da Wimbledon, Roberta Lamagni – foto Getty Images
Alla fine le abbiamo perse tutte: Vinci, Schiavone e Giorgi. Chi in modo indolore, chi con rammarico, chi con inesperta e cieca cocciutaggine. Di fatto, gli ottavi di finale di questo autunnale Wimbledon si sono rivelati fatali.
Andiamo con ordine. Programmato sul campo n.12, showcourt di minor importanza, il match tra Tamira Paszek e Roberta Vinci. L’austriaca di origini composite (padre tanzaniano vissuto in Canada e madre cilena cresciuta in Austria) si presentava con credenziali ottime – recente titolo a Estbourne e vittoria ai Championships su Caroline Wozniacki – nonostante la classifica la desse sfavorita: la Paszek è n.37 Wta, 14 posizioni indietro rispetto a Roberta (n.23). In più, dalla sua, una storia erbivora di tutto rispetto dato che 4 delle 5 vittorie su Top10 in carriera sono arrivate proprio dall’erba. Insomma, dall’altra parte della rete un’avversaria in fiducia, che andava azzannata sin dai primi colpi per tenerla sotto pressione. E invece la nostra è scesa in campo scarica, forse stanca, sicuramente imbastita se non dalla tensione, dal freddo. Quello che dei 3 incontri si presentava come il più facile, dunque, è sfuggito rapidamente, quasi incomprensibilmente. I backspin pigri di Roberta superavano a malapena la metà campo: un invito troppo goloso per l’avversaria. Per il resto, diritti e rovesci deboli e poco incisivi, poco altro. Un tentativo di rimanere agganciata al treno del quarto di finale la tarantina l’ha fatto, nel secondo set, ma la locomotiva viaggiava ad altre velocità e l’impatto è stato doloroso. 6-2 6-2 il finale, risultato di una supremazia schiacciante: 8 vincenti e 16 errori non forzati per la Vinci, contro 19 winners e 11 unforced errors per la Paszek. No chance.
Paszek b. Vinci 6-2 6-2
Nel mentre, sul campo n.3, Francesca Schiavone sfidava la campionessa uscente Petra Kvitova, n.4 Wta. Curiosamente, la ceca era per l’azzurra la terza mancina di questa edizione dei Championships, dopo Robson e Pliskova. Un vantaggio che forse ha saputo sfruttare solo in parte. Da subito focused, ha saggiamente contenuto e contrattaccato. Si è spinta avanti con serve&volley, ha tentato controbalzi improbabili, si è difesa e ha affondato il coltello quando doveva. Per un set e poco più il gioco le è riuscito, complice un’avversaria incostante, nervosa, a tratti sprecona. Ma per grande merito dell’azzurra, che voleva fortemente i punti e se li prendeva. Il servizio ha fatto invece versare lacrime: 7 doppi falli solo nel primo set, comunque conquistato per 6-4 in 52 minuti. Un break agli inizi del secondo ha illuso potesse traghettare la nostra ai quarti. Ma l’equilibrio è stato subito ristabilito e il testa a testa serrato fino al 5-6, vantaggio pari, quando una controversa sospensione per pioggia, con le atlete a bordo campo a incamerare freddo e attendere che spiovesse, ha fatto saltare il banco. Al rientro in campo qualche barlume di lucidità ma un’altra giocatrice oltre la rete: demotivata, spenta, decisamente più fallosa. Sono bastati 39 minuti alla detentrice del titolo per chiudere i conti.
“Con l’erba umida non si può giocare – ha ammesso una delusa Schiavone a fine match – Ho sbagliato io a non impuntarmi e ad uscire dal campo. Non me ne frega se al pubblico poteva dispiacere, con un campo così non ci si muove. Sono nervosa e addolorata perché so come sto giocando. La partita era possibile e la stavo vincendo io, per questo mi brucia di più. E’ comunque un passo avanti nella mia condizione. Per i Giochi tornerò qui con un sogno”.
Kvitova b. Schiavone 4-6 7-5 6-1
“E’ stata una partita orribile – è il primo commento di Camila alla sconfitta con Agnieszka Radwanska – potevo giocare molto meglio”. A vederlo e sentirlo con i propri occhi, non ci si crede. Lei è l’italiana del momento, Camila Giorgi, quella che in una settimana ha superato le qualificazioni al più prestigioso torneo Slam, Wimbledon, ha sconfitto una delle veterane del gruppo azzurro, Flavia Pennetta, e si è spinta fino agli ottavi di finale, risultato che dal prossimo lunedì le varrà la 90esima posizione del ranking, almeno. Eppure a Camila la sconfitta sembra proprio andare di traverso. Il punteggio non dà scampo, 6-2 6-3 in 1 ora e sei minuti, e lo svolgersi del match pare una fotocopia degli incontri già disputati, smanacciate a destra e sinistra, solo con qualche errore di troppo per poter aspirare nell’impresa. Un pianto a fine match – “ma non capita sempre” – e subito pronta per le interviste, scortata da papà Sergio, di cui Camila è dichiaratamente gelosa, “come di tutte le persone che voglio”. “Papà mi ha detto che ho fatto un buon torneo, ma che potevo vincere, e io lo so. Ho fatto troppi errori, che l’avversaria fosse la numero 3 del mondo non c’entra nulla”. L’arroganza da giocatrice Top, quale dice di essere il suo obiettivo, non le manca. Il fisico e l’avvenenza per farsi notare neppure, anche se, ci tiene a sottolineare “non mi piace mettermi in mostra”. Il completino con cui è scesa in campo oggi però lascia intuire tutt’altro: un abitino di pizzo e volant, decisamente corto e accattivante, stile Venus Williams. “Quello me l’ha disegnato mia madre. Lei insegna Arte Contemporanea all’Università ma si diverte a realizzarmi i vestiti, dato che non ho uno sponsor”. Intanto Palmieri e Barazzutti hanno avuto i primi contatti con il papà coach e manager “Si è parlato in prospettiva, di Fed Cup, Camila avrebbe piacere a giocarla per l’Italia, ma non si sa ancora, vedremo i prossimi risultati”. I punti conquistati a Church road le valgono il primo main draw ufficiale in carriera, quello di New York. Prima qualche torneo americano: San Diego, Washington, Cincinnati, New Haven. La strada è solo in discesa.
Radwanska b. Giorgi 6-2 6-3