dal nostro inviato a Roma Enzo Anderloni – foto Ettore Ferreri Due “non notizie” fanno una notizia? Di solito no. Nel caso delle due semifinali zoppe degli Internazionali 2008, la notizia invece prende corpo: Stanislas Wawrinka, 23 anni di Losanna, comunque vada il match di finale con Novak Djokovic, da lunedì sarà tre i primi 10 giocatori del mondo. E questo significa che per la prima volto nella storia la Svizzera, che noi pensiamo ci batta solo in fatto di cioccolata ed orologi, avrà due tennisti Top 10. E’ un’altra riconversione dello sport rossocrociato, già passato dai fasti dello sci e dell’hockey su ghiaccio a quelli della vela (la Coppa America conquistata da un Paese che al massimo ha dei laghetti) e ora del tennis, capace di esprimere un fenomeno assoluto come Roger Federer (e questo può essere casuale) ma anche un altro top 10, ottimo giocatore, ma non più di un Seppi o di un Bolelli. Niente che non si possa esprimere anche 300 kilometri più a sud. Come numeri e come tradizione tennistica la Svizzera non vale la Lombardia. E dunque forza, milanesi e pavesi, varesini e comaschi, lodigiani e cremonesi. Un Federer nasce così, come un porcino da 10 chili in una notte magica. Un Wawrinka ce lo avete già in casa di sicuro. Basta farlo giocare a tennis invece che a calcio o a basket o a pallavolo. E se già gioca a tennis basta farlo lavorare con un coach e preparatore fisico di esperienza e qualità, capaci di crescerlo con la mentalità corretta. Capaci di fargli capire che finchè è numero 50, o numero 30 , ma anche 20, non ha combinato niente. Come Wawrinka, che in questo torneo ha battuto gente straordinaria (Safin, Murray, Ferrero, Blake) eppure anche domani sarà il signor Nessuno, con un Federer davanti. E dunque probabilmente non si accontenterà nemmeno di essere entrato tra i primi 10 del mondo. Cosa che a un italiano non succede da 30 anni esatti. La pagella di domenica 4 maggio La pagella di sabato 3 maggio | ||
Roma 2008 – Sabato 10 maggio: tennis, orologi e cioccolato
dal nostro inviato a Roma Enzo Anderloni
– foto Ettore FerreriDue
“non notizie” fanno una notizia? Di solito no