Sport singoli, sport di squadra, dinamiche e approcci mentali diversi, che trovano una sintesi quando lo sport singolo diventa di squadra come in Coppa Davis. Per fondere attitudini individuali e spirito di gruppo. Come in una orchestra perfettamente armonica

Per essere gratificante, uno sport deve riflettere l’indole di chi lo pratica. Molto dipende se l’aspirante atleta ami brillare di luce propria piuttosto che confondersi in una compagine più o meno numerosa. Nel primo caso, la scelta ricadrà su uno sport singolo, appannaggio di soggetti che concepiscono la lotta per se stessi, punto e basta. Cassius Clay e Ahyrton Senna sono stati due di questi, esempi di forte Individualità in grado di imporsi nello sport come nel sociale. «Sono il più grande», diceva il pugile americano senza tanti fronzoli, «..non solo li metto tutti al tappeto, ma scelgo anche il round». In linea con quanto affermava il pilota brasiliano: «Arrivare secondi..», affermava l’asso dell’automobilismo, «..equivale a essere il primo degli sconfitti». Alla faccia di De Coubertin!

Diversamente, nel gioco di squadra prevale uno spirito votato alla condivisione, alla manovra collettiva al senso di appartenenza. Esigenze che tuttavia non sottraggono il format alla figura di un leader che imprime andatura. “«Posso accettare la sconfitta…» arringava Michel Jordan rivolto ai compagni, «…ma non sopporto la rinuncia a provarci». Lo stesso tono in uso presso un altro grande leader: «Ho due sogni…», diceva Diego Armando Maradona, «…il primo è giocare un mondiale, il secondo è vincerlo!». Personaggi dalla personalità unica, esuberanti alla paranoia ma pronti a spartire il frutto della vittoria con il fine comune.

C’è poi la terza via, quella degli sport singoli prestati ad altrettanti di squadra per amor di patria. Succede al tennis della Coppa Davis piuttosto che alla scherma o al ciclismo dei grandi eventi. È in quei contesti che la distinzione tra ‘individuale e collettivo’ finisce per sfumare in quanto afferma Daniel Pennac: «Ogni studente…», dice lo scrittore francese, «…suona il suo strumento, quel che conta è trovare la stessa armonia. Una buona orchestra – aggiunge – è un insieme di solisti che prova lo stesso pezzo. Una realtà in cui anche il tin tin del piccolo triangolo o il bloing bloing del modesto scacciapensieri si elevano a primo violino poiché parte della stessa musica». Una bella metafora che esalta singole attitudini votate allo spirito di gruppo. Qualcosa che fa degli agonisti individui duttili, chiamati a schierarsi tra orchestrali o solisti scoprendo, magari, di appartenere agli uni e agli altri.

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