La corda è un elemento fondamentale perché rappresenta il motore della racchetta ma che viene (troppo) spesso trascurato. Ecco tutto quello che dovete sapere con una guida completa sui modelli top del mercato. DI LORENZO CAZZANIGA
Di Lorenzo Cazzaniga
Correva l'anno 2002. Andre Agassi si sta allenando su uno dei campi secondari del Foro Italico. Vicino a lui Roman Prokes, il suo incordatore di fiducia: "Hey Roman, voglio provare queste nuove corde: Luxilon". "Mmh… lo sai Andre, cambiare in mezzo alla stagione non è mai saggio". "Hey Roman, voglio provare queste nuove corde: Luxilon". Detto, fatto. Roman Prokes, incordatore professionista di base a New York, reincorda tutte le Head di Agassi con questa corda monofilamento di cui si dice un gran bene e che avrebbe notevolmente aiutato Guga Kuerten a vincere tre Roland Garros. Agassi torna in campo per una nuova seduta di allenamento. Dopo tre quarti d'ora di botte inaudite, Andre si accorge di non aver tirato una palla oltre la linea di fondo: "Sai che ti dico, Roman? Dovrebbero renderle illegali". Era nata una vera e propria rivoluzione, pari a quando è stata introdotta la grafite e il carbonio nella produzione delle racchette. Il ruolo principale l'ha recitato Bob Daelemans, che della Luxilon era il responsabile. Di nazionalità belga, l'azienda si occupava di ben altro, principalmente filo di sutura in ambito medicale (guarda un po' che analogia con il budello naturale della Babolat che aveva lo stesso utilizzo fin quasi un secolo fa). Poi, da appassionato tennista, cominciò a viaggiare nel tour chiedendo ai professionisti cosa stavano cercando di diverso: "Semplice – gli rispondevano – una corda con la quale possiamo controllare meglio la palla. Ormai tiriamo talmente forte che rischiamo sempre di andare fuori giri". Bob rifletté e capì che quello che creavano in azienda poteva fare al caso loro. Nacque così la corda Big Banger. Il resto è storia recente, compresa l'acquisizione del ramo d'azienda da parte di Wilson.
È così che è partito il fenomeno Luxilon e, in sostanza, la conquista del mercato da parte delle corde monofilamento. Ricordo che durante il torneo ATP di Barcellona nel 2002, un quantomai profetico Todd Martin mi disse: "Si parla tanto di quanto sono cambiate le racchette, ma la vera rivoluzione sta avvenendo nelle corde. Ormai con questi monofilamenti non sbaglia più nessuno. Per quanto tu possa tirare forte, la palla non esce mai e così si possono trovare angolazioni impensabili fino a qualche tempo fa. È questo il motivo per cui sono spariti i giocatori di rete: con gli angoli che si raggiungono, è come se improvvisamente il campo si fosse notevolmente allargato". Ci aveva visto lungo, il buon Todd. Ma cos'hanno di particolare queste corde monofilamento? Questo è il bello: assolutamente nulla. Nel senso che il processo produttivo è semplice, perfino banale se paragonato a quello del budello naturale. La differenza può riguardare soprattutto la miscela iniziale che consente di creare una materia prima differente. Poi il prodotto finale lo si ottiene mediante un processo di estrusione in cui il poliestere, materiale unico che le compone, raggiunge un grado di fusione molto alto. In sostanza, è il materiale che resiste meglio all'energia che produce la frizione delle corde. E quindi è quella che dura di più. Tuttavia, è anche la corda più "dura" all'impatto e quindi traumatica per il braccio. Per questo si consigliano tensioni minori. L'istituto scientifico ESP Consulting ha infatti verificato con test specifici una riduzione del 22% della forza dell'avambraccio dopo un'ora e 24 minuti di gioco con una corda in poliestere.
Però il successo è notevole e, ahinoi, non limitato a quella fascia di giocatori agonisti dal braccio forte e allenato che rappresenta l'utenza ideale di questo tipo di corde. L'abitudine, particolarmente sviluppata in Italia, di seguire i fuoriclasse nelle loro scelte tecniche, spinge i nostri appassionati a scegliere prodotti poco adatti al proprio livello o tipo di gioco. E la percentuale di vendita delle corde monofilamento non è proporzionale al livello medio dei praticanti.
