di Andrea Merlo – foto Getty Images
La “Fiera del break” ha aperto in concomitanza con la “Sagra dell’errore gratuito” la nona giornata dello Slam downunder. L’appetizer tennistico del menù di quarti di finale tra Justine Henin e Nadia Petrova è stato – in tutta onestà – un match poco coinvolgente, che di certo non finirà sugli annali di questo sport nonostante le ottime premesse della vigilia. La russa infatti doveva confermare l’ottimo livello di gioco che le aveva permesso di demolire la Clijsters e surclassare la Kuznetsova, mentre dalla belga ci si aspettavano le consuete geometrie, disegnate da quel rovescio tanto caro all’occhio dello spettatore. L’unica incognita per la ex numero uno del mondo riguardava le condizioni fisiche, dopo la maratona nel derby vinto con la Wickmayer. Invece è stato un incontro nervoso, in cui il timore di sbagliare ha superato la tentazione di prendere l’iniziativa. Al quinto gioco del set iniziale arriva il primo dei sei break che testimoniano le notevoli difficoltà al servizio da parte di entrambe le contendenti. La Petrova esordisce con due doppi falli, poi tenta di rimontare un parziale ormai compromesso e sul 30-40 commette un ulteriore doppio errore in battuta che permette alla belga di allungare sul 3-2. Anche la Henin però non convince al servizio, e così sul 4-3 in proprio favore concede il contro-break appoggiando una volée in corridoio sul 15-40. La frazione segue poi un flusso regolare sino al tie-break, dominato dalla Henin che trova l’allungo sul 3-1, vola 6-1 grazie a una bella volée e a due errori grossolani della Petrova, prima di chiudere 7-3. Lo svolgimento della seconda frazione è lo specchio dell’attuale condizione delle due giocatrici, con la russa che domina i primi game conquistando un doppio break ma dimostra di non possedere il cosiddetto “killer instint”, permettendo così il ritorno della belga che dopo una sfilza di errori a dir poco inusuale riequilibra lo score sul 3-3 sfruttando la quarta palla break del sesto gioco. A questo punto il livello si alza leggermente, si vedono le consuete fiammate di rovescio della Henin mentre la Petrova ritrova la prima di servizio, potente e precisa. Quando sembra scontato dover assistere a un altro tie-break come epilogo del set la Henin piazza la zampata vincente e grazie a un bel cross di diritto chiude 7-5 e conquista la semifinale.
A incrociare la racchetta con Justine Henin sarà Jie Zheng, uscita vincitrice dal quarto di finale che non ti aspetti. Sarebbe stato infatti arduo per qualsiasi scommettitore ipotizzare la sfida Zheng-Kirilenko in uno spicchio di tabellone caratterizzato dalla presenza di una fitta schiera di top-player, capitanate da Maria Sharapova. Per le due giocatrici si trattava quindi di un’occasione forse irripetibile, ma di certo la Zheng l’ha sfruttata appieno, mentre la russa è scesa in campo timorosa e molto legata. La cinese inizia a bombardare l’avversaria dal primo quindici, dimostrando buona mano e una rapidità sul campo che compensa egregiamente le leve non eccessivamente lunghe. Dopo aver rispettato l’ordine dei servizi in apertura la Kirilenko sprofonda nel gioco e nel punteggio, tentando di variare altezza e rotazione di palla, ma l’avversaria è in giornata di grazia e impone un ritmo vertiginoso. Sotto 6-1 la “bella” Maria accusa il riacutizzarsi di un dolore all’anca ed è costretta alle cure del fisioterapista. Quando rientra in campo è evidente che le condizioni fisiche continuano a non essere ottimali, la Zheng non fa complimenti e chiude 6-3, conquistando la seconda semifinale in uno Slam dopo Wimbledon 2008, portando lustro a una Federazione cinese dalla quale lei ha deciso di emanciparsi tempo addietro.
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