Anche alcuni ex-giocatori, tra cui Andre Agassi, auspicano un incremento dei controlli antidoping nel tennis. Ma Courier è pessimista: “Difficilmente si potrà mai annullare il problema”.
Wayne Odesnik è stato squalificato 2 anni fa
per il possesso dell'ormone della crescita
Di Riccardo Bisti – 6 dicembre 2012
Le terribili rivelazioni su Lance Armstrong hanno scatenato un'accesa campagna di reazioni anche nel mondo del tennis. Diversi giocatori hanno detto la loro, auspicando un aumento (o un miglioramento) dei controlli. Ha parlato persino Roger Federer. “Penso che sarebbe meglio averne di più. Abbiamo una buona tradizione di sport pulito e sarebbe importante mantenerla”. La pensa allo stesso modo Andy Murray, campione olimpico e vincitore dello Us Open. “Facciamo un buon numero di test, ma si potrebbe fare qualcosa di più, soprattutto come prelievi del sangue”. Tuttavia, è ancora più interessante ascoltare le opinioni di ex giocatori, quelli che hanno vissuto un’epoca in cui i controlli antidoping erano gestiti dall’ATP, con un chiaro conflitto di interessi. “Mi ha fatto piacere sentire che alcuni tennisti vogliono più controlli – ha detto Martin – penso che sia l’unico modo per ridurre il divario tra la scienza degli impostori e quella dell’antidoping, anche se non so se sarà possibile azzerarlo”. In molti sono preoccupati del fatto che il programma antidoping dell’ITF ha speso sempre meno negli ultimi tre anni. Lo certificano i dati pubblicati dalla Federazione Internazionale. La riduzione del numero dei test ha spinto Roger Federer alle dichiarazioni di qualche riga fa. “Negli ultimi 6-8 anni il numero di test a cui sono stato sottoposto è diminuito, ma dovrebbe accadere il contrario”.
“Un anno mi hanno controllato otto volte il sangue, venti le urine e per tre volte sono stato testato fuori dalle competizioni. Sono venuti a bussare a casa mia” racconta Andre Agassi, ritirato nel 2005. “Pensai che fossero dei metodi aggressivi, ma è giusto che vengano fatti tanti test. Farne meno sarebbe un problema”. L’ATP informa che il tennis è stato il primo sport a predisporre un vero e proprio programma antidoping, nel 1985. I controlli a sorpresa, fuori dai tornei, sono contemplati dal 1992 ma non sono stati attuati completamente fino al 2005 e sono diventati obbligatori solo nel 2009. Oggi i tennisti devono informare l’ITF su dove si trovano, per almeno un’ora al giorno, per 365 giorni all’anno. Nella sua autobiografia, Andre Agassi ha ammesso di essere risultato positivo a un controllo antidoping nel 1997. Nel libro, racconta di aver mandato una lettera all’ATP in cui mescolava menzogne e verità. L’associazione gli credette, evitando di squalificarlo e – soprattutto – di rendere pubblica la vicenda. Da parte sua, John McEnroe (vincitore di sette Slam e ancora oggi uno dei tennisti più amati) ha ammesso di aver inconsapevolmente ingerito steroidi per un periodo di almeno sei anni. “La gente deve imparare a preoccuparsi di quello che prende – racconta McEnroe – più in generale, vengono somministrati farmaci troppo facilmente”. Andre Agassi, che dopo un avvio da bad boy, è diventato un esempio per le nuove generazioni, è convinto che sia bene aumentare i controlli. “Penso che sia bello, offre al pubblico la garanzia che nessuno bari. Non credo che un impostore possa farla franca per sempre. Magari una volta o due, ma poi?"
Victor Conte, fondatore della defunta BALCO (Bay Area Laboratory Co-operative) ha scritto su Twitter che l’utilizzo di sostanze illecite nel tennis è “probabilmente” dilagante “perché i test sono inetti”. Conte ha passato quattro mesi in carcere per aver dopato atleti di primo livello, tra cui la velocista Marion Jones. Anche Jim Courier pensa che il fenomeno sia in aumento. L’attuale capitano della Davis americana aveva percepito delle cose strane negli ultimi anni della sua carriera, e non ha cambiato idea. “C’erano sostanze che non era possibile rilevare. Non so se oggi sia possibile”. Courier allude a farmaci come l’eritropoietina (EPO), o l’ormone della crescita (HGH). L’EPO aumenta il numero di globuli rossi, fornendo più ossigeno al corpo e quindi maggiore resistenza. Al contrario, l’HGH stimola la rigenerazione delle cellule, garantendo un recupero più rapido dagli infortuni. Entrambe le sostanze sono rilevabili dai controlli antidoping (per l’ormone della crescita, tuttavia, sono necessari i test del sangue). Poco prima che Courier si ritirasse, nel 1998, il ceco Petr Korda era stato sospeso per l’assunzione di uno steroide anabolizzante. Pochi mesi prima aveva vinto l’Australian Open, ma non gli hanno tolto il titolo e nemmeno squalificato: aveva giurato di non aver preso consapevolmente il prodotto. Gli tolsero solo i punti e i montepremi del torneo (Wimbledon) dove risultò positivo. E’ successo qualcosa del genere anche a Greg Rusedski nel 2003, pure lui positivo al nandrolone. Prima di lui, altri sette giocatori erano risultati positivi allo stesso steroide. E’ finita con un’assoluzione collettiva, poiché l’ATP ammise si aver distribuito un integratore contaminato.
I regolamenti antidoping sono validi anche per le donne. La prima a cadere nella trappola del nandrolone, sostanza molto in voga a cavallo degli anni 2000, fu l’australiana Samantha Reeves, ma non le fecero nulla perché “era ingenua e immatura al momento dell’infrazione”. In realtà, i regolamenti sono chiari. La prima volta che si viene beccati ci sono due anni di squalifica, mentre in caso di recidiva c’è la sospensione a vita. Tuttavia ci sono molte scappatoie, e non sempre i regolamenti vengono applicati alla lettera. Basti ricordare il caso di Mariano Puerta, finalista al Roland Garros 2005. Sospeso due volte, è sempre rientrato dopo sospensioni piuttosto brevi. Aveva perso ogni credibilità, eppure il CAS di Losanna gli aveva dato ragione quasi su tutto. “Nello sport è pieno di persone che non hanno l’etica per capire che bisogna giocare ad armi pari” dice Todd Martin. Secondo lui, i test dovrebbero essere direttamente proporzionali ai cambi di rendimento degli atleti. “I tennisti devono essere controllati in base a se stessi e non alle regole, perché se si riesce a identificare i propri limiti è più facile eludere i controlli”. Courier è d’accordo, ma è convinto che anche controlli più efficaci non eliminerebbero il problema. “Siamo sinceri: se sei numero 100 ATP e se pensi che qualche aiuto illegale ti faccia salire al 10…c’è una grande differenza. Cambia tutto per la qualità della tua vita, soprattutto dopo il ritiro. Credo sia impossibile cancellare la natura umana, il desiderio di andare avanti senza guardare in faccia a nessuno. Con guadagni in palio, la gente farà sempre così”.
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