di Enzo Anderloni
Ginevra – Nell'editoriale del numero di settembre de Il Tennis Italiano, scritto per forza di cose prima degli Us Open, parlavamo della possibilità per gli azzurri, in semifinale di Coppa Davis (16 anni dopo la finale raggiunta da Andrea Gaudenzi, Davide Sanguinetti & Co) di scrivere una nuova pagina storica.
Sapevamo benissimo che di là dalla rete avrebbero tovato una muraglia impenetrabile: Roger Federer e Stan Wawrinka, il Migliore di sempre (secondo noi) e il grande nuovo protagonista del circuito, vincitore degli Australian Open 2014, già n.3 del mondo.
Ciononostante, alla vigilia di uno Slam durissimo, viste le caratteristiche dei nostri avversari, sperare non era vietato. Roger e Stan avrebbero affrontato le due settimane di Flushing Meadows preparati per vincere il torneo. Fossero arrivati al traguardo finale (o molto vicino) in che condizioni si sarebbero presentati al Palexpo di Ginevra?
Nessuno dei due aveva mai particolarmente brillato in Coppa Davis e, se i nostri si fossero fatti trovare pronti, in gran spolvero, qualche spiraglio si sarebbe potuto aprire, sapendo che almeno il punto del doppio (anche se Federer e Wawrinka sono campioni olimpici) si poteva giocare alla pari.
Ecco che un Federer o un Wawrinka, finalista o vincitore a New York (il lunedì sera di questa stessa settimana) sarebbe atterrato in Svizzera bello zavorrato di tossine, frullato dal jet lag, magari appagato o un po' acciaccato. E un Fognini, tonico e pimpante; o un Seppi convinto; o un Bolelli esplosivo e continuo il giusto, potevano regalarci soddisfazioni contro pronostico.
Invece Stan Wawrinka ha sbattuto contro Kei Nishikori nei quarti di finale degli Us Open. Ha perso in cinque set dimostrando di essere in grande condizione, al livello dei protagonisti assoluti, ma ha potuto tornare a casa per tempo e con calma. Lo stesso Federer, grande favorito del torneo fino alla semifinale contro Marin Cilic, si è trovato fuori dal torneo sabato scorso, non per demeriti suoi ma battuto da uno che ha giocato meglio di lui ( un tennis davvero mai visto quello del croato). Dunque ha risparmiato energie e conservato quella fame di successi che un 18° Slam gli avrebbe almeno in parte mitigato.
Dunque da una parte a Ginevra abbiamo avuto due campioni in condizione ottimale e affamati di vittoria (la Svizzera non ha mai vinto la Davis); dall'altra, l'Italia presentava un Fognini non al massimo in questa fase della stagione (e non un gigante per ora sui campi duri) e un Bolelli in crescita, mandato in campo a dare tutto contro il dio del tennis, a casa sua, davanti a 18.000 spettatori in maglia rossocrociata.
Dunque, certo, poteva andare meglio. Ma anche peggio ( "Poteva piovere", avrebbe detto il dott. Frankenstein…). In fondo Bolelli ha giocato un bel match da "Piccolo Federer" contro un Roger, che ha dovuto giocare "da Grande Federer" per vincere ( che spettacolo!). Fognini, in giornata storta al servizio, non è stato fatto enetrare in partita da un Wawrinka che invece, però, serviva come un treno.
Dunque non spariamo su quest'Italia, meritatamente semifinalista dopo 16 anni. In fondo abbiamo ritrovato nel "Bole" un ottimo singolarista/doppista (lo stesso Federer ha dichiarato di averlo visto molto migliorato nel servizio, nel diritto e nel "footwork", il gioco di gambe) che ci garantisce buone prospettive per le prossime stagioni. E godiamoci lo spettacolo del doppio in questo week-end d'elite per gli azzurri, tra le prime quattro squadre del tennis mondiale..