di Daniele Rossi – foto Getty Images
Victoria Azarenka è una grande tennista. L'ha dimostrato nell'ultimo anno con la sua prima vittoria Slam, una sfiorata agli Us Open e la posizione di numero 1. Sabato giocherà la sua terza finale in un major, la seconda consecutiva a Melbourne. E' una bella ragazza ed ha anche una spiccata personalità. Peccato che…campioni si diventa non solo per i risultati sul campo, ma anche per il comportamento e la corretteza, quello che gli inglesi riassumono con la parola fair-play, termine ormai adottato (e forse abusato) da tutto il mondo. Ecco, Vika e il fair-play difficlmente vanno di pari passo e la semifinale contro la Stephens di questa notte è stato solo l'ennesimo episodio di una giocatrice che sembra avere poco rispetto per le avversarie e per le regole.
Andiamo con ordine. Sulla Rod Laver Arena, Victoria Azarenka sta sfidando la sorprendente Sloane Stephens nella prima semifinale. Vika ha vinto il primo set per 6-1, ma sta faticando per vincere il secondo. Break e contro break si alternano, finchè la bielorussa va a servire per il match sul 5-3.
Fuori la Williams, fuori la Sharapova, l'occasione di vincere il secondo Slam per Vika è ghiottissima e la cosa la atterrisce. Si guadagna cinque match point, ma non riesce a convertirne nessuno, soprattutto per suoi grossolani errori. Vika perde il servizio, 5-4.
Quand'ecco che chiede un medical time-out. Per cosa? Non è chiaro. Non sembra che abbia problemi fisici, del resto ha appena sfiorato la vittoria per cinque volte.
La Azarenka scompare negli spogliatoi per ben dieci minuti, lasciando la povera Stephens sola sul campo. Il pubblico non apprezza e quando la giovane americana, costretta a servire per salvare il match dopo dieci minuti a freddo finisce per dare la vittoria alla Azarenka, la Rod Laver Arena reagisce con estrema freddezza.
Questo MTO ha avuto tutta l'aria di essere una furbata ed è la stessa Azarenka a confermarlo indirettamente. Nell'intervista post-match parla di “attacco di panico”. Ma è possibile chiedere un medical time out (soprattutto in un momento del genere) per un attacco di panico o quello che banalmente si potrebbe chiamare paura di vincere? Ovviamente no, infatti il report ufficiale del trainer parla di due trattamenti, uno al fianco e uno al ginocchio.
E' un ulteriore stranezza di questa vicenda, perchè in conferenza stampa Vika viene bombardata di domande sull'accaduto e cerca di difendersi, ritrattando la storia dell'attacco di panico, sostenendo di non aver capito la domanda che l'intervistatore le aveva fatto nell'intervista post-match e che il suo problema riguardava la schiena e problemi respiratori: “Avevo un problema alla schiena fin dall'inizio del secondo set che poi è andato peggiorando. Forse avrei dovuto chiamare il trainer un po' prima perchè a quel punto non riuscivo a respirare. Avevo una costola bloccata e dovevo aggiustarla. Avevo proprio bisogno di quel MTO”. Il momento però non era dei migliori: “Sì, è stata colpa mia, ma dovevo sistemare quella costola che mi provocava problemi alla schiena. Il trainer ha detto che dovevamo andare fuori dal campo”. La Azarenka poi ha continuato a difendersi: “Scusarmi con la Stephens? Non credo, ho preso solo un MTO, se è durato tanto non è colpa mia. Forse avrei dovuto chiederlo prima, ma stavo giocando con tanto dolore”.
La cosa però non coincide con quello dichiarato subito dopo il match. "Ho quasi fatto il 'choke' (da choking, letteralmente soffocare, in ambio tennistico quello che noi chiameremmo braccino,ndR) dell'anno. Ho avuto tante chance e non le ho sfruttato. Sicuramente il nervosismo mi ha condizionato". La Azarenka aveva detto che non riusciva a respirare, che aveva bisogno di una pausa per rimettersi in sesto, senza menzionare schiena e costole: “Penso di aver capito male la domanda – facendo marcia indietro – Pensavo mi avesse chiesto perchè non riuscivo a chiudere la partita e non perchè ero uscita”.
Una situazione dunque molto ambigua, in cui la Stephens – parte in causa più danneggiata – forse per non inimicarsi nessuno o per semplice giovanile ingenuità, ha detto di credere alla Azarenka e che la cosa non ha influito sul risultato.
La vicenda reinnesca il dibattito sul medical time-out, chiamato spesso per fini strategici e non per reali problemi fisici. Chiamare il fisioterapista in un momento così delicato del match, dopo non aver sfruttato cinque match point, non è accettabile. Ovviamente Vika non è stata e non sarà l'unica e gli esempi si sprecherebbero. Atp e Wta dovrebbero dunque pensare a fondo sul problema, per evitare scorrettezze di tal risma. E forse basterebbe il buon senso: se sei in grado di giocare continui a giocare, altrimenti no.
Ma del resto, Victoria Azarenka non è nuova a comportamenti del genere. Tanti, troppi i ritiri in carriera (già 20!), soprattutto quando la bielorussa si trovava in difficoltà e non riusciva ad accettare la sconfitta. Troppi i walk over (4), già uno quest'anno a Brisbane. Troppe le esultanze in faccia all'avversaria e in generale un comportamento in campo che le sue colleghe hanno sempre disprezzato.
La disputa più aspra l'ha avuta con Agnieszka Radwanska, quella che un tempo era sua amica. Nel torneo di Doha dell'anno scorso in un match con la polacca, la Azarenka aveva drammatizzato un dolore alla caviglia, sembrando all'orlo del ritiro, salvo poi vincere partita e torneo. A fine match la Radwanska aveva avuto parole durissime: “Ho perso molto rispetto per lei. Non ha dato un bella immagine del tennis femminile. E' numero 1 e sarà Top 10 per tantissimo tempo, quindi dovrebbe comportarsi con fair-play dentro e fuori dal campo”.
La reazione della Azarenka è stata feroce. Poche settimane dopo quando si sono reincontrate a Indian Wells, Vika aveva solo un obiettivo: non farle fare un game. Missione quasi riuscita, visto che vinse 6-0 6-2.
Ma la Azarenka è davvero scorretta o siamo solo condizionati dall'eccessivo buonismo che impera in questi ultimi tempi? Ai posteri l'ardua sentenza, intanto però il pubblico australiano ha già fatto la sua scelta: sabato alla finale saranno tutti un po' cinesi.