da New York, Federico Ferrero   Foto Ray GiubiloFebbre a novanta – Sono le undici del mattino quando Richard Gasquet dà un dispiacere agli appassionati di tennis: la sfida con Donald Young non ci sarà
da New York, Federico Ferrero
  Foto Ray Giubilo





Febbre a novanta – Sono le undici del mattino quando Richard Gasquet dà un dispiacere agli appassionati di tennis: la sfida con Donald Young non ci sarà. Riccardino si presenta in sala stampa e racconta: “Questa mattina ho provato ad allenarmi ma da ieri ho la febbre. In queste condizioni non riesco a giocare tre set su cinque, è impossibile”. Gasquet, ha spiegato il suo coach Eric Deblicker, si è beccato una tonsillite che gli ha abbattuto le difese immunitarie, fiaccando forza e resistenza. Young, dal canto suo, ringrazia: “Avrei preferito vincere giocando, è ovvio. L’ho visto questa mattina negli spogliatoi, lo avevo visto ieri in allenamento, mi sembrava stesse bene”. E invece no. Ma i regali non finiscono qui per il coccolato Donald, che nel tardo pomeriggio ha assistito alla disfatta di Igor Andreev per mano di Feliciano il Bello, Lopez. Sì, perché sarà lo spagnolo a incrociare la racchetta, in un’altra sfida mancina per Young dopo quella all’esordio con Guccione, con il nipotino in potenza di Arthur Ashe. Non è una sfida impossibile.

Raf a vuole Fabbiano! – “Devo tenere duro col ginocchio finché non arriva Fabbiano”. L’uomo dell’Atp Vittorio Selmi ha svelato questa simpatica uscita di Rafa Nadal che a Wimbledon si era scherzosamente lamentato per la partenza di Thomas Fabbiano (nella foto a sinistra, l’azzurro impegnato lo scorso anno proprio nella prova junior dello Slam americano) da Londra prima della sua finale contro Federer. Nadalito si era allenato con il giovane azzurro sui court di Church Road e gli aveva portato bene. Ora che il tendine del ginocchio sinistro gli procura evidenti fastidi il re di Parigi sta aspettando l’arrivo di Fabbiano, impegnato nel torneo juniores, per riavvicinare il suo portafortuna ufficiale. E arrivare in finale anche a New York.

Tamira fa tremare – Leonessa Schiavone ha lottato e ruggito senza successo contro la baby allieva di Larri Passos, Tamira Paszek. Francesca è rimasta aggrappata al match dando però l’impressione di subire troppo la pesantezza del palleggio dell’austriaca e la grinta non è stata sufficiente a tenerla a galla. Francesca ha inaugurato suo malgrado una giornata funesta per il tennis italiano…

Gi&ugrav e; la testa – Bei colpi, gioco smart, tre set a zero per l’altro. Dovessimo utilizzare Simone Bolelli come testimonial della qualità tecnica del tennis italiano faremmo bella figura. Contro baby face Berdych il bolognese (di Budrio) ha sciorinato le sue pistolettate raccogliendo tanti applausi; difficile però sperare di spuntarla se di fronte hai qualcuno che pratica all’incirca il tuo tennis sull’uno-due ma lo fa meglio. Ecco spiegato il 7-5 6-3 6-3, il saldo +1 di vincenti ed errori diretti dell’azzurro (26 a 25) e il +28 del ceco (34-6). Berdych non ha mai concesso un palla break, Simone otto (quattro delle quali sono state fatali). Se non sposti il lungagnone e giochi ‘a specchio’ si danno cinque casi: o Tomas è in una di quelle giornate un po’ così, o sei Federer, o sei Nadal, o sei Djokovic o perdi. “Non è che potessi chiedergli di servire la seconda palla – ha scherzato in conferenza stampa – però fino al cinque pari del primo set c’è stato equilibrio. Lui tira molto forte e piatto, è difficile alzare la palla e cercare traiettorie alternative”. Resta, Simone, l’unico ad aver passato un turno sul cemento yankee: chiedergli di battere il numero nove del seeding si poteva?

Si torna a casa – Con la sconfitta, ampiamente prevedibile, di Flavia Pennetta contro una Nicole Vaidisova di nero e succinto abbigliata dal suo sponsor Reebok la spedizione italiana a Flushing Meadows toglie le tende al giovedì della prima settimana. L’abitudine alle trasferte-batoste negli Slam è consolidata (ma non andava tanto male in un major da tredici anni) e il patriottismo ha poco o nulla a che spartire con la realtà degli Slam, tornei nei quali l’Italia non riesce dall’età della pietra a piazzare con costanza campioni (che non ha) in lotta per il titolo. Qui ce ne andiamo con un bilancio di tredici atleti in gara, sette fuori al primo turno e sei al secondo. Se da metà torneo – quando va bene – in poi i giornalisti italiani non fossero cronicamente costretti a glorificare ragazzi ciprioti, svizzeri, spagnoli, cechi e poi russe, slovacche, belghe, statunitensi, francesi e serbe la vita sarebbe più facile per tutti: gli editori manderebbero più inviati, il tennis conquisterebbe più spazio, chi scrive di racchette sui quotidiani non si dovrebbe scervellare per convincere la redazione a ritagliare uno spazio al nostro sport. The end.

Petitio contra vocem – Sovrappeso, occhialuto, parzialmente sepolto da bicchieroni di bibite e piattoni di schifezze made in Usa. È lo speaker della sala stampa che si diletta, tra una masticata e l’altra, a chiamare a raccolta i giornalisti per le conferenze stampa e gli annunci di prammatica. Lo sforzo per interpretare parole straniere è nullo: Bolelli è Bolì, le giocatrici francesi risultano incomprensibili; per contro An-ni Uàdik è Andy Roddick.