di Giorgio Spalluto – foto Getty Images
Dopo Basilea, Djokovic ammutolisce un altro palazzetto dello sport, il “Palais Omnisports” di Bercy ribollente di entusiasmo per la strenua difesa operata dall”enfant du Pays”, Gael Monfils, finalista più che a sorpresa, di un’edizione del Master1000 casalingo che difficilmente dimenticherà.
Il molleggiato e funambolico transalpino è stato bravo a riaprire più volte un match che sembrava essere terminato dopo appena 40 minuti, sul punteggio di 62 30 per il serbo, a dir poco dominante fino a quel momento e autore di una prestazione molto simile a quella che gli aveva permesso di travolgere il giorno prima Rafael Nadal, tramortito da un inequivocabile 62 63. Quando sembrava che il titolo fosse già in cassaforte, cominciavano ad apparire nella testa del serbo i fantasmi delle 4 finali di Master1000 perse nel 2009. All’improvviso la luce si spegneva e con 3 errori di dritto Nole regalava a Gael il controbreak e l’opportunità di riaprire un match, fin lì, senza storia. Il furore agonistico di Monfils rianimava e gasava il folto pubblico assiepato sugli spalti, che da quel momento in poi diventava attore protagonista e trascinava il suo beniamino al set decisivo. Anche nell’ultimo parziale Nole provava a scappare, prima 2-0 e poi 4-1, subendo l’ostinata rimonta del francese, molto più efficace al servizio rispetto all’inizio del match, in cui preferiva un’alta percentuale di prime per evitare che il serbo prendesse subito in mano le redini del gioco, sin dalla risposta.
Si giungeva così al tiebreak, con Nole che non poteva che tornare indietro con la mente all’epilogo della semifinale di Madrid, che ha segnato in maniera evidente il prosieguo della sua stagione; anche in quel caso fu costretto a giocarsi tutto al tiebreak, al termine di una maratona, con una bolgia infernale a trascinare il suo avversario, Nadal. A differenza di quanto accaduto a maggio, Nole è stato bravo a cancellare le scorie negative delle tante occasioni sciupate in precedenza, costruendo il successo grazie a tre puntuali discese a rete, coronate dal doppio fallo finale di Monfils. L’esultanza alla Pippo Inzaghi, diceva tutto della tensione accumulata dal giocatore serbo nel corso del match e sfogata nel caloroso abbraccio ai numerosi componenti il suo clan, per una volta occupato contemporaneamente sia dalla sua ragazza (Jelena) che dai genitori.
Per la prima volta in carriera Djokovic si aggiudica 2 tornei consecutivamente, battendo peraltro i primi 2 giocatori del mondo (Federer in finale a Basilea e Nadal a Parigi), e ipoteca il 3° posto finale nel ranking (Murray è staccato 1280 punti). Per Nole, quella giocata a Bercy, è stata la 10° finale di una stagione in cui era sempre venuto a mancare l’acuto importante.
In particolare nei Master1000, i suoi sogni di gloria si erano infranti per 4 volte in finale (Miami, Montecarlo, Roma e Cincinnati), senza peraltro avere molto da recriminare, visto che a batterlo erano stati 2 volte Nadal (sulla terra monegasca e romana) e una volta ciascuno Murray e Federer, sul cemento americano.
Sembrava che le ambizioni del serbo non potessero che arrestarsi, per dirla
alla Don Backy, ad un passo dal Paradiso. Non restava che accontentarsi dei
successi nel torneo di casa (Belgrado) e nei tornei 500 di Dubai (disertato dai
tutti i migliori) di Pechino e Basilea. Proprio l’ultimo hurrà in
casa di Re Roger aveva rappresentato una certa inversione di tendenza per Nole,
capace di guastare la festa a un Federer comunque non impeccabile. Il cammino
oltremodo periglioso che aveva dovuto affrontare nei turni che avevano
preceduto la finale (a 2 punti dalla sconfitta contro Wawrinka, e costretto ad
annullare 3 matchpoint a Stepanek), aveva lasciato qualche dubbio sulla reale
affidabilità del numero 3 del mondo. L’esordio a Bercy non aveva
certo contribuito a fugare queste perplessità; opposto a un Juan Monaco,
sicuramente non a suo agio sui campi indoor, sul 63 20 in suo favore, avevo
gigioneggiato un po’ troppo e concesso al suo avversario, non solo il
controbreak, ma addirittura 5 giochi di fila e 2 set point, non sfruttati,
però, dall’argentino arresosi 63 75. Nei giorni successivi il
serbo si liberava agevolmente di Clement (doppio 62) ed estrometteva dalla
corsa al Master Robin Soderling, al termine di un match molto combattuto in cui
ammetteva, nell’intervista post-partita, di essere fisicamente
“morto” ed esausto per via di una stagione infinita che lo aveva
visto scendere in campo, fin lì, in ben 92 occasioni.
Chi si
attendeva un Djokovic spento in semifinale contro un Nadal uscito vivo per
miracolo dai primi 2 incontri (5 match point annullati ad Almagro, e a 2 punti
dalla sconfitta con Robredo che aveva servito per il match) ma in gran spolvero
contro Tsonga, ha dovuto ricredersi di fronte alla superba prestazione del
serbo, implacabile al servizio e straordinariamente continuo
nell’affondare i colpi da ogni angolo del campo, anche in condizioni di
scarso equilibrio. E’ proprio la supremazia messa in mostra contro il
miglior Nadal visto all’opera da molti mesi a questa parte (confermata in
finale fino al 62 30), a dover spaventare i suoi principali concorrenti in
vista del Master di Londra.
L’unica incognita è rappresentata dalle condizioni fisiche con cui il serbo si presenterà alla kermesse londinese. Djokovic, infatti, è l’unico dei primi 5 giocatori a essersi disimpegnato in 4 tornei post US Open (vincendone 3 e perdendo in semifinale a Shanghai 7-6 al terzo con Davydenko). Federer e Murray, che dovevano essere rinfrancati dalla pausa di 6 settimane, lasciano l’ultimo Master1000 stagionale con più dubbi che certezze. Se Roger sembra difettare di sufficienti motivazioni (la sconfitta subita all’esordio contro Benneteau è difficilmente spiegabile altrimenti), lo scozzese (battuto negli ottavi da Stepanek) è sempre alle prese con problemi di carattere fisico che potrebbero condizionarne il rendimento alla O2 Arena. Paradossalmente a uscire meglio dal torneo parigino è il giocatore meno atteso alla vigilia, quel Rafael Nadal, più che miracolato nei primi soffertissimi 2 turni, ma tornato a far vedere sprazzi di bel gioco del campione che fu contro Tsonga. Il Master non è mai stato il torneo di elezione del maiorchino, giunto sempre alla fase finale della stagione con le pile scariche. Chissà che la pausa forzata dovuta ai cronici problemi al ginocchio, non abbia giovato al “Nino” di Manacor, la cui stagione vivrà un’appendice più che mai gradita, nella finale di Davis in programma dal 4 al 6 dicembre a Barcellona. In occasione del match contro la Repubblica Ceca, Nadal avrà anche l’opportunità di rimpinguare il suo bottino in una classifica che, a sorpresa, non lo vede ancora tagliato fuori dalla corsa al primo posto. Questo, insieme a tanti altri, sarà uno dei principali motivi di interesse di un Master che, mai come quest’anno, si profila incerto e appassionante.
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Gli Highlights della finale