Lo spagnolo si ribella in un’intervista a “L’Equipe”. “Lavoro migliaia di ore al giorno, non tollero di essere considerato un dopato. In Francia c’è un po’ di ossessione sull’argomento”.
La prima pagina de "L'Equipe" con l'intervista a Rafael Nadal

Di Riccardo Bisti – 20 marzo 2012

 
Non ne può più. Allusioni, battutine, accuse più o meno velate. Rafael Nadal è stufo di vedere il suo nome associato al doping. Allora ha ribattuto, colpo su colpo, in un’intervista concessa a “L’Equipe”, il più importante quotidiano sportivo d’Europa. In Francia sono molto sensibili sull’argomento-doping. L’Equipe è in prima linea: fu il primo a diffondere la notizia della seconda positività di Mariano Puerta prima che venisse ufficializzata. A suo tempo, misero addirittura un giornalista alle calcagna dell’argentino in ogni torneo. Nadal – va sempre chiarito – non ha mai avuto problemi con l’antidoping, ma una sua chiacchierata con L’Equipe merita attenzione. L’argomento principale, ovviamente, riguarda le accuse di doping. La trasmissione satirica Les Guignols, in onda su Canal+, aveva mandato in onda uno sketch in cui Rafa veniva apertamente accusato. “Di solito non leggo mai quello che si dice di me – ha detto il n. 2 ATP – ma stavolta se ne è parlato talmente tanto che ho dovuto farlo. Non mi ha fatto ridere, ma ogni paese ha il suo umorismo. Lo sketch poteva creare una scorretta visione delle cose per chi non conosce lo sport professionistico, e mi sembra ingiusto. Io sono il primo che ama scherzare, ma non tutti sanno che dobbiamo essere disponibili 365 giorni l’anno per l’antidoping”. Nadal centra il punto senza girarci intorno. “Non mi piace che mi diano del dopato quando lavoro migliaia di ore ogni giorno che Dio manda in terra” (Rafa ha detto “cada puto dia”, a ciascuno la sua traduzione, ndr). E continua: “Io non potrei mai accusare senza prove. E non si può accusare di chissà quale pozione magica. La nostra pozione magica è il duro lavoro”.
 
In merito al doping, Nadal ha confermato la sua solidarietà ad Alberto Contador, il ciclista squalificato per due anni dopo aver vinto tutte le grandi corse a tappe. “Lui dice di non essersi mai dopato e io gli credo, perché lo ritengo un amico. Ed è lo stesso per Richard Gasquet: quando emerse la notizia della sua positività dissi che non ci potevo credere, perché lo conosco da quando abbiamo 11-12 anni. Sono talmente lontano dal doping che è un argomento che non conosco. Sarò un ingenuo, ma credo che il tennis sia uno sport pulito. Ci sono stati pochi casi di positività”. Non deve essere facile vivere con questa continua sensazione di accerchiamento, soprattutto quando non si ha nulla da nascondere. E, fino a prova contraria, questo è il caso di Nadal. Quando uscì il servizio su Canal+, gli addetti dell’antidoping gli piombarono subito a casa per un controllo a sorpresa. Lui rese pubblico il fatto e disse di essere quasi contento. Secondo Nadal il doping è un problema che esiste, ma che in Francia c’è un pizzico di ossessione sull’argomento. Di certo è un dato di fatto che i francesi non vincono da una vita i loro eventi sportivi più importanti (il Roland Garros e il Tour de France), spesso finiti proprio nelle mani degli spagnoli.
 
Nella chiacchierata con “L’Equipe”, Rafa ha parlato anche di altri argomenti. Sulla presunta evasione fiscale ha negato tutto, dicendo di aver sempre pagato le tasse in Spagna e di esserci rimasto molto male “Perché questo è un periodo di sofferenza finanziaria per molti spagnoli”. Per il resto, è rimasto fedele alle sue posizioni. Si è lamentato ancora una volta del calendario, a suo dire troppo duro. “Per restare in vetta devi essere competitivo dal 1 gennaio al 30 novembre. Il 90% dei giocatori sono d’accordo significa che c’è qualcosa di vero. Ma è anche vero che se non cambia niente è colpa di chi li rappresenta”. E’ una sorta di autocritica, giacchè Rafa è vicepresidente del Consiglio dei Giocatori in seno all’ATP. Lo spagnolo ha però sottolineato di essersi sempre battuto al 100% per la causa. Sul piano tecnico, ha ripetuto quanto aveva detto prima di Indian Wells. “Djokovic non è un ossessione. Ogni mattina mi alzo nel tentativo di essere migliore rispetto al giorno prima. Vedremo se tutto questo sarà sufficiente per vincere”. Magari già a partire da Miami, uno dei pochi Masters 1000 che non ha ancora vinto. A Crandon Park esordirà con il vincente di Giraldo-Andujar.