Rafa lascia un game a Verdasco e si aggiudica per la sesta volta di fila il torneo di Monte-Carlo dopo un digiuno lungo quasi un anno…

di Gabriele Riva – foto Getty Images

 

Non è tanto il successo imbarazzante di oggi (6-0 6-1), nella sesta finale consecutiva a Monte-Carlo. Non sono neanche tanto i 14 giochi che Rafael Nadal ha lasciato per strada, si fa per dire, lungo i cinque match che gli hanno consegnato il primo titolo 2010 e il 37° in carriera. A far capire che Rafa è tornato è Fernando Verdasco. La sua esultanza nel sesto game del secondo set, quando alza le braccia al cielo, si butta ginocchia a terra ed esulta come se avesse segnato un gol in finale di Champions. Invece ha solo strappato un punto all’avversario, dopo aver tirato – notate bene: nello stesso scambio – un dritto a mille, due smash risolutivi in due angoli del campo e giocato una smorzata di dritto a tre centimetri dalla rete. Rafa è arrivato su tutti, ha messo fuori di poco l’ultimo recupero. Lì, si è avuta la netta impressione che fosse di nuovo lui. Quello che, se gli stai giocando contro, vorresti abbattere e che se sei uno spettatore sbarri gli occhi incredulo. Insomma, il Rafa di un paio d’anni fa.

 

Sebbene sia una statistica che nel tennis conta come il due di picche quando briscola è quadri, il numero dei punti totali vinti parla chiaro: praticamente il doppio (63 a 35). Ma la verità è che Nando non ha nemmeno giocato una partita orrida, anzi. Ha fatto il suo. Quello che poteva, condizionato com’era da un dolore alla parte posteriore del collo che lo ha costretto a richiedere l’intervento del “fisio” tre volte (a cominciare dalla fine del primo set). Eppure la velocità al servizio l’ha sempre tenuta alta (spesso sopra i 200 orari con la prima), il diritto lo ha fatto viaggiare più o meno come sa (un paio di vincenti con la “derecha” viaggiavano a oltre 170 km/h). Eppure nulla è servito per far cessare l’emorragia di precedenti tra i due mancini iberici: prima della finale monegasca gli head-to-head dicevano 9-0 Rafa. Inevitabile la doppia cifra.

 

Di cronaca non serve poi molto, i sei punti a zero dell’avvio che si trasformano in soli 35 minuti in giochi: 6-0 e ovetto servito. Nel secondo parziale qualcosa in più si vede, ma neanche tanto. Un paio di game lunghi, tirati, ai vantaggi. Uno è il terzo, lungo quasi dieci minuti, l’altro il sesto: una specie di ultimo conato d’orgoglio del figlio di José che poi si scansa e lascia spazio. Lo spazio che serve a Rafa di chiudere con il diritto vincente lungolinea e di sdraiarsi sulla terra del Country Club in preda a un’esultanza e a una commozione difficile da giudicare genuina o meno. Qualcuno pensa che faccia scena, altri no, perché comunque è passato un annetto buono da quando, a Roma, morsicò l’ultima coppa. Un digiuno che il Cannibale non poteva più sopportare e che ha spezzato nel “torneo che preferisco” – come dirà ai microfoni della premiazione. 

 

Rafa è tornato, quindi. Certo, servirà altro per la conferma ufficiale, qualcosa di più della vittoria in un torneo certamente importante ma orfano di 5 dei primi 10 del mondo, Mr Federer compreso. Ora Rafa ha l’agenda rossa piena, quella che usa per scrivere gli appuntamenti sulla terra battuta. Barcellona, Roma, Madrid e Parigi. Un bel tour de force che a detta di molti fa bene alla classifica, al portafogli, al rapporto con i fan di casa, ma non alle ginocchia. Barcellona dirà qualcosa in più ma non molto; Roma e Madrid parleranno più chiaro. Ma l’ultima parola spetta a Parigi, è il destino dei grandi. E uno che vince per sei anni di fila il torneo del Principe, certamente lo è.

 

 


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Uno degli unici due game in cui c’è stata partita: il terzo del secondo set