Nel 2016 da numero 772 del mondo arrivò a sfidare Federer, quest’anno Wimbledon lo riaccoglierà in doppio dopo qualche anno passato a posare mattoni
Willis con John Peers, vincitori al Challenger di Nottingham – foto Ray Giubilo
Do you remember Marcus Willis? Nel 2016 a Wimbledon, da numero 772 del mondo, vinse 4 match fra qualificazioni e tabellone – facendo le scarpe agli allora giovanissimi Medvedev e Rublev, prima di schiantarsi magnificamente in tre set, l’ultimo un 6-0, contro Roger Federer nel secondo turno del tabellone, dopo aver battuto al primo Ricardas Berankis.
La stampa british, sempre a caccia di eroi per un giorno, meglio se sconosciuti e provenienti dalla working class, gli diede del ‘cicciottello’ per via di una condizione fisica non proprio ideale, paragonandolo anche Cartman, uno dei protagonisti del cartone animato South Park, ma per una settimana seguì le sue imprese come quelle di una Cenerentola al maschile. Il necessario per imbastire una favoletta, del resto, non mancava.
Nato a Slought, un maleodorante sobborgo piazzato fra Heathrow e Londra, con la racchetta ci aveva provato per anni, rimediando quasi solo delusioni. Quando stava per mollare tutto e maestro di tennis in un oscuro circolo americano, aveva incontrato Jennifer Bate. La donna della sua vita, dentista con un matrimonio fallito e due figli sulle spalle che l’aveva convinto a riprovarci, a non mollare. «E io ho fatto quello che mi ha detto», spiegò allora il campione della Little Britain.
Federer e Berdych lo indicarono come un esempio da seguire, Goran Ivanisevic, più pragmaticamente, gli suggerì di «ubriacarsi e ritirarsi appena finito il match» con il Genio.
Marcus in realtà ha continuato a provarci, ma dopo l’apoteosi di un match sul Centre Court nel quale, nonostante la sonora batosta, per tre era sembrato lui la vera stella, confezionando anche un lob in corso dubito eletto a ‘colpo del torneo’, non gli è andata benissimo.
Risultati scarsi, tornei da minori a molto minori, un infortunio alla spalla che presto lo ha costretto a farsi delle domande. E a darsi una risposta.
«Dopo aver ritirato 30 euro di premio in un Itf in Grecia – ha raccontato a The Boodles – ho pensato: ho una famiglia, non posso continuare così. Non volevo smettere, ma ho dovuto farlo». Prima della pandemia aveva fatto il maestro negli Stati Uniti, a Londra, e nella sua città natale, Warwick. «Ma durante il Covid l’attività di allenatore di tennis non era consentita e il mio affitto era in aumento. Mi sono andato al Tesco vicino a casa mia, ma non avevano posti disponibili. Mio cugino invece mi ha gentilmente offerto qualche ora di lavoro come muratore e mi è piaciuto molto. È stato piuttosto terapeutico».
Dal lob che fece sobbalzare il Centre Court, alla posa di asfalti e sanpietrini. Ma senza mai perdersi d’animo, dimostrando umiltà, senso dell’adattamento e tenacia. Il tennis Markus il cicciotello comunque non lo ha mai dimenticato, anzi. Nel 2021, dopo un’esibizione, un amico di famiglia, l’imprenditore Steve Bennett, si è offerto di aiutarlo a rientrare nel giro, e Willis ha deciso di provarci da doppista. Rientrato ufficialmente ne luglio 2022, fino al dicembre dello scorso anno ha vinto sette Challenger, con cinque partner diversi. E ora che è risalito al numero 95 del mondo di specialità, tornerà a Church Road grazie a una wild card. «L’idea era di risalire fra i top 100 e negli Slam nel giro di tre anni, sto iniziando a guadagnarmi da vivere con il doppio e il prossimo passo sarà trovare un partner fisso. Non so dove sia il mio limite, questo è il punto. Fin da bambino appena potevo palleggiavo per ore contro il muro di casa, immaginando di giocare contro Pete Sampras a Wimbledon. Sarebbe stato più facile trovare un bel lavoro e andare in pensione, ma sono sempre stato ossessionato dal tennis e credo sia per questo che sono ancora qui».
A 33 anni, rinfrancato dall’affetto dei fan («è bello incontrare tanta gente che ricorda quel match contro Federer»), Markus assicura che grazie all’aiuto di un preparatore fisico e di una dieta ora è al massimo della forma: «E’ difficile fare un paragone con prima, perché ho messo su muscoli. L’ultima volta che mi sono pesato ero 93, 94 kg, ma sono salito anche a 115 e poi sono sceso a 91 kg. Come atleta professionista, non mi sono mai sentito meglio». Vai Markus, sei tutti noi, cicciottelli e no.