Maria Sharapova ha vinto 17 degli ultimi 18 match chiusi al terzo set. Contro la Wozniacki ha tirato tutto e ha mostrato il consueto carattere nei momenti importanti.
Caroline Wozniacki a colloquio con Kadir Nouni 

Di Riccardo Bisti – 30 marzo 2012

 
L’operazione alla spalla destra ha indissolubilmente segnato la carriera di Maria Sharapova. Nel 2008 aveva raggiunto l’apice della forma psicofisica, vincendo l’Australian Open e volando al numero 1. La Sharapova è tornata forte, fortissima, ma quella pre-infortunio era un’altra cosa. Però c’è qualcosa che non ha perso, ed anzi ha affinato con l’esperienza: gli attributi. “Masha” è una delle poche giocatrici che sa vincere le partite con coraggio e carisma. E pazienza se strilla più del dovuto. C’è un dato che fa impressione: negli ultimi 15 mesi ha giocato 18 partite giunte al terzo set. Ne ha vinte 17. Non è un caso, non può essere un caso. Lo ha dimostrato anche nella semifinale di Miami contro Caroline Wozniacki, battuta 4-6 6-2 6-4 in poco più di due ore e mezzo. Sul 5-4 e 40-30, la Sharapova ha tirato una seconda palla nei pressi della riga. Il giudice di linea l’ha chiamata out, ma c’è stato il pronto intervento di Kadir Nouni che ha fatto l’overrule, consentendo alla Sharapova di rigiocare la prima. La Wozniacki si è imbestialita. Voleva la verifica elettronica, ma non aveva più “challenge” a disposizione. C’erano tutti gli elementi per innervosirsi, ma la Sharapova è di un’altra categoria. Ha fatto un bel respiro, ha scagliato una bel servizio esterno e ha scaricato tutta la sua rabbia sull’ultimo dritto, alzando le braccia al cielo per festeggiare la quarta finale a Miami. Chissà se sarà la volta buona dopo le sconfitte nel 2005 (contro Kim Clijsters), nel 2006 (contro Svetlana Kuznetsova) e lo scorso anno (battuta in due set dalla Azarenka).
 
La Sharapova ha giocato una partita coraggiosa, tutta protesa all’attacco. Il termometro del match è stato il dritto della russa. E’ entrata in campo per picchiare duro, e lo ha fatto senza incertezze. E’ partita benissimo (avanti 4-1 e palla del 5-1), poi ha iniziato a sbagliare ed ha consentito alla Wozniacki, fasciata nel consueto abitino rosso griffato Stella McCartney, di vincere cinque giochi consecutivi e aggiudicarsi il primo set. Poi ha ripreso a macinare e ha messo in un angolo la Wozniacki, cui non è bastato il carico di fiducia dopo la vittoria su Serena Williams. Troppo difensiva, troppo monotona, a parità di stato di forma non ha le armi per battere la Sharapova. Sul 5-2 e servizio nel terzo set, “Masha” ha avuto un breve passaggio a vuoto e ha consentito alla danese (mai doma, merita un applauso per questo) di avvicinarsi. Ma nell’ultimo game non ha mai veramente avuto la chance di operare l’aggancio. Se l’è presa a morte per l’ultimo overrule, ma la verifica elettronica a uso e consumo dei telespettatori ha dimostrato che Nouni aveva ragione. E non ha neanche fatto una bella figura nel non dargli la mano e borbottargli contro mentre usciva dal campo. Se la statistica dei terzi set è strepitosa per la Sharapova, c’è un dato che fornisce argomentazioni ai critici della Wozniacki: su otto partite in carriera contro una top 2, Caroline ne ha vinta soltanto una. Per compiere l’agognato salto di qualità, la danese deve essere più aggressiva, convincersi che un campo da tennis non è una pista d’atletica. In una partita così importante non può permettersi di tirare appena 13 vincenti contro i 50 della Sharapova. Ok, ha sbagliato meno (25 contro 46), ma i conti non tornano. Dopo i disastri degli ultimi mesi, tuttavia, ha finalmente un motivo per sorridere. E adesso arriva la terra battuta, forse la sua miglior superficie. La Sharapova, intanto, aspetta la vincente di Bartoli-Radwanska. Per alzare finalmente il trofeo di Miami.