di Giorgio Spalluto – foto Getty Images
Da lunedì Caroline Wozniacki potrà tornare a rispondere alla domanda che tanto l’ha tediata negli ultimi mesi. Quella che prima di lei ha tormentato Dinara Safina, Jelena Jankovic e, un lustro fa, Kim Clijsters: essere numero uno al mondo senza aver vinto un titolo dello Slam. Questa sarebbe la “colpa” della danese che, a differenza di Safina e Jankovic, ha sempre mostrato un’attitudine diversa e una gestione della pressione assai migliore rispetto a chi l’ha preceduta.
Non è un caso che la danese non si sia persa d’animo e sia riuscita a riprendersi immediatamente quel numero 1 che la Clijsters le aveva sottratto solo una settimana fa. Nessuna esitazione nella vittoria nei quarti sulla Peer, che ha sancito matematicamente il sorpasso. Nessuna titubanza in finale sulla Kuznetsova (battuta 6-1 6-3), parsa esausta al termine di una settimana in cui, oltre al singolare, si è disimpegnata egregiamente anche in doppio.
Come nei match precedenti, la russa ha palesato le solite insicurezze in battuta, che le sono costate ben 7 break in 8 turni di servizio. Alla Wozniacki basta lavorare ai fianchi l’avversaria, in attesa del puntuale errore della russa, sfiduciata dalla brillantezza atletica di Caroline. La biondona scandinava non concede all’avversaria di farle male con i colpi di inizio gioco, e chiude il primo set con un netto 6-1. Sveta ci prova nella seconda frazione, senza quella continuità necessaria per scalfire le certezze della neo numero 1. Dopo aver mancato 2 matchpoint sul 5-2, la danese chiude nel gioco successivo, alla terza occasione, grazie all’ennesimo errore della russa, probabilmente già soddisfatta di un risultato che le consentirà di guadagnare 10 posizioni in classifica e di issarsi al 13° posto del ranking.
Per la Kuznetsova è terza sconfitta nell’atto conclusivo a Dubai dopo quelle del 2004 (per mano della Henin) e del 2008 (Dementieva). Oltremodo negativo è il suo bilancio nelle finali, di 13 vittorie e ben 19 sconfitte. Nulla a che vedere con la Wozniacki che eguaglia il numero di successi della sua avversaria, avendo però disputato 11 finali in meno.
Quello odierno è il terzo titolo consecutivo nei tornei “Premier 5” dopo quelli ottenuti a Montreal e a Tokyo. Se a questi si aggiunge il successo nell’ultimo torneo “Mandatory” di Pechino, si capisce come mai il computer tenda giustamente a premiarla. Con buona pace di chi vorrebbe attendere un suo titolo dello slam, prima di reputarla una legittima numero 1.
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