di Gabriele RivaQuel “Warning Mr Davydenko” ha fatto drizzare le orecchie a molti
di Gabriele Riva

Quel “Warning Mr Davydenko” ha fatto drizzare le orecchie a molti. Per diversi motivi di contorno, per la stessa ragione di base. Primo fra tutti proprio lui, Nikolay. Jean Philippe Dercq, arbitro belga che stava sul seggiolone durante l’incontro di secondo turno tra il russo e il croato Mario Cilic ha visto di cattivo occhio l’andamento della partita: 6-1 Davydenko in 27 minuti, fin troppo facile, poi tanti errori negli altri due set (persi!), compresi quei 10 doppi falli del numero 4 del mondo che hanno fatto prendere la decisione al giudice di sedia: ammonizione per scarso impegno! “E’ stato come dire che ho fatto quegli errori per perdere apposta, è un insulto. Non ci volevo credere”, ha detto il russo. “Mi sono talmente infuriato che mi sono messo a piangere” ha aggiunto di fronte al supervisor del torneo. “Com’è possibile che l’arbitro sappia quello che mi gira per la testa?”. Certamente il clima che si è venuto a creare attorno ai presunti casi di match accomodati nel tennis ha fatto la differenza più dei continui doppi errori.

Il fatto che proprio Davydenko abbia, volente o nolente, acceso quella miccia con l’ormai famoso match di Sopot contro Vassallo Arguello lo mette oggi nel centro del mirino. Chiamateli sospetti, chiamateli pregiudizi, chiamatele precauzioni, chiamatele come volete ma qualcosa di strano c’è. Ora, pensare che Davydenko, nel bel mezzo della caccia al ladro di marmellata si metta a frugare nel barattolo della fragola a piene mani sembra improbabile. Sorpreso anche Cilic, che tra l’altro aveva già battuto il russo nell’unico precedente in Cina il mese scorso: “Non credo non ci stesse più provando a vincere il match, ha perso concentrazione e ha cominciato a sbagliare di più, io ovviamente ne ho approfittato. All’inizio era molto difficile perché giocava vincenti praticamente da ogni angolo del campo e io non sapevo più cosa fare”. Ma allora come si spiega questo calo improvviso? “Semplice – taglia corto il diretto interessato – ho cominciato a sentirmi stanco, ero morto alla fine del terzo set”. Difficile non credergli, anche perché di match che sembrano finiti e che poi invece cambiano di mano incomprensibilmente n’è piena la storia. Quella del tennis e dello sport in generale, non degli scandali.