Frizzante ed esplosivo, è il colpo del ko di Jo-Wilfried Tsonga. E’ un diritto veloce, poco coperto, che sfrutta tutta la potenza del francese. Giocato in sventaglio, dal centro o dall’angolo, diventa un winner naturale grazie anche alle doti atletiche del campione, forza ed equilibrio su tutte. Perché la potenza è nulla senza controllo …

di Max Sartori – foto Ray Giubilo

Jo-Wilfried Tsonga non è certo uno di quei giocatori tutto tocco e sensibilità, le sue sono giocate esplosive, di potenza, agevolate da un fisico che non per niente richiama quello di un pugile. Il diritto è uno dei suoi colpi prediletti, un winner naturale che il Mohammed del tennis cerca di sfruttare da ogni posizione del campo.

Nella sequenza presa in esame il francese si muove dal centro e si ritrova a colpire dall’angolo. L’arrivo sulla palla è ottimo (foto 1), agevolato probabilmente da una buona posizione di partenza. Da notare l’appoggio del tacco destro, cui farà seguito la combinazione con la punta, necessaria per il caricamento di gambe. L’ampiezza creata dagli arti inferiori si rispecchia nel movimento del gomito destro con il quale il giocatore allontana il braccio dal busto, quasi creando una curva. Il gomito sinistro punta la palla, così come lo sguardo, concentrato sul rimbalzo. Questo tipo di apertura, con la testa della racchetta alta e il gomito che la accompagna indietro, ricorda il movimento di Federer.

La seconda foto mostra il caricamento. La racchetta prosegue l’apertura ma non si apre e rimane in linea con il corpo. Questo dettaglio è importante, perché la racchetta dietro la schiena denoterebbe un errore. A questo punto il piede destro è completamente a terra. La gamba carica ma il bilanciamento è perfettamente centrato, lo si intuisce dalla posizione del mento. Lo sguardo è sempre rivolto alla palla.

Nel terzo scatto si nota un leggero sbilanciamento verso il lato destro, inevitabile dato che l’atleta si sta lentamente alzando e preparando a colpire la palla. Contemporaneamente la gamba sinistra inizia una contro rotazione verso l’esterno. In questa fase il braccio racchetta scende, perché l’impatto con la palla avverrà con una rotazione dal basso verso l’alto. Normalmente Tsonga preferisce far viaggiare la palla piuttosto che farla saltare; questo significa che i suoi colpi sono coperti, non eccessivamente arrotati, quanto basta per assicurare un buon controllo.

E’ opportuno osservare la posizione del tacco della racchetta nella quarta immagine. L’impugnatura, girata verso la western, unita al movimento del polso, che tende a “spezzarsi”, consentono al campione di scendere abbondantemente con la racchetta sotto la pallina. Questo momento precede l’entrata sulla palla ma segna anche la messa in atto dei blocchi. Fondamentali quello del piede destro, per gli arti inferiori, e della testa, che consentono, nonostante una leggera torsione delle spalle, di passare con la mano.

Gli effetti benefici dello “sbarramento” di testa e piede destro sono ancora più evidenti nella quinta foto. Le gambe si divaricano: la sinistra sembra quasi scalciare in avanti mentre l’anca destra rimane dietro. Sospeso a venti centimetri di altezza circa, ciò che sorprende è l’equilibrio con cui si mantiene perfettamente in asse, centrato. Il passaggio della mano, tra la quarta e la quinta immagine, non viene immortalato. E’ bene però sottolineare che l’impatto non avviene con il gomito destro piegato, come si sarebbe portati a credere dallo scatto cinque. Il piegamento denota invece l’inizio della chiusura. Il movimento di braccio è stato sicuramente rapido ed esplosivo, come evidenzia anche l’altezza dei piedi da terra.

Il finale (sesta foto) dimostra ancora una volta il perfetto bilanciamento dell’esecuzione. Anche dopo il salto l’anca destra rimane nella stessa posizione della precedente. Il piede sinistro è ancora davanti al destro, la testa è ferma, lo sguardo ha seguito la palla oltre la rete. Il giocatore si trova sospeso in aria, ma se lo portassimo a terra sarebbe comunque ampio e centrato. Oltre alla tecnica, per poter effettuare un blocco con queste difficoltà occorre un grande lavoro di addominali e dorsali. La sequenza del movimento della racchetta si potrebbe così riassumere: arriva dal basso, impatta, sale e riscende nel finale. Non passa sotto il bacino come si sarebbe portati a credere. La chiusura con la testa della racchetta verso il basso è tipica del giocatore, soprattutto quando colpisce da destra, ma non esclusiva: ritroviamo spesso lo stesso movimento nelle esecuzioni di Re Federer.