Bella impresa di Nastassja Burnett: a sorpresa, la romana si qualifica per lo Us Open. Non è baciata dal talento, ma ha la mentalità giusta e due fondamentali molto pesanti. Lei e la Giorgi sono il nostro futuro.
Nastassja Burnett con la mamma Krystina, che la segue ovunque
Di Riccardo Bisti – 25 agosto 2012
Si avvicina il momento del passaggio di consegne. Flavia Pennetta ha la bua al polso e non giocherà l’Open degli Stati Uniti. Francesca Schiavone è sempre più in difficoltà e a Cincinnati ha raccolto pochi games contro Camila Giorgi. Per fortuna Sara Errani e Roberta Vinci tengono in piedi il tennis femminile italiano, ma il bisogno di ricambi è elevatissimo. Tutti puntano su Camila Giorgi, ma nel main draw dello Us Open ci sarà una novità. Fresca, giovane, carina e per questo interessante. Battendo con un doppio 6-3 la slovacca Jana Cepelova (n. 102 WTA e un anno più giovane di lei), Nastassja Burnett ha superato le qualificazioni e giocherà il primo Slam in carriera. Pochi si aspettavano che ce la facesse, soprattutto dopo uno sorteggio che le aveva messo contro Misaki Doi. Invece “Asia” (prima la chiamavano “Nasty”, soprannome più da teenager. Lei è ben contenta del nuovo “nick”) l’ha battuta, ha schiantato alla distanza la cinese Xu e ha firmato un mezzo capolavoro contro la Cepelova, reduce dal terzo turno a Wimbledon. A maggio, dopo averla vista agli Internazionali d’Italia, scrivemmo che non sarà l’erede di Pennetta e Schiavone. Non la vediamo tra le prime 10 e forse nemmeno tra le 20, perché ha un tennis costruito e limiti precisi, su tutti la pesantezza negli spostamenti. Però ha la mentalità giusta, e potrebbe smentirci. Cinque anni fa, chi pensava che Sara Errani sarebbe arrivata tra le prime 10 e in finale al Roland Garros? Nessuno, nemmeno papà Giorgio.
E allora vale la pena seguire con interesse una ragazza bellissima, nata da un mix di razze. Mamma Krystina è polacca (e le dà il cognome), mentre papà Giuseppe è italiano. Proprio come lei, nata a Roma il 20 febbraio 1992 (circa due mesi dopo la Giorgi). Si sono accorti della sua avvenenza anche quelli di Asics, suo sponsor tecnico, che l’hanno scelta come testimonial per alcune campagne promozionali. Lei è la classica picchiatrice da fondocampo, un tennis che richiede la giusta mentalità. Lei ce l’ha, e dopo un lungo girovagare ha finalmente trovato il coach che cercava: Vincenzo Santopadre (coadiuvato da Stefano Cobolli e Simona D’Andrea). Senza dimenticare mamma Krystina, che le sta sempre accanto. “A dispetto di quanto dicono alcuni, lei è e sarà fondamentale nella mia crescita” ha detto in una vecchia intervista con Alessandro Nizegorodcew. Il suo è stato un vero girovagare: dopo aver iniziato a giocare a sei anni, a otto si è spostata in Spagna per seguire la sorella maggiore Roberta, impegnata a studiare Odontoiatria all’Università. Nonostante la possibilità di allenarsi con un buon coach come Alejo Mancisidor (ex “pro” spagnolo) e alcune professioniste (Martinez Sanchez e Parra Santonja), La giovane Nastassja voleva tornare in Italia. “Dicevo sempre a mia sorella di sbrigarsi con gli esami”. Al ritorno in Italia si è ritrovata con Vittorio Magnelli al Parioli (club che rappresenta ancora oggi in Serie A1), poi si è spostata a Pesaro con Sanguinetti e Antonini prima di finire ad Arezzo nell’entourage di Umberto Rianna, che le aveva messo accanto Massimo Dell’Acqua. Ma la “romanità” ha preso il sopravvento e la Burnett si è sistemata definitivamente con Santopadre. “E’ preparatissimo – ha detto l’anno scorso dopo il grande salto di qualità – dice sempre le parole giuste al momento giusto e sa cogliere i dettagli”.
Dopo un promettente inizio di carriera, gli infortuni a i continui cambi di coach l’avevano fatta scendere in classifica. Il rischio di “perdersi” c’è stato ed era reale. Ma l’anno scorso ha messo il turbo, vincendo ben quattro tornei e scalando più di 500 posizioni (da 732 a 215). Quest’anno è entrata con agio tra le top 200 e ha raggiunto la sua miglior classifica (n. 135) dopo Wimbledon grazie a due semifinali “pesanti” nei 100.000$ di Marsiglia e Biella. Non ha confermato il titolo del 2011 ad Olomuc, ad oggi la più bella vittoria in carriera (“C’era sempre lo stadio pieno, tifavano per me e sono stata premiata dai fratelli Suk e Sukova”) ma prima di volare negli States ha colto una buona semifinale a Trnava. Pochi acuti ma tanta sostanza e continuità: con queste doti, l’ingresso tra le top 100 è sicuro. Per fare qualcosa di meglio, “Asia” deve lavorare duramente. La bella notizia è che il diamante è ancora molto grezzo (ci sono quindi grandi margini di miglioramento), ma non sappiamo quanto sia “puro”. I limiti ci sono, ma spesso la testa sa andare oltre il talento, le gambe…e le avversarie. Adesso si godrà il palcoscenico dello Us Open, poi si vedrà. Comunque vada, il futuro del tennis italiano in gonnella è (anche) lei.
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