Djokovic gioca meglio gli ultimi game dell’ennesima sfida di tennis-pugilato contro Murray e prende la testa del Gruppo A. Ma la rivalità con la scozzese non è ancora decollata.
Andy Murray e Novak Djokovic si sono affrontati 17 volte
 
Di Riccardo Bisti – 8 novembre 2012

 
Il salto di qualità è arrivato, forte e vigoroso. A parte qualche incubo notturno, scorie di un passato finalmente alle spalle, Andy Murray ha saltato il fosso che separa i campioni dai campionissimi. Molti pensano che la sua rivalità con Novak Djokovic, giunta al 17esimo episodio, sia destinata a prendere il posto di quella tra Federer e Nadal, un po’ annacquata dai problemi di Rafa e dall’arrivo del duo serbo-britannico al banchetto dei migliori. Tuttavia, anche se Murray ha vinto due episodi importanti come la semifinale olimpica e la finale dello Us Open, il serbo ha ancora qualcosa di più. Le ATP World Tour Finals si stanno giocando sul filo di lana, con partite equilibrate e spesso decise da pochi punti. E i punti importanti li vince sempre il più forte. Su questo non c’è dubbio. Non è un caso che – per quanto siano nati a una settimana di distanza – Djokovic abbia già intascato cinque Slam mentre Murray soltanto uno, tra fatiche inenarrabili. Prendiamo il 4-6 6-3 7-5 con cui Djokovic ha zittito la O2 Arena. Dopo un paio d’ore di cazzotti, i due si sono trovati 5-5 al terzo. Nell’undicesimo game, dopo essere stato a due punti dal match sul 5-4, Murray si trova in svantaggio 15-40. Annulla la prima palla break con un ace, ma poi sbaglia un dritto e manda Nole a servire per il match. Game successivo: Djokovic si incarta, regala allo scozzese due palle per il controbreak. Situazione fotocopia. Ma Nole estrae dal cilindro uno smash e un servizio vincente che lo tirano fuori dai guai. Dal nuovo Murray ti aspetteresti un guizzo, un tentativo. Invece commette due errori e ha rinviato a venerdì la vicenda-qualificazione, quando affronterà Jo Wilfried Tsonga. “Gli ultimi due minuti hanno deciso la partita – ha detto Murray – lui si è trovato 15-40 e mi ha fatto il break, io ho avuto la stessa opportunità e non ci sono riuscito. La partita si è decisa in quel momento”. Quello che non dice, Andy, è il perché. Non ama farsi psicanalizzare dai giornalisti, quindi non lo avrebbe detto comunque. Ma l’impressione è che non lo sappia neanche lui. Forse, semplicemente, Djokovic è più campione. Almeno fino ad oggi.
 
“Quest’anno abbiamo giocato belle partite – ha proseguito – siamo migliorati entrambi, per questo ci sono sempre scambi lunghi e grande equilibrio”. Il dualismo Murray-Djokovic è cresciuto sul piano dell’estetica, ma ci auguriamo che non diventi “la” rivalità del tennis. Incrociamo le dita per due motivi: in primis i due si rispettano, si stimano, non direbbero mai niente l’uno contro l’altro. Si conoscono sin dai tempi junior, vanno d’accordo, talvolta si allenano insieme. Per modellare la rivalità tra Federer e Nadal sono intervenuti gli uffici stampa, qui non c’è bisogno. Miele e carezze, una noia mortale. In secundis, giocano un tennis troppo simile. Solidi da fondo, fisici da Superman, grandi botte e riflessi super in risposta. Si assomigliano troppo. Murray ha più mano, Djokovic ha più testa. I risultati, salvo qualche (importante) eccezione, dicono che la testa conta di più. Murray ha dominato il primo set, trovando il break in avvio e non concedendo nulla al servizio (solo tre punti persi in tutto il set), poi si è complicato la vita cedendo il servizio sul 2-3 nel secondo, quando ha tentato un improbabile serve and volley sulla palla break. Immediatamente punito, è andato sotto anche nel terzo. Sembrava sfibrato, ha cancellato palle break sia sull’1-3 che sul 2-4, ma la spinta della O2 Arena, schierata col suo eroe, gli ha dato la forza di rimettere in sesto il punteggio. E’ arrivato a due punti dal match, ma non è riuscito a chiudere. Il rush finale lo abbiamo già raccontato. Anche Djokovic ha la sensazione che la rivalità non sia decollata. Non si spiegherebbe altrimenti una chiosa del genere: “E’ stata un’altra grande partita da parte di entrambi, spero che il pubblico sia d’accordo. Da parte mia non mi aspettavo niente di diverso”. Che fai, Nole, vuoi assicurarti che ci siamo divertiti? O vuoi autoconvincerti che è stata una bella partita? Il match è stato bello e intenso, ma le grandi rivalità erano un’altra cosa. Non è detto che sia sempre così, ma Sampras-Agassi e le rivalità incrociate tra i Real Fab Four (Borg, McEnroe, Connors e Lendl) erano due (tre, quattro, cinque?) gradini più avanti. Non ci sono dubbi.