennis fra le discipline pienamente olimpiche. Nole è è sempre stato l’uomo contro, l’avversario giurato, a volte dei luoghi comuni, altre del buonsenso, comunque mai banale, mai scontato, mai pacificato. A lungo è stato il terzo incomodo – più odiato che amato – fra Federer e Nadal, oggi bisogna salutarlo come il campione immenso che perché ha dimostrato per l’ennesima volta di saper battere non solo i suoi coetanei, non solo gli avversari della generazione seguente alla sua, ma anche i suoi ‘nipotini’, come il 22enne Musetti in semifinale e il 21 enne Alcaraz in finale. E che nipotini. Sul gradino più alto del podio, finalmente libero, dopo che a mettergli l’oro al collo era stato il Presidente del Cio in persona, Thomas Bach – segno che questo, anche per le Olimpiadi è un oro importantissimo – non ha più pianto, ma ha sorriso e cantato guardando la bandiera della Serbia che saliva sul pennone. E chissà che non sia finita nemmeno qui, la carriera senza limiti e senza paura di Nova Djokovic.