USA Today pubblica un lungo articolo sul doping nel tennis. L’ex presidente WADA dice: “Il corpo si può ripulire in 6-8 ore e i giocatori lo sanno. Il programma antidoping è davvero progettato per avere successo?
Lance Armstrong, vincitore di 7 Tour de France, è stato accusato di aver messo in piedi il più grande sistema di doping al mondo
 
TennisBest – 20 ottobre 2012

 
Il noto giornale USA TODAY ha pubblicato un lungo articolo, a firma di Doug Robson, in cui si tocca approfonditamente l’argomento-doping. Vengono citati alcuni giocatori, tra cui la nostra Sara Errani in virtù del suo minuscolo rapporto (fece solo un elettrocardiogramma), già troncato, con Luis Garcia Del Moral, il medico spagnolo sanzionato dall’ITF. Dal pezzo emerge la scarsa voglia dei giocatori di parlare dell'argomento, un budget così così (la Major League di Baseball può permettersi 15.000 test all’anno contro i 2.000 del tennis) e le inquietanti dichiarazioni di Dick Pound, co-fondatore ed ex presidente della WADA. A suo dire, le tracce di sostanze proibite possono sparire in 6-8 ore dal corpo dei giocatori. “E siamo sicuri che i vari programmi antidoping siano pensati per trovare i colpevoli?”. Vi riproponiamo l’articolo nella sua integralità, non prima di aver ribadito il nostro pensiero: il doping, purtroppo, è davanti all’antidoping, costretto a una perenne rincorsa. Per accorciare le distanze ci vorrebbero investimenti (molto) più sostanziosi. Ma se l’ITF sostiene di essere tra le federazioni leader nel rispettare i dettami WADA, è difficile pensare a un cambiamento sostanziale, almeno a breve termine. Ecco l'articolo di Robson.

Sara Errani sta vivendo la sua miglior stagione. La piccola italiana è entrata tre le prime 10, ha raggiunto la finale al Roland Garros ed è salita al numero 1 nella classifica di doppio dopo aver vinto lo Us Open insieme a Roberta Vinci. La prossima settimana, per la prima volta, sarà tra le otto giocatrici che parteciperanno ai WTA Championships di Istanbul. Ma la ragazza alta 1.64 e nata a Bologna è stata tempestata di domande da quando, lo scorso luglio, è emerso il suo collegamento al medico Luis Garcia Del Moral. Domande che sono emerse il mese scorso, quando la Errani ha raggiunto la sua prima semifinale allo Us Open. La Errani – che non ha mai avuto problemi con i test antidoping – ha preso le distanze da Del Moral. Ma il suo caso, e altri, hanno sollevato preoccupazioni sul fatto se sia stato fatto abbastanza per assicurare che non emerga un altro scandalo dopo quelli che hanno colpito ciclismo, baseball e sprint. Sport che hanno visto progressi esponenziali in forza, resistenza e velocità. “Sono sicuro che nel tennis ci siano ragazzi che si dopano e la fanno franca” ha detto James Blake durante lo Us Open. L’americano vorrebbe credere al fatto che tutti giochino ad armi pari: “Ma sono anche realistico. Con tutti i soldi in palio, 1.9 milioni per chi vince lo Us Open, la gente cercherà sempre un modo per andare avanti”. Non è il solo a pensarla così. Nei giorni scorsi, Yannick Noah ha ripreso e ampliato le dichiarazioni dello scorso novembre sugli atleti spagnoli. Le sue parole sono state riportate dal giornale Australian. Noah dice che il doping è più diffuso di quanto si credesse in passato. “Guarda cosa è successo a Lance Armstrong…Ci sono voluti 10 anni per dimostrare qualcosa che si sapeva da tempo. Tutto questo è molto triste”.
 
