L’ARGOMENTO. Angelo Binaghi vorrebbe portare gli Internazionali a 96 giocatori e allungarli a 12 giorni, come Indian Wells e Miami. Vi spieghiamo perché è quasi impossibile.
Angelo Binaghi con Massimo Caputi e Nicola Pietrangeli durante la conferenza stampa di fine Internazionali (Foto Costantini – FIT)
Di Riccardo Bisti – 22 maggio 2012
“Vogliamo espanderci”. Lo ha detto Angelo Binaghi durante la conferenza stampa del 20 maggio, tradizionale happening di fine Internazionali d’Italia. Il presidente FIT vorrebbe che Roma diventasse ancora più importante. A suo dire, gli Internazionali potrebbero aumentare il tabellone a 96 giocatori e 96 giocatrici, allungando la durata a circa 12 giorni. In altre parole, Roma vorrebbe scimmiottare i maxi-eventi di Indian Wells e Miami, che adottano da anni questa formula (Miami dagli anni 80, Indian Wells da qualche anno). Binaghi non ha detto niente di nuovo. In un’intervista concessa a “Marca” prima del torneo di Madrid, Ion Tiriac ha detto che il torneo ideale sarebbe di 12-15 giorni, in modo da dare un giorno di riposo ai giocatori tra un turno e l’altro. “Ci arriveremo, anche se non so quando”. I tornei ATP più importanti sono un po’ stufi della supremazia degli Slam e cercano di arraffarsi la nomea di “Quinto Slam”. Un titolo che può passare anche dalla durata del torneo. Gli Internazionali d’Italia hanno un grande successo, sono la ciambella meglio riuscita alla FIT (anche se il torneo ha vissuto il rilancio a seguito della partnership con CONI Servizi). Pensare a un ingrandimento, tuttavia, sembra piuttosto ardito. Le ragioni sono diverse, a partire dalla location del Foro Italico, allo stesso tempo croce e delizia degli Internazionali. Lo spazio tra Viale delle Olimpiadi e Viale dei Gladiatori è quello che è. Se anche dovesse essere annessa la palestra della scherma (e la sarà) gli spazi restano limitati. Quest’anno è stato fatto un ottimo lavoro. L’abbattimento delle barriere e l’apertura al pubblico di zone un tempo off-limits ha dato l’impressione di un Foro Italico ancora più grande, di sicuro più bello. Un Foro Italico “Open Space” piaciuto alla gente, anche se il declassamento del Campo Pietrangeli a favore della SuperTennis Arena ha creato parecchia confusione. In teoria, il campo intitolato al canale FIT era più importante, ma i match clou degli italiani sono stati collocati tutti sul Pietrangeli. Risultato? Per i match di Seppi e Pennetta bisognava piazzarsi al mattino, altrimenti non c’era modo di entrare. La finale del doppio maschile, poi, si è giocata sul Pietrangeli. Perché lì e non nel campo (teoricamente) più importante?
Binaghi ha anche parlato della possibilità di rendere permanente la SuperTennis Arena, che da qualche anno viene montata e smontata in occasione del torneo. L’idea è ottima, anche se ci si domanda dove si possa realizzare un impianto permanente. L’ingegnere sardo non ha svelato i dettagli, tenendosi la “sorpresa”. Vedremo. Gli obiettivi di crescita, per quanto ammirevoli (e – perché no – auspicabili) si scontrano con difficoltà oggettive, difficilmente superabili. I limiti sono sostanzialmente due: le dimensioni dell’impianto e le difficoltà a trovare ulteriore spazio nel calendario.
