L’azzurra batte la Kirilenko e approda al secondo turno. Aiutata da un pubblico caldissimo, ha rimontato da 1-5 nel secondo. “Adesso gioco solo se sono al massimo”. DI FEDERICO FERRERO
Flavia Pennetta in conferenza stampa dopo il match con la Kirilenko (Foto di Enrico Milani)
La foto in home page è di Costantini – FIT


Dall'inviato a Roma, Federico Ferrero – 15 maggio 2012

 
Le brame degli smaliziati, maggioranza assai poco silenziosa tra la folla stretta intorno alle statue dello stadio dei marmi, hanno la stessa direzione dei loro sguardi. Rivolti in basso, verso il campo baciato dal sole e segnato dalle rincorse di Flavia e Maria, le reginette di inizio settimana al Foro.
Pennetta-Kirilenko non è solo un boccone ghiotto per i voyeur ma anche un match che ha distribuito ai paganti del buon tennis, creato da due ritratti della salute che troppe volte, quest'anno, hanno frequentato l'infermeria Wta. La distanza tra le due è in una frase di Flavia: «Se non sono al massimo, non gioco più. Ho capito che non ha senso provarci quando non mi sento al cento per cento». Saggezza dei trent'anni, quelli che Kirilenko deve ancora conoscere insieme alla forma fisica che nel 2012 l'ha visitata di rado: infortunio in Australia con richiamo in aprile prima della Fed Cup; caviglia knock-out all'Estoril.
 
«C'era un entusiasmo da finale», sorride Pennetta. Con lei la gente di Roma, anche quando si è persa nella boscaglia dietro il Viale dei Gladiatori dove, tempo fa, fu ritrovata una Venere di Morescalchi vestita soltanto di rovi. Da uno svantaggio di 1-5 ha provato a ritrovare la vena del primo set, sotto lo sguardo placido di Gabriel Urpi, ed è andata. Forte di cinque successi su cinque in quattro anni di incroci con Makiri, Pennetta ha estratto dall'anima le forze per restare avvinghiata al set. Kirilenko, forse memore della disfatta dell'Estoril contro Knapp (dal 5-1 al terzo alla sconfitta), si è dissolta in un tie-break conclusivo da adolescente in rotta col mondo. Del resto il tennis è una guerra di territorio, e non c'è campo (ritmo, difesa, punch) che abbia mai permesso a Kirilenko di esercitare una supremazia: parità lungo la diagonale di rovescio, tutto il resto è… vantaggio Flavia. Terra rossa compresa.
 
Strappare un sorriso a miss Pennetta – in coabitazione con miss Goerges, l'altra ninfa degli Internazionali – è stato facile, in un'annata poco meno che disgraziata per la salute sua e della top player italiana, la Schiavone, un'ombra transitata per due set di freddo e tristezza sul centrale del Foro nella serata di ieri. Dice che Francesca tornerà quella di prima, se per cortesia o convinzione non si sa ma è al pensiero di sé che le si illumina lo sguardo: un secondo turno contro Stephens, ragazzina colored da cemento; Radwanska negli ottavi, con tutta Roma a soffiare sui dropshot della maga Aga. Servirebbe un sortilegio, e poi il sogno di un quarto di finale contro la vera numero uno del mondo, Serena Williams. La vera numero uno: non ditelo all'Azarenka, però, perché la ragazza è suscettibile. A chi si è azzardato ad avanzare una domanda sul trono virtuale e quello reale del tennis rosa, Vika ha riservato un'occhiataccia di disgusto e un official complaint alle solerti ancelle, travestite da manager della comunicazione, del sindacato Wta.