di Giorgio Spalluto – foto Getty Images
Esattamente dieci anni or sono si affacciava per la prima volta su un proscenio importante, un giovanissimo Andrew Stephen Roddick. Numero 1 a livello junior, A-Rod si presentava a Miami, forte del titolo conquistato agli Australian Open (battendo Ancic) senza peraltro mai perdere un set, divenendo il primo americano a vincere gli “Australian juniors” dai tempi di quel Butch Buchholz (1959), a cui si deve la creazione ed il prestigio di quello che viene unanimemente considerato il 5° slam del circuito. Proprio Buchholz, che con l’edizione di quest’anno dice addio a Miami, ed a cui è stato giustamente intitolato il trofeo degli uomini e delle donne, è stato uno dei destinatari dei ringraziamenti finali di Andy Roddick. Nel 2000 fu proprio Butch a regalare una wild card al giovane yankee che proprio a Miami ottenne il primo successo in un torneo del circuito maggiore, ai danni di Vicente, prima di essere stoppato da un certo Andre Agassi, 6 volte vincitore di questo stesso torneo. Sempre in Florida si era imposto all’attenzione generale nel 2001 quando sconfisse il numero 1 del mondo Marcelo Rios ed il numero 4, un certo Pete Sampras.
Con il successo odierno l’americano diventa il quinto giocatore ad aggiudicarsi almeno 2 volte il titolo di Miami, dopo quello conquistato nel 2004 in finale su Coria. Oltre al Kid di Las Vegas ci erano riusciti prima di lui, Sampras (3 volte), Federer e Lendl (2).
L’ultimo trionfo in un Master1000 risaliva addirittura al 2006, precisamente a Cincinnati, dove sconfisse Juan Carlos Ferrero. Da allora l’americano era sembrato intraprendere una parabola discendente cui ha deciso di ribellarsi poco più di un anno fa, rimettendosi in gioco e affidando la sua carriera a Larry Stefanki, un vero e proprio guru che ha riportato Andy laddove neanche i suoi più strenui sostenitori immaginavano potesse tornare. Solo due settimane fa aveva fallito l’appuntamento con l’unico grande torneo americano che gli mancava, Indian Wells, lui che ha vinto Us Open, Miami, Cincinnati, San Josè, Memphis, Washington ed Indianapolis. Per una volta non aveva di fronte il solito Federer o uno dei suoi tanti pseudo-eredi, ma l’apparentemente abbordabile Ivan Ljubicic. Così come non impossibile era l’avversario odierno, l’eterno incompiuto Tomas Berdych, tornato ad esprimersi ai suoi livelli dopo diversi anni di letargo.
Come nella semifinale vinta con Nadal, ha lasciato che il suo avversario si sfogasse nei primi game, prima di irretirlo a suon di back in contropiede che hanno come anestetizzato il povero ceco. Eppure Berdych è colui che per primo, mette in difficoltà l’avversario, portandosi sullo 0-30 sia nel secondo che nel sesto game. Proprio in questo frangente, però, non riesce a rispondere a due seconde tutt’altro che impossibili dell’americano che, cavatosi d’impaccio, sale pian piano in cattedra, prendendo in mano le redini del gioco. La svolta del match giunge nell’11° game, con Berdych che praticamente si autobreakkka, sparacchiando fuori 3 dritti e commettendo un doppio fallo. Andy non si fa pregare e chiude a zero l’ultimo game del primo set, con il 5° ace della sua partita, per un parziale di 13 punti a 4. L’emorragia non si placa anche in apertura di secondo set, con il ragazzone ceco che, per il terzo turno di battuta consecutivo, parte sotto 0-30 regalando con l’ennesimo errore di dritto, il secondo break consecutivo. Nel game successivo Berdych riesce a trascinare ai vantaggi un turno di battuta del suo avversario che però mette le cose a posto con 2 ace di fila. Saranno 13 gli ”assi” finali al termine del match per A-Rod che, confermando la sua fama di ottimo front-runner, difenderà senza patemi il break di vantaggio nel prosieguo del match, chiudendo col punteggio di 7-5 6-4, dopo un’ora e 43 minuti.
Un torneo pressoché perfetto quello dell’americano che, con questa vittoria, porta il suo bilancio stagionale a 26 vittorie e 4 sconfitte, per un 2010 che lo ha visto vincere il torneo di Brisbane (su Stepanek), fare finale a San Josè (da Verdasco) e Indian Wells (Ljubicic) e raggiungere i quarti all’Australian Open (Cilic) e Memphis (Querrey). Roddick diventa il quarto giocatore in attività ad aver vinto almeno 5 ATP World Tour Masters 1000 (oltre ai due di Miami, ha vinto a Cincinnati nel 2003 e 2006 e a Montreal nel 2003), insieme a Federer (16), Nadal (15) e Djokovic (5).
In totale in queste prime settimane ha collezionato ben 2450 punti, meglio anche di Roger Federer, secondo nella graduatoria stagionale con 2225. Molto staccato il resto della truppa, con Cilic terzo (1450) e Murray quarto (1435). Sesto Nadal (1230) e settimo Djokovic (1220). Attenti “Fab 4”, Roddick nel 2010 è “favolosamente” primo e non sembra voglia smettere di stupire.
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Gli highlights della finale