L’IMPIANTO
Un torneo con 96 giocatori e 96 giocatrici (più i partecipanti alle qualificazioni) porta una mole impressionante di giocatori, coach, accompagnatori. C’è bisogno di spazi e – soprattutto – campi. Roma si taglia fuori da sola: all’Indian Wells Tennis Garden ci sono 24 campi da tennis, al Crandon Tennis Center di Key Biscayne 26 (18 in cemento, 2 in terra rossa, 4 in terra verde e 2 in erba), mentre la tanto vituperata Caja Magica, obbrobrio architettonico, non ha certo problemi di spazio con i suoi 30 campi da tennis: 3 stadi, 16 all’aperto nel “Tenis Garden” più 11 al coperto. Roma, con grandissimi sforzi, è arrivata a 11 campi. Un numero insufficiente già per l’attuale torneo, poiché diversi giocatori devono andarsi ad allenare al Tennis Club Parioli. In caso di “crescita” che si farebbe? Si creerebbe un secondo “site” al Parioli? Oppure si cercherebbe ospitalità presso altri club? Il Foro Italico non regge il paragone nemmeno con altri impianti dove si giocano tornei “combined”. Lasciando perdere il Canada, dove Toronto e Montreal dimostrano che non sempre l’unione fa la forza, abbiamo Cincinnati e Pechino. Molto sottovalutato dalle nostre parti, l’impianto di Mason (Ohio) offre strutture di primo livello. Il “Lindner Family Tennis Center” ospita due stadi e ben 16 campi da tennis. I cinesi non sono da meno: a Pechino si gioca un “500” maschile e un “Mandatory” femminile, ma l’impianto è spettacolare. L’Olympic Green Tennis sorge in uno spazio di 166.800 metri quadri ed ospita 16 campi. Senza i vincoli paesaggistici del Foro Italico, i cinesi hanno potuto costruire un maxi-campo centrale da 15.000 posti (e tetto retrattile), quarto stadio tennistico più grande del mondo. Insomma: il Foro è bellissimo ma ha limiti ben precisi. Chi ha scelto di andare avanti tra Tevere e Monte Mario ha fatto la sua scelta (giusta sotto moltissimi aspetti), ma deve inevitabilmente fare i conti con gli spazi. Che cozzano con gli obiettivi di crescita.
IL CALENDARIO
Indian Wells e Miami hanno privilegi ingiusti e ingiustificati. Il mese di marzo è santificato a due tornei che obbligano i giocatori a stare un mese negli Stati Uniti. Le lamentele non mancano, ma non c’è niente da fare. Per farli contenti, l'ATP ha piazzato un challenger con regole speciali (prima Sunrise, oggi Dallas), ma l’anomalia resta. Insomma, non è giusto che due tornei abbiano privilegi che altri non hanno. Ma per Madrid e Roma sarà dura crescere. Significherebbe prendersi un’altra settimana durante la stagione sul rosso. E’ immaginabile spendere 4 settimane per due tornei a cavallo tra aprile e maggio? Ovviamente no, anche perché la stagione sul rosso è già “compressa”, con Monte Carlo, Barcellona e tanti eventi minori. Che fare? Eliminare tornei come Belgrado, Monaco di Baviera, Estoril, Nizza e World Team Cup per far crescere Roma e Madrid? Oppure sovrapporli, con conseguenze tutte da verificare? C’è poi un altro problema: per quanto la FIT continui a dire che Roma è il “Quinto Slam”, va detto che nel circuito WTA è gerarchicamente inferiore a Indian Wells, Miami, Madrid e Pechino. Solo questi quattro sono “Mandatory”. Roma fa parte dell’elite dei Premier 5 insieme a Dubai, Canada, Cincinnati e Tokyo. Per crescere come intende Binaghi, bisognerebbe elevare lo status (e raddoppiare il montepremi) della prova WTA. Mica facile. In verità, scalfire il calendario attuale sembra quasi impossibile. L’unico torneo che avrebbe strutture e carte in regola per farcela sembrerebbe Pechino. Scippando a Shanghai lo status di Masters 1000 potrebbe crescere e rosicchiare qualche giorno in calendario in un periodo dell’anno in cui non c’è grande intasamento. Roma, oggi come oggi, non sembra avere chance. Forse sarebbe meglio pensare a migliorare le criticità del torneo attuale e consolidare la posizione raggiunta, che ci vede come uno dei migliori Masters 1000. Anche se Indian Wells ha fatto 370.000 spettatori e Miami 325.000, mentre a Roma, nonostante un tutto esaurito dopo l'altro, non si è andati oltre i 165.010 spettatori, 7.366 in più rispetto all'anno scorso, per un incasso di poco più di 5 milioni. Difficile che si possa crescere ancora molto.
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