da Parigi, Andrea Merlo – foto Getty Images
Robin Soderling e la città di Parigi hanno instaurato da qualche anno a questa parte un rapporto particolarmente intenso.
Se la capitale di Francia ha regalato al ventiquattrenne di Tibro fama e prosperità, con le due finali consecutive conquistate al Roland Garros, il retrogusto amaro della vittoria mancata non è certo facile da edulcorare per un tennista dalle ambizioni di Robin.
E’ lontano dal Bois de Bolougne e dall’infuocata terra battuta che lo svedese sfata finalmente questo tabù e conquista il primo titolo nella Ville Lumiere. Lo fa sulla rapida superficie del Palais Ominisport di Bercy, uno stadio pronto a esplodere di gioia per il proprio pupillo Gael Monfils, alla seconda finale consecutiva nella città che gli diede i natali ventiquattro anni orsono.
Destini incrociati legati indissolubilmente alla stessa città che – per l’occasione – non indossa l’abito migliore. Anzi, abbina alla foschia già protagonista del sabato una pioggia domenicale sporadica ma molto fastidiosa, soprattutto per gli obiettivi dei turisti e dei fotografi improvvisati. Fortunatamente all’interno del Palasport di Bercy il clima è rovente e l’atmosfera è resa ancor più palpitante dalla musica incalzante e dal gioco di luci che accompagnano il pre-match. Dopo le splendide semifinali, battaglie serrate culminate entrambe con un terzo set deciso dal tie-break, le aspettative per questa finale erano enormi.
La sfida non ha proposto il gioco sfavillante visto sabato, e seppur Monfils si trovasse per la seconda volta a solcare questo palcoscenico – dopo la finale persa lo scorso anno con Djokovic – ha mostrato un certo timore reverenziale, evidenziato dai parecchi errori non forzati commessi nei primi game dell’incontro.
Di contro Sodeling, alla prima finale in un Master 1000, è partito con il piede sull’acceleratore conquistando già al quarto gioco un break di vantaggio. A differenza di Federer – che aveva insistito sul diritto del francese esponendosi ad accelerazioni improvvise spesso vincenti – lo svedese ha preferito scambiare sul rovescio bimane dell’avversario, decisamente meno profondo e performante. Monfils non è riuscito a trovare il giusto ritmo e spesso è andato fuori giri da fondocampo incalzato dalla pressione del gioco avversario. Soderling si è dimostrato una macchina da guerra con il servizio e la fiducia acquisita gli ha permesso di conquistare il secondo break del set grazie a un passante stretto di rovescio.
Il severo punteggio di 6-1 è lo specchio di una frazione in cui il francese non è parso neppure un lontano parente del giocatore ammirato nei giorni scorsi. Certo i precedenti tra i due contendenti – con Soderling in vantaggio due a zero senza aver perso alcun set – non dovevano far stare troppo tranquillo il francese, che dopo questa iniziale batosta ha però iniziato il secondo set spinto dalla consueta grinta.
Soderling ha continuato a colpire con la medesima potenza e una precisione certosina, cercando più soluzioni con lo sventaglio mentre Monfils tentava di lanciare timidi segni di resurrezione. Il set ha seguito l’ordine dei servizi sino al tie-break – il quinto disputato in due giorni considerando le semifinali – ma con l’inerzia che già si spostava a favore di Soderling, molto più autorevole nel tenere i propri turni.
Gael è stato più volte salvato dal servizio e da soluzioni estemporanee, mentre sul palleggio ha sempre faticato a mantenere lo stesso ritmo dell’avversario. Sul 3-1 del tie break l’ Hawk Eye è stato decisivo, assegnando il punto del 4-1 allo svedese e affossando definitivamente le speranze del molleggiato francesino.
Soderling non ha più concesso punti e ha chiuso 7-1 conquistando l’edizione 2010 del BNP Paribas Masters, primo Master 1000 in carriera. Per Monfils resta la delusione di aver approcciato in maniera errata la partita, non convertendo nè il pronostico né il detto “non c’è due senza tre” .
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