dalla nostra inviata a New York Roberta Lamagni – foto Getty Images
Tanto rumore per nulla. Forse eccessivo ma l’affabulazione di questi giorni su Beatrice Capra, i continui richiami a Melanie Oudin “collezione 2009”, i polveroni sollevati dai media sono stati spazzati via, oggi, come il vento ha fatto con le nuvole sopra Flushing Meadows.
Maria Sharapova in versione Earl si è abbattuta sulla “povera” Beatrice. 6-0 6-0 in un’ora e 13 minuti, che avrebbero certo potuti essere considerevolmente ridotti senza l’intervento del vento e le continue interruzioni. Impietosa la lettura delle statistiche per l’allieva di Chris Evert, nonostante l’attenuante delle fastidiosi condizioni climatiche. Ma quelle, si sa, influenzano entrambe le giocatrici. 3 miseri vincenti contro 42 errori, tra forzati e non. Peggio non si poteva fare.
E dire che la stampa americana, più per convenienza che per obiettività, aveva montato da giorni una panna diventata al sabato vaporosa.
Beatrice Capra, il cui cognome tradisce la chiara origine italiana (la famiglia paterna vive tuttora a Novate Milanese) è la ragazzina che nel giro di due settimane è passata da una sconfitta negli ottavi ai Campionati Nazionali Usta Under 18 alla conquista sul campo della wild card nelle tradizionali pre qualifiche e, ancora più significative, alle prime vittorie Slam e del circuito professionistico. Non solo. Per accedere al terzo turno si è tolta anche lo sfizio di estromettere Aravane Rezai, testa di serie numero 18. Questi i fatti, quindi verità.
Il resto è fantasia, creazione della mente. Giunta come la Oudin totalmente inattesa, si è detto. Nonostante Melanie avesse già dato notizie di sé un paio di mesi prima a Wimbledon (non proprio l’ultimo dei tornei), superando Jelena Jankovic. Seconda analogia: il cammino nel torneo. Un primo turno vinto agevolmente e l’exploit al secondo. Rezai per Capra, Dementieva per Oudin. Nemmeno accostabili per continuità di prestazione, visto che la russa ne è l’emblema, mentre la francese è considerata una delle giocatrici più imprevedibili del circuito (basti ricordarsi il Premier di Madrid 2010). Terzo punto di contatto: discreto successo nello Us Open junior dell’anno precedente: quarti per la Capra e semifinale per la Oudin. Considerazione reale ma non del tutto convincente. Infine la sfida al terzo turno con la Sharapova.
La nostra antitesi, semplice e lapalissiana: lo score dopo il match contro Maria: zero game zero per Beatrice, vittoria al terzo chiusa per 7 giochi a 5 dopo una memorabile battaglia per Melanie.
Oltre il risultato, quello di scena sull’Arthur Ashe oggi è stato un incontro che ha divertito il pubblico, anche se più per un terzo incomodo. La giudice di sedia è stata così costretta a interrompere il gioco per 5 volte, chiedendo per 3 di ripetere il punto. Il motivo? La mania di protagonismo dei cartocci di “fish and chips”, continuamente sospinti sul terreno di gioco. Non proprio tennis…
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