La venere nera ritrova il successo dopo più di due anni di astinenza, sconfitta in una finale senza storia la rumena Niculescu (6-2 6-3). Per l’americana è il primo trionfo dopo la diagnosi del morbo di Sjögren… Di FRANCESCO CAMANZI

Di Francesco Camanzi – foto getty images 

 

Venus Williams è tornata. La vittoria su Monica Niculescu (Wta 70), onesta mestierante della racchetta di origini rumene, ha un valore più simbolico che sportivo. O meglio. Il successo di Venus, siglato da un rotondo 6-2 6-3 in meno di un'ora e mezza, è quel che si dice un gradito ritorno, un bel momento di sport. Di quelle storie che lasciano da parte preferenze e partigianerie e invitano anche i più spietati tifosi a fermarsi un attimo per constatare l'impresa in sè, il gesto. Venus oggi non ha vinto uno dei tanti tornei International che affollano la stagione del tennis in gonnella, Venus oggi ha vinto la battaglia contro la sindrome di Sjögren. L'ha vinta sul campo da tennis, l'habitat naturale di questa pantera ferita da una malattia tanto rara quanto pericolosa. L'ha fatto dopo le tante traversie che ne hanno reso accidentato il cammino (a lei e alla sorella Serena). L'ha vinto all'alba dei 32 anni, rimettendosi in discussione e ripartendo dai bassi fondi della classifica. Lei che avrebbe potuto concedersi un meritato riposo dopo i 13 Slam vinti, i 43 tornei Wta vinti (44 con quello odierno, l'ultimo ad Acapulco nel 2010) e l'infinita riserva aurea garantitale dai contratti pubblicitari. E invece no. Venus ha ricominciato a giocare, accettando con lo stile di sempre la sua nuova dimensione di comprimaria, raccogliendo batoste al limite della figuraccia ma lottando coraggiosamente fino a rinascere con la vittoria odierna. 

La partita è stata un soliloquio dell'americana. Venus ha fatto pesare la sua esperienza su un'avversaria mai realmente pericolosa e ha dimostrato che, a certi livelli, il suo tennis esplosivo può ancora far male. Ne sanno qualcosa Roberta Vinci e Andrea Petkovic, non certo due novelline della racchetta. La nostra Robertina, fresca di numero 1 nel ranking di doppio, ha lottato per un set nei quarti, salvo poi crollare nel secondo. La tedesca, invece, ha ceduto in una bella semifinale, impegnando non poco la Venere di Lynwood. Ma quando il tennis d'assalto di marca Williams comincia a ingranare non ce n'è per nessuno. Non ci sono ricami o smorzate che tengano, non esiste difesa strenua capace di arginare le bordate dell'americana. Semplicemente, contro il tennis della miglior Venus, si può solo stare a guardare. 

Nel primo set il primo break arriva nel secondo gioco: Venus strappa il servizio e vola sul 2-0. La Williams tiene la battuta a fatica, concedendo qualcosa di troppo a una Niculescu arrembante ma torna a ringhiare nel quarto gioco quando si guadagna tre palle break per ammazzare il set. La rumena le annulla una dopo l'altra ma paga il grande sforzo nell'ottavo gioco: concede il servizio a zero e manda il primo set in archivio, 6-2. La seconda partita è movimentata solo da uno scambio di break in apertura. Venus vola sul 2-0 e sembra ipotecare la pratica, Monica risponde con un moto d'orgoglio e fissa il parziale sul 2-1. Poi equilibrio fino allo strappo del sesto gioco. Alla venere nera basta una palla break per prendersi gioco e, di fatto, partita e incontro. La vittoria riavvicina Venus a Serena nel computo dei trofei conquistati. Ora lo scontro diretto recita 45 a 44 per Serena. Numeri che verosimilmente cambieranno a breve, ovviamente in favore di Serena. Numeri che, però, lasciano il tempo che trovano di fronte al sorriso smagliante di Venus al momento della premiazione. Il viso è di quelli che parlano da soli. Dentro quell'espressione c'è tutta la fatica di una tennista immensa, tornata a brillare con l'orgoglio di chi ha saputo sfidare e sconfiggere la più ostica delle avversarie: la malattia.

 

WTA LUXEMBOURG OPEN

V Williams b. M Niculescu 62 63