Papà più competitivo, mamma più consapevole. Non sempre va così, l’importante è trovare l’equilibrio giusto
Con le dovute cautele, l’approccio dei figli allo sport risente, in parte, della figura che predomina in famiglia. Se a spiccare è quella materna, i giovani avranno un futuro da praticanti sui generis giacché, pur non disdegnando il risultato, la donna guarderà all’attività fisica come a un’occasione di crescita, un viatico utile a cogliere soddisfazioni a sfondo sociale più che agonistico. Alla luce di questo, opterà per la disciplina più gradita alla prole tenendo conto, ovviamente, della diversità di genere. Per lei, dunque, l’obiettivo iniziale si limiterebbe a un sano sviluppo psicofisico ponendo lo sport sul piano di altre esperienze, cosí come parlare una lingua o suonare uno strumento.
Se a prevalere è la figura paterna, invece, l’approccio avrà tratti diversi. Il padre di solito è più competitivo e tende a vivere l’ingresso dei figli nel mondo sportivo come una prima tappa verso i risultati, una forma di agonismo in cui riversare aspettative personali mai appagate. Agisce di conseguenza, diviene imitativo e insegue modelli di successo dai quali trarre spunti per il possibile sviluppo di un campione. Talvolta è anche assalito da mille dubbi e, procedendo per sentito dire, forza inconsapevolmente le tappe limitando i benefici di un’esperienza che invece dovrebbe incidere anche oltre l’ambito agonistico.
Ma non sempre è così e numerose sono le eccezioni che talora affermano il contrario. Nel tennis, per esempio, Serena e Venus Williams hanno avuto in un padre cosiddetto ‘padrone’, un uomo che, se da un lato ha prodotto sulle figlie grande pressione, dall’altro è stato determinante per la loro fulgida carriera. E di eccezione si tratta quando alcune mamme, muovendo dall’ottica formativa, finiscono anch’esse per apprezzare il gusto della competizione. Andy Murray e Martina Hingis, non sarebbero diventati i campioni che sono se le rispettive madri non fossero divenute la loro ombra nel percorso di crescita, prima giovanile e poi professionale.
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