E’ impossibile sapere quanto il doping sia diffuso nel tennis. Pochi casi – 37 negli ultimi 10 anni, compresi alcuni giocatori di wheelchair tennis – sono stati resi noti dall’ITF. I funzionari dicono che stanno facendo del loro meglio. “Pensare che nel tennis non ci sia il doping è ingenuo – dice Stuart Miller, responsabile del programma antidoping per conto dell’ITF – ma all’estremo opposto, è ragionevole dire che la pratica del doping sia sistematica nel tennis? Non abbiamo alcuna prova in questo senso”. Durante lo Us Open, Miller ha parlato con USA TODAY. Secondo i rapporti pubblicati, il budget ITF per l’antidoping è di 1,6 milioni (Miller non ha voluto confermare né smentire la cifra). I finanziamenti provengono, oltre che dall’ITF stessa, dai quattro Slam, dall’ATP e dalla WTA. Considerando i molti premi in palio – quest’anno lo Us Open ha distribuito oltre 26 milioni di dollari – il bilancio rappresenta una piccola parte dei ricavi. Ma cosa è troppo? Cosa è troppo poco? Non è facile analizzare i meccanismi di finanziamento, gestione e protocolli vari che attraversano lo sport. Ad esempio, la Major League Baseball, in cui i giocatori sono rappresentati da un sindacato, effettua oltre 15.000 test antidoping all’anno, sia nei campionati maggiori che in quelli minori. Secondo i dati pubblicati, negli ultimi quattro anni l’ITF ha effettuato circa 2.000 test all’anno (non sono ancora disponibili i dati del 2012). La maggor parte dei test avviene durante i tornei. Tutti i test, informa Miller, sono fatti senza alcun preavviso. Lo scorso anno, 1206 giocatori e 944 giocatrici si sono sottoposti a test di sangue e urine. Per i primi 150 al mondo, significa che ogni giocatore si sottopone a 8 test all’anno, ogni giocatrice a 6.
 
Sono stati fatti solo 21 esami del sangue fuori dalle competizioni. “Se avessimo più risorse, vorremmo fare di più – dice Miller, informando che l’ITF ha intensificato i controlli per individuare l’assunzione di ormone della crescita (HGH) e altro testosterone sintetico – è chiaro che altri sport possono fare più test grazie ai loro meccanismi di finanziamento”: David Howman, direttore generale dell’Agenzia Mondiale Antidoping (WADA), ha detto in una recente intervista telefonica che non ci sono stati problemi con il tennis dal punto di vista della conformità con le norme WADA. “Nessuno ha messo a punto una formula in cui si può dire che i test sono abbastanza – ha detto quando gli hanno chiesto del numero dei test sui tennisti – bisogna essere saggi nel modo in cui si utilizzano i soldi”. Ma c'è qualcuno, come Blake e Noah, per nulla convinto che lo sport riesca a tenere il passo degli imbroglioni. Dick Pound, uno dei fondatori ed ex presidente della WADA, ha detto che il numero di test fuori dalle competizioni (195 di urine e 21 di sangue) è “molto piccolo”. Interpellato da Montreal, ha aggiunto che un giocatore che venga trovato positivo a un torneo come lo Us Open, fallirebbe “Non solo il test antidoping, ma anche quello del quoziente intellettivo”. Sarebbe così perché non è difficile evitare di essere scoperti quando si sa di poter essere controllati. Il programma ITF, che aderisce al codice WADA, richiede che i migliori al mondo (i primi 60 circa) debbano notificare in anticipo dove si trovano in un preciso momento della giornata, ad esempio le 8 del mattino, in modo da essere trovati dagli esaminatori. Ma questo non può essere un sistema sicuro. Secondo Pound, gli imbroglioni si sottopongono a un programma di “micro-dosaggio” in cui si potrebbe usare un prodotto come l’eritropoietina (EPO) o il testosterone e farlo sparire dal proprio corpo in 6-8 ore, un po’ come ha fatto Armstrong secondo il rapporto della USADA, diffuso la scorsa settimana, in cui c’erano precise accuse di doping sistematico che hanno obbligato il ciclista a dimettersi dalla propria fondazione per la lotta al cancro. “Se sai di avere una finestra oraria in cui possono controllarti, c’è tutto il tempo di cui hai bisogno – dice Pound – e quando arrivano gli uomini dell’antidoping risulti pulito”. Nel tennis, controllare il rispetto del protocollo non è semplice. Non ci sono piani regolarmente impostati. I giocatori operano come liberi professionisti, girano il mondo e spesso abbandonano il luogo del torneo dopo una sconfitta. Con una stagione di quasi 11 mesi, i tennisti sono quasi costantemente in competizione. Ma sono altrettanto consapevoli delle settimane e dei giorni in cui potrebbero essere controllati, così possono scegliere i loro programmi.
 
