Da quando lei gli ha suggerito di appendere la racchetta al chiodo, Ernests non ha più sbagliato un colpo. Questa sera toccherà a Nadal provare a rovinare il lieto fine … di GIORGIO VALLERIS

di Giorgio Valleris – foto Getty Images

C’era una volta un tennista di belle speranze che si chiamava Ernests… Potrebbe cominciare così, come tutte le fiabe classiche, l’incredibile storia di Gulbis e dell’incantesimo della mamma. Ma andiamo con ordine. Il tennista lettone, classe 1988, è un eterno incompiuto: dotato di un ottimo servizio e di solidi fondamentali, Ernests è il tipo che può mettere alle corde Federer o Djokovic ma che, il giorno seguente, riesce nella difficile impresa di perdere malamente contro avversari mediocri. Talento cristallino, il suo limite è sempre stato (per sua stessa ammissione) quello della tenuta mentale nel corso del match.

Invece di seguire le orme del padre Airnas, ex cestista sovietico, Ernests inforca la sua prima racchetta da tennis a cinque anni, quando la nonna lo accompagna al campo, e non la lascia più. Nel 2005 fa il suo debutto in Coppa Davis e vince il suo primo Futures in Germania. Nel 2007 entra nel mondo dei grandi e si fa subito apprezzare al Roland Garros giustiziando Tim Henman al primo turno. Inizia così una scalata al ranking che lo porterà fino alla 21esima piazza conquistata nel febbraio 2011. Da lì in poi, però, inizia l’inesorabile discesa di un ragazzo che sembra non imbroccarne più una, nemmeno per sbaglio.

Gulbis chiude il 2012 alla 136esima posizione del ranking Atp. Il morale è sotto i tacchi, non a caso non parte nemmeno per le qualificazioni degli Australian Open. “Sicuramentesi giustifica   avrei speso più per il viaggio di quanto avrei potuto guadagnare sul campo..”. A rincarare la dose ci si mette pure mamma Milena che chiama il figliol prodigo e gli consiglia di appendere la racchetta al chiodo: “Lascia perdere col tennis” gli dice, immaginando forse per lui una carriera al suo fianco a teatro. E Gulbis che fa? Dice addio ad alcol e sigarette e si butta a capofitto negli allenamenti. “Ok mamma, dammi ancora un mese e poi smetto col tennis”. La telefonata della madre è stata come una specie di incantesimo: da quando lei gli ha suggerito di cambiare vita lui non ha più perso un match (esclusi i confronti con i top ten).

Va a Marsiglia, batte Nieminen e costringe Berdych al terzo set prima di fare le valigie e volare a Rotterdam dove, invece di perdersi nei coffee shop, decide di fare sul serio: stende il padrone di casa Haase e fa sudare un bel po’ Juan martin Del Potro. Il meglio deve ancora venire: Gulbis torna in Florida e vince il suo secondo Atp 250 di Delray Beach (il primo successo lo ottenne nel 2010).

Adesso il tennista di Riga non si ferma più: ad Indian Wells ha già giustiziato Feliciano Lopez, Janko Tipsarevic e Andreas Seppi. Ma non c’è favola che si rispetti senza un cattivo di turno. In quella di Gulbis il ruolo tocca a Rafa Nadal che questa sera proverà a rovinare il lieto fine. Ernests lo sa bene ma questo è il suo momento: lo spagnolo è ancora convalescente mentre lui è in uno stato di grazia (forse) irripetibile. E nelle favole si può e si deve sognare, perciò, a poche ore dal momento della verità, Ernests Gulbis è pronto e carico: “So come gioca e credo di poterlo battere…”.