di Giorgio Valleris – foto Ray Giubilo
Saranno i benefici della cura Lendl o forse i continui black out di un avversario che oggi è andato a corrente alternata, fatto sta che Andy Murray ha vinto e convinto nel big match odierno contro Tomas Berdych (6-3, 7-5), guadagnando l’accesso alle semifinali dell’Atp 500 di Dubai dove incontrerà il vincitore del derby serbo tra Novak Djokovic e Janko Tipsarevic.
Murray parte forte e tiene il primo turno di servizio lasciando a bocca asciutta l’avversario. Inizio sotto tono del ceco che va spesso fuori giri col rovescio e regala subito un break al britannico che, pur non senza fatica, allunga sul 3-0.
Dopo un quarto d’ora di gioco Berdych rompe finalmente gli indugi accorciando finalmente le distanze. Ma quel break concesso ad inizio match pesa come un macigno e, quando il numero 7 manda in corridoio un dritto non impossibile, Murray capitalizza al meglio e chiude il primo set per 6-3 dopo 42 minuti di gioco.
Il 26enne ceco inizia male anche la seconda partita, regalando subito il servizio all’avversario che, invece, tiene la battuta a zero incanalando l’incontro sul binario giusto. Ma nel quarto gioco lo scozzese si fa raggiungere sul 2-2 dopo aver commesso un doppio fallo. Neanche il tempo di esultare che Murray restituisce il controbreak.
Per il primo acuto di Tomas bisogna attendere oltre un’ora quando, finalmente, strappa il servizio ad Andy e poi lo sorpassa passando a condurre 4-3. Ma sul 5-5 il ceco spara in rete un facile dritto, con Murray lontanissimo dalla linea di fondo e perde nuovamente la battuta. Poi però, quasi accade l’impensabile: lo scozzese butta alle ortiche tre match points consecutivi e altri tre nel corso dei vantaggi. Ma il settimo tentativo è quello buono e, dopo un’ora e 51 minuti di gioco, Andy Murray supera Tomas Berdych col punteggio di 6-3, 7-5.
Se i precedenti dicevano Berdych, fino a ieri in vantaggio per 3-1 negli scontri diretti, nel match di oggi la superiorità di Murray è apparsa evidente. In particolar modo, a fare la differenza è stata la solidità del numero 4 del mondo che ha limitato al minimo gli errori giocando un tennis ordinato. Al contrario, il ceco è stato troppo falloso e, soprattutto, timido negli sporadici tentativi di imporre il proprio ritmo.
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