Le partite di tennis, senza dubbio, sono più faticose che mai. Andy Murray ha avuto bisogno di 4 ore e 54 minuti (record eguagliato) per battere Novak Djokovic nella finale dello Us Open, un’ora in meno rispetto alla finale dell’Australian Open, in cui Djokovic e Nadal sono rimasti in campo quasi sei ore. Tra i giocatori, il doping è un argomento molto delicato. Se si chiede in giro, alcuni si rifiutano di parlarne per paura di creare problemi allo sport o ai colleghi. Alcuni ne parlano con cautela. “Sarà sempre qualcosa che ti bazzica nella mente” dice Robby Ginepri, semifinalista allo Us Open 2005. Janko Tipsarevic, che l’anno scorso ha finito per la prima volta tra i primi 10, ha detto di essere stato controllato spesso: “Forse perché ho sfondato”. Il serbo, numero 9 ATP, ha raccontato che una volta lo vennero a cercare in Africa mentre stava preparando la stagione. “Sono venuti fino in Kenya – racconta incredulo – credo che il tennis sia più pulito di quanto pensi la gente” ha aggiunto. Il presidente ITF Francesco Ricci Bitti, che fa anche parte della commissione esecutiva WADA, ha detto che il programma antidoping del tennis è tra i leader negli sport professionistici. E ha aggiunto che la qualità dei test è più importante della quantità. “Non abbiamo la pretesa di essere perfetti” ha detto in un’intervista del mese scorso, pur sottolineando che il budget destinato all’antidoping è adeguato.
 

La maggior parte dei casi di positività colpisce giocatori di bassa classifica. I giocatori coinvolti “Non sono quasi mai un fattore nel tour” ha detto Michael Russell, 34 anni. Tuttavia, nel 1998 Petr Korda risultò positivo al nandrolone a Wimbledon. Pochi mesi prima aveva vinto l’Australian Open. Sesil Karatantcheva, una bulgara che oggi gioca per il Kazakistan, è risultata positiva al nandrolone nel 2005 e ha subito una squalifica di due anni. All’epoca aveva 16 anni. Miller si offende all’idea che alcuni giocatori abbiano privilegi particolari, ed ha sottolineato i casi di positività dell’ex numero 1 Martina Hingis, dell’ex top 10 Richard Gasquet e del finalista del Roland Garros 2005 Mariano Puerta. Tutti casi che hanno portato a squalifiche più o meno lunghe. Hingis e Gasquet sono risultati positivi alla cocaina, sostanza che secondo alcuni non ha la capacità di migliorare le prestazioni. Wayne Odesnik, l’americano che è stato numero 77, è stato scoperto dalla polizia doganale australiana nel gennaio 2010 per aver tentato di importare HGH. Per la Errani, numero 8 del mondo, probabilmente le domande persistono, così come per diversi giocatori associati a Del Moral. Altri nomi collegati all’Accademia di cui Del Moral vedeva spesso i clienti sono la ex numero 1 Dinara Safina, lo spagnolo David Ferrer e il russo Igor Andreev. “Di certo non è una buona cosa per me – ha detto la Errani a un piccolo gruppo di giornalisti durante il torneo di Cincinnati – quando vinci, la gente inizia a dirti cose brutte”. Quando l’hanno pressata di nuovo allo Us Open, ha detto di aver tagliato qualsiasi legame con il medico. “Ovviamente non sono interessata a lavorare con una persona coinvolta in queste cose” ha detto, pur sottolineando che l’ITF non può costringere i giocatori a dissociarsi da qualsiasi persona. Pound sostiene che la domanda da farsi è se il programma ITF, così come gli altri, “E’ disegnato per avere successo oppure per non colpire nessuno e si limita a coprire i loro culi”.