da New York, Federico Ferrero
Foto Ray Giubilo
Early show – Con buon anticipo sul Late Show di David Letterman, storico programma di intrattenimento della CBS, Novak Djokovic e Radek Stepanek hanno offerto un degnissimo spettacolo pomeridiano sul centrale di Flushing Meadows. Quattro ore e quarantaquattro minuti di emozioni che hanno rischiato seriamente di far perdere al torneo il rivale tecnicamente più insidioso di Roger: l’ex fidanzato di Martina Hingis si è trovato avanti di un break nel quarto set (e per due set a uno) con Nole che aveva già accusato varie defaillances fisiche (così le avrebbe raccontate nel dopopartita: “Ho avuto crampi a una gamba, poi all’altra, poi male alla schiena, poi c’era Radek, poi male alla testa…” L’intervistatore ha dovuto interrompere la sequela di lamentazioni tra il serio e il faceto di Novak, che ha aggiunto: “Sono totalmente esausto, non ho più una goccia di energia. Prima mi sono annusato le scarpe e puzzavano!”. E’ finita al tie-break decisivo, nel quale Djokovic ha sbagliato un solo colpo a partita ormai risolta in suo favore. Sorrisi anche per un ex (?) antipatico doc come Stepanek, che ha scherzosamente aizzato il pubblico, ha saltellato come un grillo e fatto il verso allo zoppicante Nole quando il serbo si trascinava la gamba dolorante da un lato all’altro della sua metà campo.
Il 6-7 7-6 5-7 7-5 7-6 col quale Nole si è scrollato di dosso Radek eguaglia il record della partita con più game giocata a New York dall’introduzione del tie-break: 63 giochi, così come quelli che servirono nel 1979 all’ex marito di Chris Evert John Loyd per battere nel secondo turno l’australiano Paul McNamee. Il record incondizionato del quarto Slam della stagione – 100 giochi – appartiene invece allo statunitense Franklin Robbins che sconfisse nel primo turno del 1969 Dick Dell col punteggio di 22-20 9-7 6-8 8-10 6-4.
Incontri ravvicinati del terzo tipo – Il manager sudafricano Etienne de Villiers, mai troppo stimato amministratore delegato dell’Atp, si è fatto vedere per la prima volta quest’anno nel Nuovo Continente per confermare le novità del calendario del grande tennis. Modifiche e innesti, a sua detta, pensati per venire incontro alle esigenze dei tifosi. E’ confermata l’esclusione di Amburgo dagli otto grandi tornei, gli Open 1000, la presenza sulla soglia di Monte Carlo (che non farà parte degli otto ma manterrà in sostanza il suo status perché, spiega De Villiers, di fatto non c’è bisogno di renderlo mandatory, obbligatorio giacché tutti gli europei già lo giocano e tanti non europei – statunitensi in primis – già lo snobbano). Pugno duro per chi si sottrae agli otto grandi tornei (sospensione per l’evento successivo con aumento di pena in caso di recidiva, decurtazione punti e bonus) e per chi viene ‘beccato’ a scommettere. Il torneo di Madrid tra due anni sarà spostato tra l’appuntamento di Roma e lo Slam Parigi e alla federtennis azzurra l’Atp chiederà di rendere combined l’evento del Foro Italico (maschi e femmine in contemporanea) per spostarlo dopo Madrid a partire dal 2011. Particolarmente divertente il passaggio della conferenza stampa in cui l’ex top manager della Disney Corporation ha spiegato le nuove iniziative che l’Associazione promuoverà per l’educazione sportiva dei giocatori (insomma, per chiedere loro di comportarsi bene, di non scommettere e di non fare i furbi): “Continueremo a educare i giocatori, abbiamo nuovamente istituito la Disney University, la università dell’Atp”. Come, scusi? “La tenevamo già alla Disney, e i miei vecchi colleghi ne sono entusiasti: i giocatori trascorreranno tre giorni alla Disney University (a Orlando, in Florida ndr) per imparare i valori fondamentali del nostro sport e apprendere la maniera corretta di comportarsi”. E perché non un corso accelerato per imitare alla perfezione le movenze di Paperoga?
