Le parole di Lorenzo Musetti al termine del match vinto contro Gael Monfils, che raccontano anche le ultime intense ore vissute dal tennista di Carrara tra Umago e Parigi

Foto Ray Giubilo

«Oooh, Champs Elysèes…» Il Suzanne Lenglen è tutto un coro sulle parole della canzone di Joe Dassin, ma in campo la musica la suona Lorenzo Musetti: 6-1 6-4 e adieu a Gael Monfils, idolo di casa. Il tutto sedici ore dopo aver perso la finale di Umago contro Francisco Cerundolo.
«Era una sfida importante per me – dice il Muso – per riconfermare il bel momento che sto vivendo e andare oltre la finale persa amaramente ieri sera che poteva sfociare in stanchezza e in una performance non adeguata. Invece è successo tutto il contrario. L’avevo detto ieri che l’amarezza mi avrebbe dato una spinta in più, e così è successo. L’inizio è stato di fuoco, poi ho gestito bene il secondo set battendomi non solo contro Gael, ma contro parecchi francesi… Quindi è stato doppiamente bello, perché capisco il tifo, ma così no, i fischi all’ingresso erano veramente gratuiti. Volevo far capire che una bandiera ce l’abbiamo anche noi, e oggi l’abbiamo fatta valere sul campo, non a parole».

Una vittoria arrivata alla fine di una giornata che in realtà sono state due, considerato che Lorenzo ieri non ha praticamente chiuso occhio.
«A Umago ho finito il match alle 23,-23,30, poi fra stampa, doccia, cena, scarico, sono arrivato in stanza che erano le 2. Per fortuna ho una compagna che è una santa, e aveva già preparato le valigie. Per l’adrenalina del match non sono comunque riuscito a dormire, neanche con la melatonina, e oggi avevamo il volo molto presto, alle 8 da Pola, quindi un’oretta di macchina da Umago. Ci siamo svegliati alle 6, alle 9,45 sono arrivato all’aeroporto qui a Parigi, alle 11 finalmente in hotel, dove ho preso la prima volta la divisa azzurra e mangiato insieme alle ragazze della pallavolo, che alloggiano anche loro al Radisson. Mi i sono riposato mezz’ora, e sono venuto qui al tennis. Avevo il campo di allenamento prenotato alle 16, ma la Pegula (vincitrice del match precedente a quello di Lorenzo sul Suzanne Lenglen, ndr) stava già 6-3 2-0, diciamo che non mi ha aiutato… Mi sono scaldato appena un quarto d’ora ma forse è stata la mia fortuna, perché sono entrato in campo senza freni e anche per questo ho giocato bene. Ora però ho bisogno di un po’ di meritato riposo…».
Che non sarà tantissimo. «Non so nemmeno se sono programmato domani anche in singolo (contro l’argentino Navone, n.36 Atp, ndr), in doppio di sicuro. Un po’ di stanchezza c’è, lo ammetto. Per fortuna abbiamo uno staff molto professionale che sa come rimetterci in sesto al meglio».

Giocare a Umago è stata la scelta migliore, gli viene chiesto. «Dopo il Queen’s avevamo stabilito che se fossi andato oltre i quarti a Wimbledon avrei saltato la settimana dopo, perché con l’eccezione di quella di Eastbourne avevo giocato tutte le settimane da Marsiglia, quindi da febbraio a luglio. Avevo bisogno di una pausa, quindi Amburgo è saltato. Con il torneo di Umago invece avevo un contratto che dovevo onorare. Poi il fatto che le Olimpiadi non danno punti, per i tennisti, e specie per me che sto cercando di raggiungere i miei obiettivi, è importante. E la finale di Umago a fine anno me la ritroverò».
Una considerazione che può aver influito anche sulla scelta di Sinner?
«Onestamente non lo so, non posso giudicare dal di fuori. Se Jannik ha deciso così, vuol dire che non poteva venire qui a Parigi».