Tant'è, la richiesta è tale che ha spinto le aziende a investire molto nella ricerca e così negli ultimi anni sono nate corde monofilamento non più solo a sezione cilindrica ma anche pentagonali e ottagonali, come quel RPM Blast della Babolat che ha spopolato l'anno scorso, grazie anche al fatto che è utilizzato da Rafael Nadal (e dalla nostra Francesca Schiavone). Queste forme poligonali aiutano a ottenere una maggior frizione sulle corde e aumentare le rotazioni impresse alla palla, qualità che si adatta perfettamente al gioco moderno dove l'utilizzo dello spin è notevole. E se parliamo di nuove soluzioni, non possiamo non citare il nome di Roberto Gazzara, responsabile del Centro di Sviluppo e Ricerca di Prince, azienda storica che, anche dopo la vendita del marchio da parte di Benetton (tornato di proprietà americana), ha deciso di lasciare il suo centro studi in Veneto, in provincia di Treviso. È in quegli uffici, e grazie al lavoro di ingegneri italiani, che è nata la Beast, la Bestia, l'ultima corda monofilamento di successo giunta sul mercato mondiale. "Siamo piuttosto soddisfatti del risultato finale – ci ha spiegato Gazzara -. Il tutto nasce da una composizione di ingredienti iniziali diversi rispetto alle altre corde monofilamento. Lo scopo è quello di mantenere inalterate le caratteristiche peculiari di queste corde, quindi controllo e resistenza, ma al contempo di aumentarne il comfort". Il fatto che la produzione non riesca a soddisfare tutte le richieste è certamente un segnale positivo. Per lavorare costantemente sul prodotto, Prince ha deciso di sviluppare questa corda in Austria: "Ogni settimana ci vediamo per affinare il prodotto. Se avessimo scelto come sempre e come tutti l'Asia, sarebbe stato impossibile". Ma, da sviluppatore di prodotti tennistici, non è convinto che vi sia una diffusione esagerata delle corde monofilamento? "Probabile, come ritengo che il 60%, e probabilmente sbaglio per difetto, degli appassionati italiani giochi con un attrezzo sbagliato, generalmente troppo pesante o con un ovale ridotto. Però non è detto che l'utilizzo di una corda monofilamento sia destinato solo ai giocatori agonisti". Ci spieghi. "I monofili di ultima generazione stanno migliorando notevolmente feeling e shock all'impatto. Sono meno duri e più confortevoli per il braccio. In realtà, non parlerei solo di livello di gioco, ma anche di forza del braccio: per usare un monofilamento bisogna essere allenati. Però hanno un vantaggio da tenere in considerazione". Quale? "Che si rompono di rado e questo, al di là di ogni considerazione tecnica, è apprezzato dall'utente finale che non vuole o non può spendere troppo per l'incordatura. Io, per esempio, da ragazzino giocavo con le palle Tretorn per una sola ragione: erano indistruttibili e siccome non potevo permettermi di cambiare spesso le palle, mi adattavo".
