ROMA. Il senese Lorenzi batte Davydenko e pervade il Foro Italico con il suo sorriso contagioso. Il livornese Volandri cede alla distanza con Troicki. “Che brutto perdere dopo essere stato avanti di un set e un break”.
L'allenamento con Murray non è bastato a Volandri per battere Troicki
(Foto Costantini – FIT. E' di Costantini anche la foto in home page)


Dall'inviato a Roma, Riccardo Bisti – 14 maggio 2012

 
Tennis a due volti. Da un lato c’è quello sorridente di Paolo Lorenzi, dall’altro quello deluso di Filippo Volandri. Si racchiude così, con sguardi di luce opposta, il pomeriggio sul Campo Centrale del Foro Italico. Per dare appeal alla giornata, da qualche anno gli organizzatori programmano alcuni match del tabellone principale già alla domenica. L'talia ha il volto sorridente di Paolino Lorenzi. “Dal punto di vista tecnico non è stata la vittoria più bella della mia carriera – ha detto dopo il 6-3 2-6 6-3 a Davydenko – ma comunque la metto tra le mie preferite. Il merito è stato del pubblico. Qui a Roma ci accompagnano sempre, dal punto all’ultimo punto. E’ questo che fa la differenza”. In verità non è stata una bella partita. Lorenzi è stato aiutato da Davydenko, parso un po’ in disarmo e lontano parente del giocatore che cinque anni fa, su questo stesso campo, giocò un’epica semifinale contro Rafa Nadal fino a conquistarsi i cori della gente. Oggi ce n’era molta meno, ed era tutta per Lorenzi. “Il vento ha condizionato molto la partita. Soffiava forte sia frontalmente che lateralmente, per questo mi sentivo più sicuro a giocare qualche metro dietro la linea di fondo”. Ma questo Lorenzi può fare di più, anche se lo scorso dicembre ha compiuto 30 anni. “Negli ultimi 12-18 mesi sono migliorato. Adesso so fare cose che prima non mi riuscivano, come servire bene ed essere più aggressivo. Ecco, oggi non sono riuscito ad essere aggressivo. Se troverò Gasquet dovrò fare tesoro degli errori di due settimane fa”. Già, perché all’Estoril ha raccolto appena tre game contro il francese. “Proprio perché sono stato passivo. In verità in allenamento riesco a fare delle cose che in partita non sto ancora mettendo in pratica”. Dovesse vincere Jurgen Melzer non cambia molto: la parola d’ordine è migliorare, migliorare. E migliorare ancora. “Magari con il tempo il fisico viene meno – continua Lorenzi – però si può crescere sotto tanti aspetti. Sinceramente non vedo la wild card come un premio, ma credo di essermela meritata. Sento di poter giocare a certi livelli”:
 
Ma l'Italia ha anche il volto deluso di Filippo Volandri, uno che "certi livelli” li conosce molto bene. Cinque anni fa fu l’eroe, il gladiatore azzurro che ci ha riportato in semifinale 29 anni dopo Barazzutti. Stavolta si è arreso a Viktor Troicki col punteggio di 4-6 6-4 6-3. “E’ la quarta-quinta volta di fila che perdo una partita in questo modo. Mi sono trovato avanti 6-4 4-3 e servizio, ma ultimamente non mi gira bene. Poi vado al terzo con tanta sfiducia e va male. E pensare che ho avuto le mie chance anche in avvio di terzo, quando mi sono trovato 0-30 sul suo servizio…ma lui ha preso a picchiare duro col servizio”. Anche il match di Volandri è stato condizionato dal vento, un fattore che ha dato sollievo al pubblico ma ha messo in difficoltà i giocatori. “In verità il vento dava più fastidio a lui, perché quando è calato ha iniziato a servire benissimo. Ma sono deluso e arrabbiato: perdere dopo essere stato avanti di un set e un break non va bene. Spero di non farne un caso”. Ancora una volta, il servizio ha fatto la differenza. Da una parte il serbo trovava punti gratis, mentre Volandri arrancava. “Certo, bastavano due servizi vincenti, ma non l’ho mai fatto in carriera e non posso certo iniziare a 31 anni…”. Chissà come sarebbe stata la carriera del livornese con un servizio appena migliore…ma in fondo è la coperta è sempre corta. Con il servizio, magari, non avrebbe avuto il suo eccezionale rovescio. La sua carriera l’ha fatta, ma adesso c’è una qualificazione olimpica da conquistare. Chissà se questo stimolo non gli consentirà di giocare al top a Parigi.
 
La “storia” della giornata poteva arrivare dalle qualificazioni, dal campo 4 immerso sotto ai pini. Nelle gerarchie del torneo è uno dei meno importanti. Però stava per coronare il sogno di Marco Cecchinato, baby siciliano allenato da Francesco Aldi. Opposto a Blaz Kavcic (n. 101 ATP), ha dimostrato che la vittoria su Soeda non era un caso. Cecchinato gioca un tennis pulito, elegante, sublimato da un bel rovescio a una mano. Manca di potenza ma è disciplinato, sa costruirsi il punto. E non si lascia andare quando le cose non vanno bene. Ha perso 4-6 6-1 6-2, ma avrebbe meritato di più. Ha fatto una gran fatica a portarsi a casa il primo set, poi dopo aver perso il secondo ha dato tutto nel terzo. Arrancando e sbuffando, ha tenuto i primi due turni di battuta (comprensivi di palle break annullate) poi ha ceduto gli ultimi quattro game, anche se sul 3-2 Kavcic ha chiamato il trainer per un sanguinamento dal naso. Cecchinato è rimasto lì fino all’ultimo, ha annullato quattro matchpoint anche quando non c’era più niente da fare. La gente ha capito, e durante il match ha intonato un “Marco, Marco” per incoraggiarlo e ha accompagnato la sua uscita dal campo con tanti applausi. Non è un fenomeno ma il suo ranking (n. 511 ATP) è bugiardo. Può superare rapidamente il gradino dei tornei futures, poi andrà valutato nel giocare con continuità a livello challenger. Per ora va bene così. In precedenza era stato eliminato anche Gianluca Naso, battuto 6-4 6-3 da Albert Ramos sulla SuperTennis Arena. Dopo due giorni di qualificazioni, il verdetto è amaro: nessun italiano (uomini e donne compresi) ha superato il tabellone preliminare. Un dato che dovrebbe stimolare un minimo di riflessione.