Safin clochard a Mosca? – Marat Safin dominato da Stanislas Wawrinka purtroppo non fa più gran notizia. Sette anni fa campione a New York, oggi Safin è un atleta maturo uscito definitivamente, a quanto pare, dal tennis che conta. Un giornalista gli ha domandato: “Quando vincesti qui nel Duemila Sampras disse che avresti potuto raggiungere la vetta del ranking e tenerla a tuo piacimento. Pensi di poter tornare al top?” La risposta di Marat è stata degna della sua fama: “Vedi, anche i geni sbagliano. Si era sbagliato”. Il fatalista Safin sta lavorando da un mese e poco più con l’ex arrotino argentino Hernan Gumy e non vuol sentire parlare, comunque sia, di fallimento: “Continuate a chiedermi quante volte volete perché non ho vinto cinque Slam, dieci Slam e invece ho solo due titoli e due finali. Lo ripeto: se pensate a me quando avevo diciassette anni, non avevo un soldo e mia madre mi diede cinquecento dollari per andare al Roland Garros per cercare di racimolare qualche soldo… Ecco, se pensate che sono partito da zero e ho raggiunto quello che ho ora, bè, non è poco. Potrei aver fatto chissà quale fine a Mosca, essere finito a fare chissà cosa. Invece sono qui mentre mi ponete delle domande graziose, per cui credo di aver fatto delle buone cose nella mia carriera”. Sarà, caro Safin, ma ci piacevi quando eri meno accomodante, meno saggio e più vincente.
Doppio, mezza gioia – Dividendo il campo con Gisela Dulko la nostra Maria Elena Camerin ha scosso il tabellone di doppio femminile battendo le teste di serie numero uno e campionesse quest’anno agli Australian Open e a Wimbledon Cara Black e Liezel Huber. Qualche briciola di soddisfazione sul cemento funesto di Fluhing Meadows non ci viene negata.
Bring the boy back home – Tim Henman ha dato l’addio al tennis giocato per sé perdendo un match che non resterà nei libri del tennis contro Jo-Wilfried Tsonga. Panda Timbledon – che chiuderà definitivamente a settembre con lo spareggio di Davis a Wimbledon contro la Croazia – non è tornato sulle critiche rivolte dalla stampa specializzata di casa sua, che in sostanza gli rimproverava di non aver conquistato neanche una finale in un major, al contrario ha parlato volentieri di una specie in via di estinzione, l’attaccante. “Sono stato un giocatore da serve&volley genuino, mentre oggi c’è gente che tira la prima a tutta e si butta a rete, se poi c’è da colpire la volée la si fa”. Ancora: “Con le superfici e le palle che ci sono (1) diventa sempre più difficile attaccare, viene insegnato sempre meno questo tipo di gioco e nessuno viene più incoraggiato a praticarlo. E’ triste perché tutti sanno che il contrasto di stili è ciò che rende un match spettacolare. Se il serve&volley e il chip&charge (2) spariranno del tutto dal tennis sarà un vero peccato”.
(1) Argomento scottante, quello del complotto a danno dei volleatori: se ne parla sul numero di settembre della rivista a proposito dell’erba ‘truccata’ di Wimbledon… Peraltro Henman, tra i più aspri critici del rallentamento doloso dell’erba dei Championships, anche oggi non ha esitato a definire quelli di Flushing Meadows i campi tra i più veloci rimasti in circolazione. Se il cemento, un tempo superficie media per definizione, viene giudicato rapido allora è proprio vero: i terreni sono diventati troppo lenti.
(2) Letteralmente, per chi non lo sapesse: “taglia e carica”, cioè rispondi con un colpo tagliato – solitamente il rovescio in backspin – e attacca andando a rete.