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L'aspetto sul quale Gazzara, e qualsiasi altro esperto del settore, pone l'accento, sono i cambiamenti nella prestazione di tali corde nel tempo. La corda monofilamento, dopo il classico periodo di assestamento, perde progressivamente le sue caratteristiche principali. Per questo i professionisti le cambiano dopo ogni match o addirittura al cambio palle. Una soluzione francamente inapplicabile dal giocatore di club. Per questo bisogna fare attenzione a sostituirle con una certa frequenza o comunque essere coscienti che dopo due ore di gioco, la prestazione non sarà la stessa. Uno studio pubblicato sul volume Technical Tennis di Rod Cross e Crawford Lindsey, ha dimostrato che una corda in poliestere incordata a 60 libbre (27,18 kg), scenderà a 50 (22,65 kg) dopo la prima mezz'ora seguente l'incordatura. Tuttavia, dato che il poliestere è un materiale piuttosto rigido, l'impatto continuerà a risultare secco anche se la tensione è diminuita. In particolare, la perdita di tensione registrata dopo 200 secondi e 5 impatti potenti, paragonabili all'impatto con un servizio scagliato a 193 km/h, è di un valore compreso tra 2,7 e 4,1 kg per il budello naturale, 2,9 e 5,5 kg per una corda in nylon e 3,5 e 8,5 kg per una corda in poliestere. Qualunque corda tende a perdere tensione appena lasciata la macchina incordatrice e tale perdita determina una variazione di rigidità del piatto corde e, di conseguenza, cambia anche il feeling e la performance. Per questo può suonare ridicolo chiedere una data tensione; già quando l'incordatore avrà tirato l'ultima corda, la prima avrà perso qualcosa in termini percentuali. Inoltre, è possibile che le varie corde abbiano tensione diversa data dalla deformazione che subisce il telaio al momento dell'incordatura. In particolare, le corde orizzontali (più corte) registrano una tensione inferiore di 2,2-4,4 kg rispetto alle verticali (più lunghe) al termine dell'incordatura. Appurato dunque che vi è una perdita di tensione progressiva, Cross e Lindsey consigliano "di cambiare la corda quando la rigidità del piatto corde è scesa del 20%". C'è un altro fattore da considerare e che varia la sensazione di rigidità del piatto corde: lo schema di incordatura. Se fino a pochi anni fa quello 18×20 spopolava, ora è stato soppiantato da quello 16×18 o 16×19, per facilitare l'uscita di palla, la resa delle rotazioni e ottenere una minor rigidità del piatto corde. Inoltre, bisogna tener presente quel che accade al momento dell'impatto con la tensione della corda che sale di circa 13,6 kg per un armeggio in nylon prima di scendere alla tensione abituale dopo che la palla ha lasciato le corde. Tale aumento è di 9,1 kg per un armeggio in budello naturale e di 18,2 kg per uno in poliestere. Ecco dunque che possiamo stabilire che quest'ultima corda è quella più rigida, il budello naturale quella più morbida e il nylon una via di mezzo.
Se invece relazioniamo il tutto all'impatto con la palla (ricordando che questa restituisce solo il 55% dell'energia che riceve), i test hanno stabilito che l'adagio "incorda a basse tensioni per una maggior potenza e a tensioni più alte per un maggior controllo" è certamente corretto ma non nelle proporzioni che qualcuno potrebbe pensare. In sostanza, abbassare la tensione non vi permetterà un aumento della spinta del 20% (e nemmeno del 5%…). Se infatti calate la tensione di 4,5 kg, il guadagno in termini di velocità sarà inferiore al 2%. Tuttavia, va ricordato che se l'aumento della velocità di uscita della palla dalle corde non è significativo, lo sarà il risultato finale. Tale lieve aumento infatti, proiettato sull'intera traiettoria della palla, consentirà di ottenere un colpo più profondo. E questo sì, che può fare la differenza. Ma non è finita qui. All'inizio di quest'anno, ha cominciato a essere commercializzata un'altra nuova corda, totalmente made in Italy, studiata e prodotta a Biella. Si chiama Double Ar, dalle iniziali del suo proprietario, Roberto Rossetti. La particolarità è data dal fatto che si tratta di corde monofilamenti ma con base nylon. "In azienda produciamo filamenti che vengono utilizzati per creare i sedili delle auto – ci ha spiegato Rossetti -. Però ho notato che, chiaramente con un processo produttivo differente, potevano adattarsi benissimo al tennis. Ho investito tanto nella ricerca e nei test, e ora sono convinto di aver trovato un prodotto di grande qualità". Già, perché con l'esplosione del mercato dei monofili, anche le ricerche si fanno sempre più attente, al punto che è difficile capire dove si potrà finire. O meglio, è difficile convincere gli sviluppatori a parlarne: "Le novità non finiscono qui – dice Gazzara -. Stiamo studiando altre soluzioni, perché nel settore corde lo sviluppo è ancora ampio. Ma la competizione è alta e certi studi vanno tenuti ancora top secret". Il tutto sfruttando un regolamento internazionale che pone pochi limiti, giusto quelli che obbligano a un piatto corde omogeneo. Ormai è chiaro che se lo sviluppo tecnologico delle racchette è continuo ma, per adesso, senza grandi sbocchi nell'immediato, è nelle corde, il vero motore della racchetta, che si può provare a fare la differenza.
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