Reduce da un periodo disastroso, il lèttone prova a mettere la testa a posto. “Ma se non combino niente quest’anno o il prossimo, la mia carriera è finita”
Ernests Gulbis a colloquio con i giornalisti a Delray Beach
Di Riccardo Bisti – 5 marzo 2012
“Se non combino niente quest'anno o il prossimo, la mia carriera è finita". Frase importante, se a pronunciarla è un 23enne. Sono parole di Ernests Gulbis, che durante il torneo di Delray Beach è tornato a parlare di ritiro. Il lèttone ha compiuto 23 anni lo scorso 30 agosto, gioca un tennis splendido e può battere chiunque. Lo ha dimostrato un paio d’anni fa al Foro Italico, quando battè Federer e giocò una bella semifinale contro Rafael Nadal. Ma era sabato pomeriggio, e c’era il problema di arrivare a casa per dedicarsi ai locali notturni di Riga. Corse all’aeroporto, mise piede in Lettonia all’1 di notte e si dedicò alla “movida”. Fece lo stesso un paio d’anni prima, sempre dopo aver perso contro Nadal a Wimbledon. “Ho passato una settimana con i miei amici. Non è stato il massimo per il mio tennis, ma mi sono divertito”. Gulbis aveva parlato di ritiro per la prima volta lo scorso anno. “Ci ho pensato parecchio negli ultimi due mesi. Ci sono cose che non mi piacciono. Non amo viaggiare, non mi piace la pressione…ma poi penso che ho 22 anni, e cosa potrei fare? Andare al college, stare a casa a non fare nulla, pensare a come fare soldi oppure vivere con i soldi dei miei genitori? No, ho pensato che giocare a tennis è la cosa migliore. La competizione mi diverte”. Dopo la vittoria contro Steve Darcis al torneo ATP di Delray Beach (da lui vinto nel 2010), Ernests è tornato sull’argomento: “Mi sono reso conto che a 23 anni sono a un punto di svolta. Se non combino niente quest’anno e nemmeno il prossimo, beh, la mia carriera è finita. Non sono il tipo che si uccide di allenamento e tutto il resto a 27-28 anni”.
Lo scorso anno aveva vinto il torneo ATP di Los Angeles (secondo e ultimo titolo in carriera), poi è piombato in un black out devastante. Da allora, il suo bilancio parla di 8 vittorie e 11 sconfitte. Quest’anno, prima di Delray Beach (dove si è arreso a Marinko Matosevic con l’eloquente punteggio di 3-6 6-1 6-1) aveva battuto solo due carneadi egiziani in Coppa Davis. Adesso ha deciso di provarci sul serio, per la prima e l’ultima volta. Si è messo a dieta, non beve più la sua amata vodka, dedica più tempo al riposo e meno alle feste notturne. E’ una sfida affascinante, perché Gulbis proverà ad andare contro natura. A lui piace giocare i punti, mentre detesta allenarsi con il cesto, rispettare gli schemi e la disciplina. “Però mi piace correre, mi metto le cuffie e mi posso addentrare nei miei pensieri”. I suoi genitori lo hanno chiamato così in onore di Hemingway, e il padre gli ha trasmesso una sincera passione per la letteratura russa. Aveva anche pensato di studiare Storia dell’Arte all’Università: “Ho fatto un paio di letture, ma non ho tempo. L’unico periodo in cui potrei andare a lezione sono due settimane a novembre. Poi ho provato a suonare la chitarra folk, ma come posso portarmente dietro una in giro per il tour?”. Domande senza risposta che frullano nella mente di un ragazzo ricchissimo, cui manca ciò che serve per diventare un grande campione: la Fame, quella con la F maiuscola. Il nonno giocava a basket nella nazionale dell’Unione Sovietica. Anche il padre ha giocato a pallacanestro, ma soprattutto è diventato un ricco uomo d’affari, il più ricco della Lettonia. Mamma Milena era un attrice, tanto che da piccolo lo hanno fatto recitare in un film insieme alla madre. Qualche tempo dopo, lo hanno abituato a spostarsi da un torneo all’altro con il jet privato. No, così non va bene. L’Accademia di Nikki Pilic (dove ha conosciuto e instaurato un buon rapporto con Novak Djokovic) lo ha affinato tecnicamente, ma non gli ha dato il “sacro fuoco”.
E così si è formato il tennista più incostante del tour, capace di raggiungere i quarti al Roland Garros a meno di 20 anni, ma allo stesso tempo di veleggiare anonimo fuori dai primi 70. Il modo in cui ha perso contro Matosevic è lo specchio della sua carriera. Ha vinto il primo set, poi è sparito dal campo. Hernan Gumy, suo ex coach, aveva detto di non aver mai trovato nessuno come lui. “Stiamo lavorando per trovare un compomesso” raccontava l’anno scorso. Evidentemente non ce l’hanno fatta, se Gulbis si è affidato a Guillermo Canas (ex allievo di Gumy). I risultati, dopo l’avvio incoraggiante della scorsa estate, hanno smesso di arrivare. E Gulbis ha fatto l’ultimo esame di coscienza. L’intenzione è provarci sul serio: se va va, sennò pazienza. Ma da lui possiamo aspettarci qualsiasi cosa. Anche di trovarlo ancora in campo tra 10 anni.
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