ROMA. Lo scozzese vince una splendida partita contro Nalbandian, decisa da un nastro sul punto più importante. Spettacolo di altissimo livello, ma il merito di entrambi.
David Nalbandian è stato beffato da un nastro malandrino
Dall'inviato a Roma, Riccardo Bisti – 16 maggio 2012
"A volte in una partita la palla colpisce il nastro e per un attimo può andare oltre o tornare indietro. Con un po' di fortuna va oltre, e allora si vince. Oppure no. E allora si perde”. Chissà se Andy Murray ha visto il film “Matchpoint”, uscito nel 2005 e diretto da Woody Allen. Nel monologo iniziale si dice che la vita è un po’ come una partita di tennis. Chi ha visto Murray-Nalbandian non può che pensarla così. Due ore e quaranta di grande tennis hanno incollato ai seggiolini del centrale 5.000 persone ed hanno fatto slittare la sessione serale, inizialmente prevista per le 19.30. Ci sono partite che profumano di magia, che ti danno la sensazione di assistere a un grande evento. Quella libidine psicologica nel dire “Io c’ero”. Doveva essere una partita di routine per lo scozzese, arrivato a Roma addirittura giovedì scorso. E così è stato per un set, contro un avversario dal grande passato ma che ha fallito tutti gli obiettivi. Gliene resta uno, la Coppa Davis, ma questa è un’altra storia. David Nalbandian ha compiuto 30 anni a gennaio ed è nella fase finale della carriera. Tra poco potrà restarsene nella sua Unquillo, andare a pesca, prendere casa con la storica fidanzata e farsi qualche scorrazzata con le auto da corsa che gli piacciono tanto. Però è anche pieno d’orgoglio, altrimenti non avrebbe passato la “pretemporada” a sgobbare con il preparatore atletico Claudio Galasso. E allora ha iniziato a giocare bene, ribattendo colpo su colpo agli schiaffi scozzesi. Murray non ama l’Inghilterra, ma è pur sempre un suddito della Regina. E giocare contro i britannici, per un argentino, è sempre roba speciale. Rivalità antica, che va avanti dai tempi della guerra delle Falkland, che gli argentini si ostinano a chiamare Malvinas.
Nalbandian sa toccare la palla come pochi. Ma fa di più. Costruisce geometrie ed angoli difficili anche solo da pensare. Nel secondo set il match è diventato bagarre, con l’argentino che non ha concesso alcuna palla break. Sul 5-4 ha sciupato due setpoint, ma il terzo è stato quello buono. Il set decisivo è stato spettacolo puro. Il pubblico ha provato la gioia di non sapere cosa avrebbe riservato il punto successivo. Sensazione sempre più rara nel tennis di oggi. Nalbandian ha rimontato da 0-30 nel terzo game, poi è andato avanti 3-1. A quel punto ha avuto l’unico momento di distrazione, consentendo a Murray di tornare in partita. Lo scozzese era nervoso, tanto da aver subito un warning per oscenità udibili. I due si sono presi a (s)pallate alternate a tocchi di fioretto fino al 5-5. Negli ultimi game, la svolta. Due game che avrebbero ispirato Woody Allen se “Matchpoint” non fosse già uscito nelle sale di tutto il mondo. Nalbandian si trova sotto 0-40, annulla le prime due palle break ma nella terza un rovescio di Murray colpisce il nastro, balla per un’interminabile frazione di secondo e poi decide di cadere nel campo dell’argentino. Il destino aveva deciso così. Il pubblico ha fischiato l’incolpevole Murray, scusatosi quasi con imbarazzo. Nell’ultimo game, Nalbandian ha giocato tre punti da manuale e si è conquistato due palle break. Ha qualche rimpianto sulla prima, in cui ha sparacchiato out una risposta di dritto. Ma Murray continuava a sentirsi in debito col destino e ha deciso di ripagarlo. L’ha cancellata con un mostruoso rovescio sulla riga. Un servizio a 213 km/h e un dritto in rete di Nalbandian hanno messo fine alla pugna. Ancora una volta, hanno i vinto i britannici. Trent’anni fa c’era stata la Lady di Ferro. Stavolta ci si è messo il destino.
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